Situato nel centro di Nantes tra il Castello dei Duchi di Bretagna, la Cattedrale e il Giardino Botanico, il vecchio museo di belle arti di origine ottocentesca dopo 6 anni di lavori di ristrutturazione terminati nel 2017 è diventato il simbolo e una preziosa risorsa per la città. Il museo conteneva un primo fondo di opere d’arte che provenivano dal Louvre, secondo il volere di Napoleone, e le collezioni dei maestri impressionisti che la città aveva acquistato negli anni seguenti. Secondo le intenzioni del sindaco e del suo direttore un luogo di cultura del XXI secolo doveva però reiventare il modo in cui la gente si accostava al museo scardinando l’immagine ottocentesca e proponendo uno spazio di aggregazione contemporaneo aperto alla città, con una serie di funzioni complementari.
Queste sono state infatti le linee guida del concorso indetto nel 2009 che prevedeva sia la risistemazione che l’ampiamento del vecchio museo. Competizione vinta dallo studio di architettura londinese Stanton Williams con un progetto complesso a scala urbana che proprio a partire dalle preesistenze ha creato un nuovo fulcro con servizi per l’intera città come l’auditorium, la biblioteca e i laboratori pedagogici collegati da una passeggiata dove dialogano edifici di epoche diverse.
Il vecchio museo con il fronte principale sulla via Clemenceau è stato infatti collegato attraverso una galleria coperta a un nuovo edificio chiamato il Cubo, concepito per ospitare opere d’arte contemporanee, e da questo spazio è possibile percorrere la Corte delle sculture e dirigersi verso l’Archivio, caratterizzato da una facciata di pietra su strada e da un rivestimento metallico sulla corte, o andare a visitare le istallazioni all’interno della Cappella dell’Oratorio il cui accesso è consentito da quella che viene definita la Sacrestia, uno spazio di nuova edificazione tutto di vetro. L’intero complesso museale oggi espone più di 12.000 opere acquisite nel tempo che spaziano dal periodo medioevale fino all’arte contemporanea e questo ha reso necessario convertire il suo nome in Museo d’arte.

Con semplici operazioni si è cercato di ridefinire il rapporto con la città: la vecchia recinzione è stata abolita, la stretta scalinata di granito è stata allungata fino a occupare tutto il fronte dell’edificio e lo spazio della strada antistante l’ingresso è stato ripavimentato. Ai lati della lunga scalinata due nuovi grandi parallelepipedi di vetro ospitano un ascensore e un’opera d’arte che viene periodicamente rinnovata. Al piano terra sono state riaperte le finestre originali per permettere al visitatore di comunicare visivamente con l’esterno. Tutti gli spazi museali esistenti hanno subito una trasformazione: le sale espositive ritenute sovradimensionate rispetto alle opere esposte sono state rimpicciolite e si è cercato di frammentare la ripetitività delle gallerie dove possibile. Con un linguaggio minimale e una grande attenzione ai materiali e al sistema di illuminazione si è definitivamente scardinato quel senso di solidità ma anche di chiusura tipico di molti edifici della fine del XIX secolo.
Il grande patio centrale è stato ridisegnato utilizzando il colore bianco per uniformare tutti gli elementi architettonici e il cartongesso per chiudere alcune arcate centrali delle gallerie. Queste scelte compositive e la schermatura con tende dell’ampio lucernario che diffonde la luce zenitale trasformano l’architettura in un’opera metafisica senza tempo, scenografia ideale per l’arte contemporanea. Per migliorare il comfort termico e luminoso tutte le pareti perimetrali sono state coibentate con un isolamento dall’interno mentre le superfici vetrate delle finestre e dei lucernari sono state sostituite con vetrocamera. Per recuperare lo spazio da adibire alle funzioni complementari come l’auditorium è stato realizzato un nuovo piano interrato mettendo in evidenza le murature di sottofondazione esistenti di pietra a vista e il reticolo delle nuove travi e dei pilastri di cemento armato. Agli edifici storici oggetto di recupero si contrappongono i nuovi edifici di cui il più significativo è sicuramente quello che è stato denominato il Cubo, utilizzato esclusivamente per mostre di arte contemporanea. Un parallelepipedo rivestito di pietra, vetro e acciaio di 3 piani in cui viene privilegiata la luce naturale che si diffonde nelle sale attraverso i lucernari di copertura e le facciate trasparenti. Una lunga scala a rampa dritta consente di raggiungere i tre piani dell’edificio ciascuno con un ampio spazio espositivo aperto e flessibile a cui accede attraverso una suggestiva passerella di vetro retroilluminata che corre parallelamente all’innovativa facciata leggera a cavi. Una facciata straordinaria in cui il tamponamento di vetro con le laminature di marmo filtra una luce ambrata durante il giorno mentre durante la notte, con la luce artificiale, si illumina e lascia intravedere le venature del rivestimento.

UNA FACCIATA SOSPESA DI VETRO-MARMO
Sul fronte sud dell’edificio “Cubo” è stata progettata una facciata innovativa non presente sul mercato, in grado di dialogare con quello che viene definito il Palazzo cioè il Museo di fine Ottocento. Una facciata molto particolare con un sistema di tamponamento formato da pannelli vetro di soli 7 mm al cui interno è stata inserita una sottilissima lastra di marmo del Portogallo. Il risultato è sorprendente, infatti, durante il giorno all’interno dell’edificio si diffonde una piacevole luce ambrata mentre durante la notte dall’esterno la luce artificiale dell’edificio mette in evidenza la tessitura delle venature del marmo. L’ingegnerizzazione del sistema di facciata è stata sviluppata da una ditta friulana Simeon che produce facciate su misura. Si tratta di una facciata sospesa a doppi cavi - spiralati dal diametro 28 mm e prestirati - pretensionati con una trave di contrasto superiore. La soluzione a cavi rende la struttura più leggera consentendo di eliminare i profili e i montanti strutturali verticali. La trave di contrasto superiore è bloccata e controbilanciata mediante degli stralli inclinati vincolati su un setto di conglomerato cementizio armato posteriore. Orizzontalmente i pannelli di tamponamento di vetro-marmo sono vincolati mediante un traverso con sezione a T che è fissato ai cavi con un sistema a morsetto con tensione controllata di serraggio. Ogni singolo pannello in vetro è appoggiato staticamente sull’elemento a T e risulta libero di deformarsi in seguito agli spostamenti dovuti alle condizioni di carico termiche e a quelle di vento. Infine le coppie di cavi sono vincolate nella parte inferiore alla trave di fondazione mediante un sistema di tensionamento a registro. L’applicazione della pretensione sulle due funi D28 è stata realizzata passo a passo, in modo da equilibrare la tensione sul sistema di registro terminale. La contropiastra di contrasto bloccata nel sistema di fondazione è dotata di una chiave a taglio per riprendere le reazioni orizzontali dei carichi del vento.

LA LUCE NATURALE ZENITALE INONDA LE SALE ESPOSITIVE
La luce naturale è stata posta al centro della ristrutturazione che ha visto la sostituzione di ben 3.500 mq di superficie finestrata in modo da valorizzare l’edificio stesso e le opere esposte. Nel museo esistente i progettisti hanno deciso di ottimizzare l’uso della luce naturale nelle gallerie e nel patio schermandola con tende per catturare la luce atlantica così caratteristica di Nantes. La decisione di evitare l’illuminazione completamente artificiale è stata presa per favorire le variazioni di luce durante l’arco della giornata e richiamare le stesse condizioni visive dei luoghi dove furono dipinte molte delle opere esposte. Anche nei nuovi edifici prorompe la luce zenitale attraverso 3 lucernari vetrati che dalla copertura diffondono la luce sulla scala a rampa dritta e sulle sale espositive.

Scheda progetto
Località: Nantes, France
Area: New Building 4,000 mq
Renovation: 13,000 mq
Client: Ville de Nantes and Nantes Métropole
Contract value: 48,8 million euro
Appointed: 2009
Start on site: 2014
Completion: Spring 2017
Contractor: Bouygues Bâtiment Grand Ouest
Quantity surveyor: Artelia
Structural engineers: RFR & Sepia
Services engineer: Max Fordham & Gefi
Fire safety: Casso & Associés Signage/Graphics Cartlidge Levene Approved inspector & CDM
Coordinator: Veritas
Photos: Stefano Graziani, Hufton&Crow

Arketipo 131, Recupero, Settembre 2019