Morpheus, il quinto e ultimo hotel costruito all’interno del resort City of Dreams sulla Cotai strip, la zona di terreno creata artificialmente dall’uomo nel 2005 che ha connesso le isole di Coloane e Taipa antistanti alla penisola del nucleo originario di Macao e diventata oggi il principale luogo per il gioco e il divertimento dell’Asia, è il risultato di una serie di sfide che ben si addicono a questo luogo del mondo, già di per sé incredibile. Macao è una delle aree densamente più popolate al mondo, oltre a esserne uno dei luoghi più ricchi. Nata come colonia portoghese, le cui influenze sono ancora oggi fortemente radicate sia nella struttura cittadina che nell’architettura degli edifici del centro storico e nella cultura locale, in breve tempo è anche diventata il luogo principale in cui è possibile, all’interno della Cina, praticare il gioco d’azzardo con un numero di turisti annuali che supera i trenta milioni. Questo fatto ha visto nascere in pochi anni un numero sorprendente di casinò e resort che hanno attinto, come avviene spesso nei parchi di divertimento, dal repertorio architettonico di vari luoghi del mondo. Incaricati nel 2012 di progettare il nuovo hotel, Zaha Hadid Architects volle invece mettere a frutto i suoi più di 40 anni di ricerca sui temi della progettazione parametrica, sull’integrazione tra spazi esterni e interni, pubblico e privato, vuoto e pieno, cartesiano ed einsteiniano, realizzando un albergo con uno “stile” unico, che “lavora” sull’enfatizzazione delle percezioni sensoriali umane, nato partendo dalle condizioni del sito e ispirato proprio dalla natura intrinseca di Macao. In questo edificio che, per l’appunto, è diventato rapidamente un riferimento anche nel campo della modellazione parametrica e informativa nella progettazione e costruzione degli edifici contemporanei complessi, lo spazio è intessuto nella sua struttura portante riuscendo a legare le molte funzioni previste dal programma funzionale attraverso un gran numero di connessioni. Il nome di Morpheus è stato scelto dal cliente, Melco Resort & Intertainment, riferendosi al dio del sonno dell’antica mitologia greca.

Come riportato da Ovidio, egli era uno dei mille figli del Dio del sonno Hypnos e la sua etimologia deriva da “forma” (μορφη´), perché Morfeo era in grado di dare forma umana alle visioni oniriche. In tale accezione, il suo nome è stato scelto per trasmettere l’idea di un edificio che “avverasse i sogni dei viaggiatori di tutto il mondo”. Si voleva un qualcosa che “superasse i limiti offrendo un viaggio nell’immaginazione”. Non a caso, a proposito di “forma”, è proprio partendo dalle forme fluide caratteristiche tipiche delle antiche giade magistralmente intagliate della classica tradizione cinese che l’edificio combina gli spazi privati delle stanze con gli ampi e variegati spazi comuni, attraverso un unico involucro formalmente e materialmente coesivo rispondente alle molteplici richieste e caratterizzato da una serie di vuoti scavati al suo interno. Infatti, l’idea di utilizzare in modo esteso, e sotto vari aspetti anche innovativi, i principi e gli strumenti della modellazione informativa e parametrica nacque anche a causa del gran numero di vincoli e sfide che la realizzazione del nuovo hotel prevedeva sin dal brief iniziale. Il sito su cui sarebbe sorto Morpheus vedeva la presenza delle fondazioni già realizzate di un precedente edificio residenziale mai completato che dovevano essere riutilizzate come base per la costruzione dell’albergo. Inoltre, il lotto confinava per tre lati con gli altri edifici del resort e aveva sul quarto lato un’autostrada il cui traffico non poteva essere praticamente mai interrotto durante le fasi di realizzazione. In aggiunta a questo, il programma funzionale previsto per centrare l’obiettivo di superare la categoria alberghiera delle cinque stelle era particolarmente denso e variegato, con molti spazi diversi rispondenti a normative e codici differenti (variabilmente: locali di Macao, cinesi e internazionali). Non bastassero tali sfide, anche l’altezza massima di 160 m era imposta, così come il tempo e il budget a disposizione per costruire l’edificio erano bloccati e non potevano essere ampliati a causa della “sperimentalità” dell’architettura. Come ulteriori vincoli, si richiedeva la resistenza ai tifoni e ai terremoti estremi (con un tempo di ritorno di 200 anni), una riduzione dei forti carichi termici sulle facciate dovuti al clima subtropicale di Macao, nonché l’impiego di materiali ad alta resistenza e durabilità al fine di ridurre fortemente gli interventi di manutenzione e sostituzione nel tempo. Il risultato di tali e tante elaborazioni, che ha coinvolto sin dalle prime fasi, oltre ai progettisti, l’impresa di costruzione e i quattro fornitori dei diversi componenti della facciata, è un edificio concepito come un’estrusione verticale della sua impronta rettangolare, con una serie di vuoti scavata al suo interno che danno vita a delle finestre urbane che collegano gli spazi comuni interni dell’hotel con la città e generano le forme scultoree che definiscono gli spazi pubblici di Morpheus. Tale impostazione volumetrica ha permesso, tra gli altri aspetti, anche di ricalcare l’impronta e riutilizzare le fondazioni dell’edificio non realizzato, oltre a massimizzare il numero di camere dotate di vista panoramica, spesso poste su un angolo, creando anche una serie di aree speciali dove dei ponti collegano i nuclei di circolazione e sono utilizzati per attività comuni come la ristorazione, l’art gallery, le lounge e il business center.

Volumetricamente, l’hotel è costituito da una coppia di torri poste ai lati est e ovest, ciascuna col proprio nucleo centrale portante e di sicurezza, collegate tra loro a livello del suolo e della copertura, oltre che da due ponti intermedi che permettono di osservare vertiginosamente e vivere da vicino i tre grandi fori orizzontali passanti nord-sud, mentre si guarda fuori o dentro attraverso le facciate. In questo modo, si è potuto concentrare alla base e in sommità i molti spazi e funzioni richiesti dal programma funzionale, liberando l’esperienza spaziale e visiva al centro. Per raggiungere tali risultati spaziali, è stato essenziale vincere una delle sfide principali che caratterizzano l’edificio, ovvero costruire il primo esoscheletro portante a forma libera al mondo, che ottimizza e libera gli spazi interni dando vita ad aree flessibili che non sono interrotte da ingombri strutturali. L’edificio risultante ha quaranta livelli (o strati), di cui i tre inferiori si collegano direttamente, come richiesto, al podio comune a tutti gli edifici del City of Dreams e ospitano funzioni pubbliche, tra cui la spettacolare lobby alta quaranta metri a piano terra e un casinò. I piani immediatamente superiori ospitano 780 camere d’albergo e le aree comuni. In copertura, infine, vi sono sette livelli che ospitano una piscina esterna, strutture per il gioco, sei ville duplex e ristoranti. Il grande e alto volume della lobby, insieme alla piscina al quarantesimo piano, enfatizzano il costante gioco di pieni e vuoti dentro e fuori l’edificio. Come estensione di tale gioco, l’involucro esterno, l’esoscheletro e gran parte degli interni si specchiano lungo un asse est-ovest che attraversa il centro dell’edificio, generando una dualità percettiva. Per lo stesso motivo, c’è anche una forte, anche se meno rigorosa, simmetria sull’asse nord-sud. Con un contrappunto voluto, i solai dei vari livelli sono affiancati da grandi spazi verticali interni che scavano due tunnel lungo tutta l’altezza dell’hotel e sono fiancheggiati da ascensori panoramici. Questi ultimi offrono viste straordinarie e mutevoli dell’interno e dell’esterno mentre viaggiano tra i vuoti dell’edificio, dall’atrio fino agli spazi esterni vorticosi che si torcono attraverso la massa dell’edificio da nord a sud. Ed è proprio in tal senso che si ritrova l’idea di sogno e sconnessione con la realtà tipica della vertigine: dentro Morpheus può essere difficile sapere se si è dentro o fuori anche perché esso nasce volutamente da un processo ideativo “a spirale” di connessione e fusione che tende a esaltare ma anche a confondere le percezioni abituali proponendo anche viste e strade alternative.

L'ESOSCHELETRO STRUTTURALE
Prima di Morpheus Zaha Hadid Architects aveva già esplorato delle strutture a esoscheletro per edifici alti, su cui aveva collaborato, come ha fatto anche in questo caso, con Wolf Mangelsdorf di BuroHappold Engineering. Sin dalle prime fasi di progettazione concettuale si voleva che l’esoscheletro in acciaio fosse un diagramma altamente leggibile in grado di esprimere i percorsi dei carichi strutturali nel loro andamento dalla copertura fino a terra. In tal senso, la progettazione parametrica ha permesso di vagliare diverse possibili geometrie di esoscheletro, tutte rispondenti ad alcune regole base definite sin dall’inizio. La soluzione finale, nel suo passaggio da una densità maggiore di membrature ai piani bassi che, progressivamente, si alzano e aprono alleggerendosi verso la sommità, in effetti evidenzia in modo chiaro, come voluto, il comportamento tensionale rimanendo un ibrido tra la struttura a telaio più efficiente adatta al suo scopo e la Diagrid a forma libera più sofisticata tra quelle pensate in questi anni da ZHA. Qualche “purista”, ha osservato che Morpheus non è, in effetti, completamente supportato dal suo esoscheletro, visto che la stabilità laterale ai forti carichi dovuti a sismi e tifoni è raggiunta anche grazie alla collaborazione dei nuclei interni in calcestruzzo armato gettato in opera delle sue due torri. In effetti, a causa dei carichi dovuti soprattutto ai tifoni e alla complessa geometria, una soluzione a telaio priva di strutture verticali interne, sebbene sia stata esplorata dal team di progetto, è stata valutata come troppo complessa da realizzare. Le parti più ardue da dimensionare e verificare sono state le zone in corrispondenza dei fori in cui, tranne dove vi sono i ponti, non ci sono solai e l’esoscheletro è soggetto a forti sollecitazioni, sostenendo direttamente il peso della facciata in vetro a forma libera. In generale, l’analisi strutturale ha visto un flusso di lavoro completamente computazionale, unico modo per gestirne la complessità, collegando i modelli sviluppati in Rhinoceros e Grasshopper con un modello di analisi Robot, con controlli su ogni singola membratura strutturale e, infine, un output verso il modello complessivo dell’edificio, sviluppato in Revit. Tale approccio è stato essenziale per prevedere il comportamento reale: se l’esoscheletro non si fosse mosso e assestato come previsto una volta esposto alle condizioni climatiche, a causa di errori di progettazione o di costruzione, questo avrebbe influenzato non solo la struttura ma potenzialmente anche le facciate. Infine, poiché gli esoscheletri sono stabili solo quando il telaio è completo, è stato necessario anche progettare e realizzare apposite strutture temporanee estese e complesse per sostenerlo durante le fasi di costruzione.

TRENTA SISTEMI DI VETRATA DIFFERENTI
Gli involucri trasparenti di Morpheus sono collocati sul lato interno rispetto all’esoscheletro strutturale e sono costituiti da vetri a controllo solare ad alte prestazioni prodotti depositando un rivestimento di ossidi metallici su vetro float chiaro di alta qualità mediante polverizzazione catodica magneticamente potenziata in condizioni di vuoto, fornendo un alto livello di ombreggiatura e un coefficiente solare particolarmente contenuto rimanendo comunque dei vetri non a specchio. Complessivamente, la facciata vetrata è suddivisa in tre aree principali che rispondono a diversi vincoli geometrici e conseguenti requisiti tecnici: le zone con sezioni piane o curvature singole, le aree a forma libera al centro dell’edificio e le porzioni “sfaccettate” di transizione tra queste due aree molto diverse. Nelle tre zone vi sono trenta diversi sistemi di facciata con geometrie e tecnologie costruttive differenti e pannelli a superficie piana, singole e doppie curvature, superfici rigate, vetri singoli e doppi, vetri basso emissivi (low-e), vetri extrachiari (low-iron), lastre ricotte, temperate a caldo o completamente temperate. I test di resistenza dinamici in galleria del vento, obbligatori a causa dei carichi da tifone, hanno permesso di ottimizzare le caratteristiche dei vetri, portandoli ad avere uno spessore maggiore rispetto a quanto avviene abitualmente a Macao. Data l’ampia variazione di curvatura dei vetri, delle dimensioni dei pannelli, inclinazione, ombreggiatura, schermatura e requisiti acustici nelle diverse aree, uno degli aspetti più complessi da risolvere è stata la coerenza nel colore, nella trasparenza e nella riflettività del vetro. Nelle zone a forma libera, a causa dei complessi movimenti e assestamenti dell’esoscheletro, le vetrate dovevano essere isolate da esso per evitare di essere soggette a sollecitazioni eccessive. Si sono quindi realizzate delle “macrofinestre” connesse all’esoscheletro con un elemento a cerniera che permette i movimenti indipendenti delle diverse parti. I telai delle macrofinestre sono griglie in piatti d’acciaio sulle cui teste sono stati saldati dei profili a mezzaluna su misura che seguono le diverse inclinazioni dei vetri in modo tale da rendere visivamente coerente l’immagine dei vari elementi dall’esterno, nonché, aumentare la tenuta alle intemperie, migliorando la sigillatura dei giunti, i percorsi di drenaggio e la resistenza delle interfacce. Ogni macrofinestra è composta da pannelli triangolari, “macropannelli”, connessi tra loro e appesi in un solo punto al nodo più alto. Gli altri nodi hanno connessioni in fori asolati e sovradimensionati che permettono i movimenti in tutte le direzioni rispetto all’esoscheletro. Il peso di ogni macropannello è quindi sostenuto solo dal nodo superiore e gli altri punti forniscono solo un contenimento ai carichi da vento elevati. La deflessione e l’espansione dell’esoscheletro sono assorbite dai giunti in gomma posti tra i macropannelli.

UN RIVESTIMENTO OTTIMIZZATO
Sin dalle prime fasi di progetto emerse la necessità di dover rivestire l’esoscheletro. Infatti, nonostante l’opzione di mantenere in vista la struttura portante esterna fosse stata presa in considerazione, si comprese subito che la complessità dei nodi di connessione tra le membrature, unita ai requisiti estetici richiesti a una struttura d’acciaio che rimane visibile, avrebbero causato ritardi sia nel processo di progettazione che di costruzione. Inoltre, essendo l’esoscheletro realizzato in acciaio, è inevitabile prevedere una protezione antincendio e anticorrosione con prestazioni così alte da richiedere soluzioni tecniche incompatibili con qualcosa che potesse essere visivamente accettabile. Per tali motivi, si scelse di seguire la strada del rivestimento, ritenuta più vantaggiosa, nonostante comportasse un aggravio sia in termini di costi che di tempi di progettazione geometrica. Insieme ai vantaggi già descritti, il rivestimento permette anche di supportare i dispositivi di accesso sicuro per la manutenzione e pulizia, oltre a consentire una maggiore flessibilità nella gestione delle interfacce con le facciate vetrate. In base alle prestazioni richieste e ai vincoli, la lamiera d’alluminio è stata ritenuta il materiale di rivestimento più idoneo. Un grande e sapiente sforzo di modellazione e progettazione ha permesso di contenere sia il numero di pannelli non ripetitivi che rivestono la zona a forma libera, sia quelli a doppia curvatura che, alla fine, sono risultati essere il 21% del totale. Un primo passo importante verso una razionalizzazione è stato quello di forzare gli assi di tutte le membrature dell’esoscheletro a giacere su piani, permettendo come conseguenza a tutti i pannelli di rivestimento laterali di essere paralleli a esse e, quindi, di essere piani. Invece, le facce anteriore e posteriore sono spesso a doppia curvatura e giacciono su diversi offset rispetto alla struttura, tra i 300 e i 420 mm, mentre la distanza tra la linea centrale delle membrature e le facciate vetrate rimane costante, nonostante le sezioni del telaio si assottiglino verso la cima dell’edificio. Per la produzione dei pannelli, che in base ai molti vincoli di progetto (tra cui la resistenza ai tifoni), dovevano avere uno spessore elevato di almeno 4 mm e hanno dimensioni anche considerevoli (il pannello più grande misura 5x2 m), si è dovuto studiare un procedimento apposito. L’alluminio è stato inizialmente tagliato a misura, successivamente precurvato manualmente e temporaneamente saldato, a faccia in giù, su stampi in alluminio. Successivamente, delle macchine a controllo numerico tagliavano i bordi per portarli ad avere la geometria finale. Rimossi dagli stampi, i pannelli sono stati temporaneamente preassemblati in stabilimento per assicurare un adattamento soddisfacente e poi smontati nuovamente prima di essere verniciati a polvere e spediti in cantiere.

Scheda progetto
Progettista: Zaha Hadid Architects (ZHA)
Design: Zaha Hadid and Patrick Schumacher
ZHA project directors: Viviana Muscettola, Michele Pasca di Magliano
ZHA facade director: Paolo Matteuzzi
Periodo: 2012-2018
Total floor area: 17.860 mq
Committente: Melco Resorts & Entertainment
Executive architect: Leigh & Orange
Local architect: CAA City Planning & Engineering Consultants
Structural and Façade Engineer: Buro Happold International
M&E engineering: J. Roger Preston
Third party reviewer: Rolf Jensen & Associates
Quantity surveyor: WT Partnership
Lighting design: Isometrix
Fire engineering: Arup
Acoustic consultant: Shen Milson & Wilke
Traffic engineer: MVA Hong Kong
Main contractor: Dragages Macau, Hong Kong (Bouygues Construction Group)
Flat area glass system: Jangho Curtain Wall Flat area Exoskeleton cladding: HACELY Freeform area glass and Exoskeleton cladding: Kyotec
Freeform Exoskeleton cladding design for Kyotec: Front Facade lighting: Creative
Lighting Asia Facade Maintenance: Flyservices Engineering
Photos: Ivan DuPont, Virgile Simon Bertrand

Arketipo 148, Vertigo, giugno 2021