Ai piedi della collina sacra di Annamalai, nel cuore del Tamil Nadu, un centro per la musica, le arti e la cultura è l’occasione per incoraggiare nuove relazioni tra gli utenti della fondazione umanitaria TDH Core e gli abitanti del luogo. L’utilizzo di un solo materiale, il cemento, e di tecniche costruttive semplici è legato alla volontà di Made in Earth di usare ogni esperienza progettuale come base per un processo di formazione e scambio per tutti coloro che ne prendono parte.

Negli ultimi anni assistiamo, con sempre maggior frequenza, a un interessante fenomeno di ricerca da parte degli architetti, che sembrerebbero muoversi nella direzione inversa rispetto a quella intrapresa negli scorsi decenni verso le grandi città, i centri della finanza e delle “opportunità”. Architetture utili come scuole, centri comunitari, ospedali, abitazioni a basso costo, realizzate in aree fragili del mondo, compaiono sempre più frequentemente sulle pagine delle riviste, nelle esposizioni internazionali e all’interno del dibattito architettonico in genere, spesso con un impatto maggiore rispetto ai progetti realizzati dagli stessi architetti nei loro paesi di origine e in contesti più ricchi. Luoghi di libertà al di fuori dei flussi finanziari e degli interessi speculativi dei grandi developer, queste aree ricche di bisogni sembrano offrire agli architetti la possibilità di misurare la portata del proprio lavoro in modo più diretto nel rapporto con le comunità locali, e con esigenze reali, al contrario di quanto avviene nei centri dello sviluppo economico dominati dalle logiche del mercato.
Grazie a questi progetti entriamo in contatto con mondi che non conosciamo, con l’ottimismo di credere che da qualche parte, nel panorama mondiale, si trovino le risorse di senso di cui abbiamo bisogno e che sia possibile scorgere in determinati codici linguistici la promessa di ristabilire il nesso necessario tra architettura e società, architettura e città, architettura e ambiente. Ai piedi della collina sacra di Annamalai, uno dei più importanti luoghi di pellegrinaggio shaiviti del sud dell’India, sorge il nuovo centro culturale per la comunità, realizzato dalla ONLUS napoletana Made in Earth in collaborazione con Terre des Hommes CORE Trust, una ONG indiana che si occupa dei bisogni di bambini disagiati e disabili. Il MAC (Music, Art & Cultural academy), infatti, nasce in seguito a una serie di altri progetti svolti in collaborazione tra le due organizzazioni nella regione di Tiruvannamalai, nel Tamil Nadu, proprio come punto di incontro tra gli utenti della fondazione umanitaria e gli abitanti del luogo.

A Tiruvannamalai, ogni anno, tre milioni di pellegrini assistono all’accensione del grande faro posto sulla sommità della “montagna rossa” in occasione del festival Karthigai Deepam, celebrato durante il giorno di luna piena tra i mesi di novembre e dicembre. Una pratica di raccoglimento e purificazione anticipa l’accensione del faro con un percorso circolare intorno a tutta la collina calcato dai pellegrini nel giorno che precede la luna piena. Allo stesso modo, con un’idea di rituale che definisce un percorso e circoscrive un luogo caricandolo di significati, il nuovo centro culturale è concepito come una sorta di nastro che si avvolge su se stesso e, variando curvatura e altezza, traccia una spirale con una grande hall al centro. Più che un edificio, dunque, il MAC è piuttosto una sequenza di spazi aperti e semi aperti che instaurano una serie di relazioni tra i vari ambienti e con il paesaggio circostante, non solo grazie alla sua morfologia aperta, ma anche al sistema costruttivo adottato. Il grande nastro arrotolato, infatti, è un muro semiopaco costituito da un sistema di partizioni in moduli di cemento fabbricati in loco, ognuno con un’apertura al centro in grado di far permeare luce e aria all’interno del sinuoso percorso. Sebbene tutti della stessa dimensione, circa 25x25 cm, i moduli si articolano in tre diverse tipologie di sezione che, assemblate secondo alcune semplici variazioni, costituiscono un pattern cangiante in grado di modulare la densità dei prospetti, ora del tutto permeabili, ora completamente opachi. Le fondazioni e una serie di pilastri verticali armati sono gettati in opera da maestranze locali, mentre i mattoni in cemento sono realizzati con casseri cavi ricavati da materiali di recupero e realizzati con la collaborazione dagli abitanti. La tecnica costruttiva, infatti, è elementare, in quanto una volta ottenuti i moduli essi possono essere impilati uno sull’altro con diverse composizioni dando forma a una tessitura autoportante che può arrivare fino a un’altezza di quasi 6 m. Sono l’articolazione dei pieni e dei vuoti e la distanza posta tra un modulo e l’altro a determinare il disegno dei prospetti, che cambia continuamente aumentando l’effetto sinuoso della parete curva. Infine, due piastre a sbalzo sovrapposte fungono da copertura per la parte centrale, più chiusa, mentre un piccolo corpo esterno ospita gli uffici e i servizi.

L’utilizzo di un solo materiale, il cemento, e di tecniche costruttive semplici è legato alla volontà di Made in Earth di usare ogni occasione progettuale come la base per un processo di formazione e di scambio per tutti coloro che ne prendono parte. Il processo realizzativo, infatti, resta evidente nella tessitura dell’edificio ed è dunque estremamente comprensibile e didattico. In questo modo, chi ha partecipato ai lavori di costruzione può riconoscere il proprio contributo in modo diretto e ricordare tutti i passaggi realizzativi semplicemente osservando la forma del nuovo edificio. Il meccanismo di apprendimento può essere ricondotto a quello del gioco cooperativo, anziché competitivo, secondo il quale tutti i concorrenti collaborano per l’ottenimento di un medesimo risultato senza entrare in conflitto. L’associazione di determinate tecniche di costruzione partecipativa ad alcuni modelli di gioco risulta particolarmente interessante in questo contesto. Nel caso del processo progettuale tipico della cultura industrializzata, ad esempio, una volta consegnato il disegno esecutivo - potremmo dire: stabilite le regole del gioco - un sistema piramidale di responsabilità conduce linearmente dal progetto all’esecuzione secondo i paradigmi del programma e del controllo. Nel modello adottato da Made in Earth, al contrario, il percorso esecutivo non è lineare, ma il processo realizzativo entra a far parte di quello progettuale e viceversa. La teoria dei giochi dimostra come, in determinati casi, il perseguimento del massimo vantaggio, nel nostro caso il perfetto controllo dell’esecuzione, non corrisponda nella realtà al massimo risultato che è possibile ottenere, ma che, al contrario, esso sia ottenibile solo considerando il vantaggio di ogni concorrente unitamente al valore del risultato finale. Giancarlo Artese, fondatore di Made in Earth e responsabile del progetto del MAC, lavora da anni sui temi del gioco e dell’errore come potenziali amplificatori del progetto. Lavorando in contesti difficili e in condizioni determinate dalla differenza più che dalla norma, le difficoltà di controllo del progetto hanno portato a una riflessione più ampia sul significato di precisione e di errore: “Dare spazio all’errore, includerlo come possibilità - scrive Artese - significa condurre il progetto a un livello superiore, significa sbloccarlo, dargli libertà. E del resto, se errore è tutto quanto non inizialmente previsto nel progetto, alla fine esso è la maggior parte delle cose che succedono da quando quest’ultimo cede il passo alla vita”. Nelle trame del MAC restano iscritte tutte le attività che hanno portato alla sua formazione, le regole del gioco compositivo e infine anche gli errori che hanno fanno parte del processo e portato al risultato finale. Diceva Miles Davis: “quando prendi una nota sbagliata, è quella che suoni subito dopo che decide se è stato bene o male”.

Scheda progetto
Design construction: 2012-2016
Area: 430 mq
Progettista: Made in Earth
Design team: Giancarlo Artese (project learder), Ada Catapano, Marialetizia Gaeta, Sebastiano Gorini, Diego Lama, Daniela Schmid, Flavia Scognamillo, Alessandro Turchi

Processo, Arketipo 147, 2021