L’intervento si trova a Shenzhen, città della Cina meridionale che rappresenta, con i suoi 13 milioni di abitanti, il quarto agglomerato urbano più popoloso del Paese e costituisce, con la vicina Hong Kong, una delle più grandi aree metropolitane di tutta l’Asia. All’inizio del 2016 Urbanus (studio fondato nel 1999 da Liu Xiaodu, Meng Yan e Wang Hui) è stato invitato a condurre una ricerca sulla città vecchia di Nantou, ritenuta un caso emblematico di palinsesto pluristratificato costituito da livelli appartenenti a diverse fasi storiche, per la quale è stata elaborata una strategia di rigenerazione urbana e di «rivitalizzazione incrementale» basata sul principio che le trasformazioni alla piccola scala possano avere ricadute anche a quella più grande della città.
L’anno seguente, organizzando a Nantou la settima edizione della Biennale di Urbanistica e Architettura di Shenzhen e Hong Kong (evento curato proprio da Meng Yan e Liu Xiaodu insieme al critico Hou Hanru, coinvolto per la parte artistica), lo studio ha potuto dare il via a questa nuova operazione, interpretando il completamento del Nantou Hybrid Building come un fondamentale tassello di questo più ampio mosaico e di un’idea di rigenerazione progressiva che privilegia la conservazione alla sostituzione attraverso l’assemblaggio, nello stesso corpo di fabbrica, di frammenti storici appartenenti a diverse fasi di vita della città e dei suoi manufatti. L’edificio, collocato accanto a Baode Square nel cuore del tessuto storico, è composto da cinque volumi autonomi realizzati a più riprese tra gli anni Ottanta e Duemila e caratterizzati da specificità proprie sia sul piano stilistico che dal punto di vista materico e costruttivo, a partire dalla compresenza nello stesso corpo di fabbrica di strutture murarie (i corpi NT36/37 e NT 40/41) e a telaio (i corpi NT38, NT39 e NT40).

Obiettivo prioritario di Urbanus è preservare la complessità dell’esistente custodendo le tracce delle addizioni, delle modifiche e delle sostituzioni e quindi trasformando una possible problematica in un valore aggiunto per il progetto. Dal punto di vista costruttivo l’intervento si propone di mantenere il più possible intatta la facciata esistente rimuovendo i muri divisori, sostituendo gli elementi aggiunti nel tempo (che avrebbero potuto rappresentare un rischio strutturale), inserendo nuovi volumi sulla sommità - uno pieno e l’altro vuoto - e ricavando in questo modo la superficie utile per introdurre una terrazza e un piccolo giardino pensile. Al centro del corpo di fabbrica è stato definito un vuoto a tutta altezza che accoglie un nucleo di circolazione verticale composto da un ascensore e da una scala spiraliforme. Gli spazi comuni a ogni piano si estendono invece dal centro al perimetro del nucleo e sono illuminati naturalmente grazie alle aperture frontali e zenitali. La riconfigurazione degli ambienti interni è evidente a diversi livelli. Prima delle modifiche gli edifici presentavano un sistema separato di circolazione e il piano terra ospitava una sequenza di esercizi commerciali che determinava una maggiore eterogeneità nell’uso degli spazi pubblici e contribuiva all’incremento dell’attrattività del quartiere. Ora gli accessi avvengono invece attraverso ingressi indipendenti posizionati su ogni lato e attraverso una scala esterna già esistente posta accanto a Baode Square opportunamente adattata per consentire un accesso diretto al secondo piano. Prima della ristrutturazione il secondo, quarto e quinto piano erano divisi in 29 unità abitative piccole e sovraffollate. Sfruttando le aperture già esistenti, ricavando alcuni passaggi e studiando nuovi collegamenti, la circolazione attuale permette invece di connettere gli spazi anche a diverse altezze di ciascun corpo, facilitando le interazioni tra gli abitanti e favorendo una più flessibile organizzazione della distribuzione interna. Dal punto di vista materico il progetto prevede la meticolosa conservazione dell’ampio repertorio di finiture presente sulla facciata esistente operando sostituzioni mirate o piccoli innesti rimarcati dall’uso del colore o del cambio di texture, ottenendo un variegato collage di superfici e una dinamica giustapposizione tra elementi nuovi ed esistenti. Le facciate risultano quindi sempre differenti, sia per l’ampio abaco di aperture che le compongono - dall’andamento longitudinale e trasversale, dalla geometria quadrata o rettangolare, entro l’altezza del piano o maggiormente estese, con serramenti visibili o ridotti al minimo spessore, a filo o a centro parete - che per le continue variazioni di colore e di texture - col passaggio dal bianco al grigio e dal rosso al verde acqua, dalle tinte unite alle trame quadrate o rettangolari, dalle ripetizioni equidistanti ai ritmi irregolari - che vengono effettuate indistintamente su superfici orizzontali e verticali anche appartenenti allo stesso volume.

Tale condizione si verifica anche all’interno, ove si cristallizzano ulteriori variazioni spaziali - nel passaggio tra aree di transito e di sosta, ambienti coperti e scoperti - e materiche - con l’alternanza tra campiture omogenee ma di diverse tonalità e rivestimenti in rete metallica o lamiera microforata.
In cima alla copertura, apportando un incremento dimensionale rispetto alla situazione esistente, si sviluppano infine un corpo di colore rosso dal profilo mistilineo, esteso in verticale dal quarto al quinto piano, e un corpo verde acqua con pianta rettangolare corredato da una sequenza di spazi semi-esterni all’interno del quale è incastonato un piccolo giardino. Tale aggregazione determina il posizionamento dei lucernari e dei vuoti a doppia altezza e allo stesso tempo consente di riunire le coperture precedentemente separate in un unico sistema, definendo una terrazza riparata e isolata dal frenetico brulicare del quartiere. Dagli spazi commerciali che si affacciano sulla strada fino alle superfici aperte sulla sommità, ogni parte dell’edificio contribuisce alla creazione di questa «arcadia verticale» e alla definizione di un corpo lobbycomposito dotato di una tensione dinamica crescente che culmina - dopo gli episodi volumetrici che si sovrappongono di piano in piano e rendono ciascun prospetto, ciascuna sezione e ciascuna pianta diversa dalle altre - con la terrazza-rifugio conclusiva. Il Nantou Hybrid Building di Urbanus rappresenta una felice coniugazione tra tre principi. Da una parte mira a soddisfare le esigenze della vita contemporanea con un intervento che migliora il comfort abitativo offrendo spazi residenziali più adeguati, offrendo percorsi più funzionali e attribuendo un ruolo più importante alla luce naturale. Dall’altra, coniando una lungimirante idea di «coesistenza urbana», costituisce un esempio virtuoso di resistenza al processo di omologazione che affligge in questi anni i nuclei storici di molte città cinesi. Infine, dal punto di vista metodologico, introduce un approccio progettuale innovativo nell’atteggiamento verso il costruito esistente, che non semplifica la complessità del patrimonio culturale ma anzi ne esalta le stratificazioni, evitando di cancellarne segni e tracce e mostrandone tutte le differenze e le inevitabili contraddizioni.

Scheda progetto
Client: Public Works Bureau ofNanshan District, Shenzhen
Location: Nantou Old Town, NanshanDistrict, Shenzhen
Project: 2020
Construction: 2020-2023
Area: 362 m2
Walkable area: before the project 1,016 m2, after 1,090 m2
Principal architect: Meng Yan 
Project general manager: Yao Xiaowei 
Project architect: Jiang Qingzhou, Zheng Zhi, Zhang Chaoxian 
Team: Rao Enchen, Huang Jiahong; Li Guanda (Landscape); Zhao Siying, Wu Xiaopeng (Internship) 
Costruzione: Vanke 
Construction drawing: Bowan Architecture 
Curtain wall: Pag Facade Systems Co., Limited 
Lighting design: GD-Lighting Design 
Photos: Zhang Chao, Urbanus