Il fermento culturale degli ultimi anni ha agito positivamente sulla riqualificazione di Lisbona; grazie a una serie di interventi di grande valore urbanistico e architettonico, il contesto monumentale della città sta riprendendo vigore.
In questa cornice, e in particolare nell’ambito degli interventi di recupero sul lungo fiume, si colloca il nuovo Museo delle Carrozze, progettato dall’architetto brasiliano Mendes da Rocha insieme agli studi MMBB e Bak Gordon. L’area prospiciente al fiume Tago ha sempre vissuto distante dal centro cittadino, nonostante la prossimità geografica, creando una vera e propria cesura urbana tra lo spazio costruito dell’area urbana e quello naturale del lungofiume. Uno dei principali obiettivi dell’intervento era ricucire la cesura esistente, configurando uno spazio pubblico aperto e di connessione tra il fiume e la città. Insieme a questo fondamentale principio, il programma prevede la destinazione d’uso museale per creare uno scrigno che preservasse la preziosa collezione. L’unione quindi del concetto museologico e della preesistenza urbana ha creato un edificio aperto, in cui la città è libera di scorrere senza soluzione di continuità tra spazio costruito e spazio aperto. L’esposizione ospita una collezione unica al mondo di carrozze reali, datate dal XVII al XIX secolo. Questi principi progettuali si sono concretizzati in un edificio suddiviso in due volumi principali parzialmente sospesi che creano una corte interna protetta: questo spazio consente una relazione speciale con i diversi tessuti urbani che si avvicendano nei dintorni dell’edificio.

Da una parte infatti, la città storica con la sua scala minuta consente molteplici accessi alla piazza dalle stradine circostanti, anche a livelli differenti; dall’altra parte invece, è l’edificio stesso a generare spazio pubblico, grazie alla sua conformazione, confermando il costante interesse di Paulo Mendes de Rocha per il rapporto tra spazio aperto e spazio costruito generatore. Oltre alla corte creata dalla composizione di questi volumi, un altro elemento unificatore è la rampa che oltrepassa la strada e la ferrovia, connettendo il complesso museale con la sponda del fiume. La passerella crea un porticato in relazione con la corte e unifica i volumi separati degli edifici. Il padiglione principale, dedicato all’esposizione della collezione di carrozze, è un grande parallelepipedo sospeso sulla corte, adagiato su due volumi più piccoli dedicati a reception, amministrazione e ristorante da una parte e all’ingresso dall’altra. Il secondo edificio, più piccolo, ospita invece l’auditorium e chiude la piazza sul lato est. Il principio di unificazione degli spazi e di intensificazione delle connessioni si riflette anche nella relazione tra volume principale ed edificio secondario: una passerella in quota unisce le due terrazze. L’accesso allo spazio espositivo avviene, per una precisa scelta formale e gestionale, con enormi elevatori idraulici (capienza 75 persone l’uno), che garantiscono il controllo dell’affluenza e creano, insieme all’uso quasi brutalista del calcestruzzo armato a larga scala, una rielaborazione del concetto di edificio-macchina. L’ingresso all’edificio avviene a livello della piazza, attraverso un volume di vetro trasparente che amplifica l’effetto di spazio pubblico. La scelta del vetro contrasta decisamente con il cemento opaco e massiccio: gli spazi dei laboratori e delle aree private del museo rimangono quindi quasi nascosti dall’esterno, fatta eccezione per sottili aperture ad altezze variabili. Anche all’interno del museo si creano paesaggi e visioni inaspettati grazie all’uso di passerelle sospese che consentono di fruire della collezione dall’alto e di accedere alla veranda esterna che affaccia verso la città. Lo spazio espositivo si sviluppa su due livelli: il primo ospita la galleria delle carrozze e una spina centrale con i punti di accesso, le sale per esposizioni temporanee e uno spazio di servizio con montacarichi per trasportare le carrozze nel deposito a piano terra. Il secondo livello, invece, prevede il proseguimento del percorso espositivo, spazi educativi e due patii esterni che ospitano gli impianti.

A contrasto con il volume massiccio cementizio dell’edificio principale, l’edificio più piccolo si configura come uno scheletro di calcestruzzo che trattiene due volumi sospesi: il ristorante e la zona amministrativa. Sotto di questo, si colloca l’auditorium, anch’esso di calcestruzzo, con uno specchio d’acqua in copertura. L’auditorium è concepito all’interno come uno spazio informale, più simile a una tribuna coperta che a un teatro. Uno scheletro di calcestruzzo armato che custodisce più volumi al suo interno, con diversi accessi, una struttura reticolare spettacolare che si specchia parzialmente nell’acqua e che regala movimento con effetti di ombra e luce ai volumi cementizi. Anche in questo secondo edificio: il parallelepipedo quasi cieco dell’auditorium si contrappone ai limpidi spazi vetrati delle aree di servizio, che ne rivelano la struttura di acciaio bianco verniciato. Come testimoniato dalle parole dell’architetto, questa scelta rafforza l’idea di “un museo senza porta, che è unito da ogni parte”. Nel progetto originario era previsto anche un grande autosilo cilindrico, che consentisse di evitare parcheggi interrati, incompatibili con l’alta falda freatica e i frequenti movimenti del suolo. L’elemento cilindrico doveva rafforzare il valore monumentale dell’intervento, riducendo l’occupazione di suolo e presentandosi come tipo replicabile anche nei lotti circostanti.

MATERIALI A CONTRASTO
La scelta dei materiali e dei rivestimenti del complesso museale è stata particolarmente rilevante per garantire continuità e carattere all’intero intervento. Se, da un lato, il calcestruzzo faccia a vista conferisce grande matericità ai volumi, si affianca, dall’altro, la scelta di completarlo con ampie superfici completamente trasparenti e di movimentarlo grazie all’aggiunta di passerelle, rampe e coperture plastiche. La struttura del padiglione principale è realizzata con grandi travi di calcestruzzo precompresso; il volume espositivo poggia interamente su quattordici pilastri di calcestruzzo (diametro 1,8 m). La struttura orizzontale è costituita da massicce piastre di calcestruzzo. Questa struttura cementizia consente di assorbire i movimenti e le dilatazioni della copertura plastica, realizzata da una griglia reticolare di acciaio. Il grande volume è perforato in alcuni punti da piccole aperture che rivelano le quattro travi parete reticolari di acciaio poggiate sui pilastri. Le fondazioni dell’intero complesso sono realizzate in calcestruzzo armato: non è stato possibile prevedere piani interrati a causa delle scarse condizioni del terreno. All’interno dell’edificio, il controsoffitto è costituito da un sistema di griglie di acciaio bianco che lasciano intravedere il passaggio delle reti impiantistiche, ciascuna di colore differente, in contrasto con il biancore candido di tutte le altre superfici. La scelta di evidenziare cromaticamente gli impianti rafforza la sensazione di un grande edificio-macchina. L’edificio espositivo appare quindi come un grande volume bianco di cemento, mentre l’edificio più piccolo, con auditorium e ristorante, si configura come più volumi trasparenti e visibili, custoditi da una rete di calcestruzzo. Sebbene i due edifici abbiano ciascuno il proprio sistema costruttivo, e la propria configurazione, alcune soluzioni sono identiche. Si nota, infatti, che entrambi i volumi hanno massicce strutture orizzontali cementizie e controsoffitti bianchi metallici. La copertura plastica del secondo volume, realizzata in profili d’acciaio verniciato di bianco, prevede anche l’integrazione di un sistema di illuminazione che consente di usufruire della piazza anche di sera.

Scheda progetto
Progettista: Paulo Mendes da Rocha, Fernando de Mello Franco, Marta Moreira, Milton Braga, Ricardo Bak Gordon
Committente: Frente Tejo/Portuguese Estate
Completed: 2015
Total built area: 16.170 mq
Cost: 32 million euro
Ingegneria: Afaconsult
Coordinamento ingegneria: Rui Furtado, Armando Vale
Consulenti fondazione e strutture: Rui Furtado, Armando Vale, Filipe Arteiro, Miguel Pereira
Consulenti impianti idraulici e gas: Marta Peleteiro, Paulo Silva
Consulenti impianti elettrici, telecomunicazioni e sicurezza: Luís Oliveira
Consulenti impianti meccanici: Bruno Henriquies, Luísa Vale, Marco de Carvalho
Consulenti certificazione energetica: Isabel Sarmento
Consulenti acustica: dBLab
Consulenti paesaggio: Proap
Progetto dell’allestimento: Nuno Sampaio Arquitectos
Graphic design: António Quirós Design
Impresa principale: Mota-Engil/ Martifer/FDO
Photos: FG+SG Fotografia de Arquitectura

Arketipo 111, Cultura, maggio 2017