Museum Jean Tinguely  
Località: Basilea, Grenzacherstrasse (indirizzo postale: Case postale 3255, CH-4002 Bâle)
Committente: F. Hoffmann-La Roche S.A., Basilea
Progettista: Mario Botta.
Gruppo di progettazione: M. Bonini, N. Pfister, L. Boschetti, F. De Filippi, F. Blouin.
Modelli: R. Vismara, S. Salvadé, S. Vismara.
Direzione lavori: GSG Baucontrol.
Appaltatore: G. Steiner, GSG Baucontrol, Basilea
Datazione progetto: 1993.
Datazione realizzazione: 1994-96.
Superficie occupata dall'edificio: 3100 mq.
Volumetria generale: 54.150 mc.
Superficie costruita totale: 6057 mq (spazi espositivi: 2866 mq).
Materiali di costruzione: cemento armato, acciaio, calcare rosa d'Alsazia, lamiera ondulata zinco-titanio, vetro.
 
L'amicizia personale di Mario Botta con Jean Tinguely (1925-91) e con la compagna e collaboratrice dell'artista Niki de Saint-Phalle, ha fatto sì che la realizzazione di un museo che ospitasse le opere di questo geniale 'scultore di macchine', che a Basilea è cresciuto e ha a lungo vissuto e lavorato, fosse per Botta non un semplice incarico professionale ma anche un atto di sincera devota commemorazione. È forse a motivo di questo coinvolgimento umano che la recente opera dell'architetto svizzero appare più riuscita e convincente del coevo (e certo più noto) Museum of Contemporary Art di San Francisco, la cui sorda monumentalità e gli eccessi decorativi degli interni ' che l'hanno fatto paragonare a una 'vistosa boutique Art Déco' ' dimostrano quanto sia difficile nei grandi musei trovare oggi un equilibrio adeguato tra quei discordanti fattori istituzionali e commerciali che entrano a far parte dell'immaginario collettivo del museo contemporaneo. A Basilea questa ridondanza formale (che peraltro ricorre nei recenti progetti di Botta) si stempera per riproporsi come più pacata meditazione sull'architettura intesa come costruzione misurata di luoghi e spazi ma anche di identità e memoria.
Il museo Tinguely si colloca lungo il Reno, nella parte orientale del piccolo parco Solitude, a una estremità della Schwarzwaldbrücke su cui scorre un'autostrada urbana che costeggia l'edificio, incrociandosi a nord con una strada urbana, la Grenzacherstrasse, e l'edificio, con la sua compatta volumetria ricoperta in pietra calcarea rossa dell'Alsazia, si presenta come un piccolo fortilizio posto a presidio di questo importante nodo urbano.
Il museo è costituito da cinque navate definite dalle pareti esterne e da quattro campate strutturali in cemento armato di trenta metri di luce, un sistema statico la cui necessità deriva dal vincolo di edificare al di sopra di un'esistente struttura interrata per il trattamento delle acque. Queste campate lasciano al centro un grande spazio a tutta altezza di trenta metri per sessanta, divisibile in aree più piccole mediante pareti scorrevoli che scendono dalle travature superiori, mentre attorno si sovrappongono ballatoi, balconate e sale e spazi più riservati e chiusi. Le differenti condizioni al perimentro dell'edificio determinano le quattro diverse facciate. Il prospetto est, verso l'autostrada è il più alto ed è completamente chiuso, un alto muro rosso su cui appare solo il segno grafico della firma dello scultore ingigantita. All'opposto, il prospetto verso il parco si apre proiettando all'esterno le cinque navate, sormontate da capriate a fuso che determinano un profondo portico vetrato che mette in diretta relazione l'interno del museo con il verde del parco. Il prospetto nord, parallelo alla Grenzacherstrasse, esibisce una parete chiusa segnata dal volume cilindrico contenente una scala e una pensilina appoggiata a un basso muro che denuncia l'accesso principale al museo e da cui si accede, tramite aperture nei setti murari dell'edificio, al portico dove si trova l'ingresso agli spazi espositivi. Infine dal prospetto che si affaccia a sud, verso il fiume, fuoriesce un volume allungato e posto diagonalmente rispetto alla parete esterna e sospeso sopra la riva del Reno: una curva passerella vetrata, non a caso chiamata 'la barca', che, come parte del percorso di visita, obbliga il visitatore ad 'uscire' per un attimo dal museo per guardare il fiume e il paesaggio dell'altra sponda del Reno, per poi rientrare a un livello più alto, su una balconata che domina la grande sala. Per la verità, il fatto che il museo sia organizzato su una promenade obbligata, che dall'ingresso conduce il visitatore attraverso la 'barca' alle gallerie dei piani superiori per poi concludersi nella grande sala, secondo un concetto che appare museologicamente superato, sembra quasi esclusivamente motivato dalla necessità di dare senso al gesto poetico della passerella sul fiume, e dunque ne dichiara la intrinseca debolezza.
Viceversa la massività dell'architettura di Botta, che contrasta con il movimento e la cacofonica composizione delle opere meccaniche di Tinguely, sembra risolvere felicemente (anche con le sue allusioni, che appaiono evidenti dal fronte verso il giardino, agli hangar industriali o navali) il delicato problema dell''ambientamento' e della 'conservazione' delle sculture dell'artista che, in verità, forse meglio si presterebbero ad essere esposte all'aperto, come simboliche ed eloquenti rovine di questa età della macchina e qui più motivatamente lasciate lentamente a deperire e distruggersi sotto l'usura del tempo, a rammentarci il senso di transitorietà della nostra cultura tecnologica.
 
Bibliografia
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Mario Botta gesehen von Pino Musi / vu par Pino Musi / Seen by Pino Musi, DACO, Stuttgart 1996, pp. 185-203.
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Museum Jean Tinguely Basel, Benteli, Bern 1997.
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Sezione longitudinale Pianta piano terra Planimetria generale Spazio espositivo della galleria al secondo piano Veduta del Reno e città dall'interno
Veduta della "barca" affacciata sul Reno Prospetto ovest Prospetto est nord