A Berlino la Neue Nationalgalerie, terzultima opera di Mies, assente dalla Germania da 30 anni, è composta da un piano seminterrato, vasta galleria d’arte tradizionale con un lato aperto su una corte per le sculture, che forma l’ampio crepidoma, che eleva sul livello stradale il famosissimo atrio: una tettoia quadrata di 65 metri di lato, sostenuta da otto pilastri a croce, formati da elementi a T saldati, alti oltre 8 metri, posti sul perimetro esterno, ciascuno a 7,30 metri dagli angoli a sbalzo, 24 piedi, il modulo di Mies per gli edifici dell’IIT. Un monoblocco alto quasi 2 metri a struttura reticolare, assemblato a piè d’opera, sollevato finito con martinetti, con Mies che assisteva a bordo di una Mercedes bianca (è noto che amava il lusso, era particolarmente elegante, con ricercatezza di materiali rari e preziosi nelle sue opere). Il perimetro della Neue Nationalgalerie, totalmente vetrato, è arretrato di 2 metri per evitare riflessi, come Mies usa a Krefeld, Plano e Barcellona. È il punto di arrivo, epitome e sintesi di più elementi del linguaggio dell’architetto.

Il primo è la trasparenza, che dal 1923, periodicamente, ha cercato in alcune opere, dal progetto di grattacielo per Berlino 1923, alla Tugendhat e al padiglione tedesco a Barcellona, 1929, alla Farnsworth a Plano, 1951. Quella trasparenza che sembra abbia cercato con poetico riferimento all’Infinito di Leopardi, rivelatogli dal teologo Romano Guardini, vivente in Germania, con cui sono noti i rapporti. Escludere il muro “siepe… che da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude” pensando “interminati spazi di là da quella…” per una “immensità” in cui “s’annega il pensier mio”. (R. Guardini, Lettere dal lago di Como, 1927). Il secondo è la riduzione della struttura al minimo, che gli viene da un allievo di Guardini, l’architetto Rudolph Schwarz: “quella connessione dell’idea platonico-hegeliana con la moderna filosofia esistenzialista, che permette a Mies di superare il divario tra l’inconsistenza di un ordine e la libertà” (C. Zimmerman, Mies van der Rohe, 2007).

Una delle prime esposizioni, pochi anni dopo l'inaugurazione, con la Biblioteca di Stato di Scharoun in costruzione dall'altra parte di Potsdamer Strasse

Lo slogan ‘less is more’, quel meno che è il più, il meno che deve essere sufficiente, ricercato con una continua riduzione, non tecnica, è citato da tutti i critici come antefatto, mentre è la conseguenza di una scelta filosofica: il platonismo come concezione assoluta ‘ante rem’, e il libero rapporto con la natura. Il terzo è la ricercata durata di un edificio, che ogni volta dovrebbe essere un assoluto, un modello: “l’arte di costruire è un cristallo che ha la stessa natura del tempo, altrimenti non esiste”, (L. Mies, Gli scritti e le parole, raccolta in italiano 2010).
Rimanemmo incantati trovando una definizione di verità di Tommaso d’Aquino: ‘Adaequatio rei et intellectus’. Non l’ho mai dimenticato”. “Sant’Agostino e San Tommaso d’Aquino mi hanno spinto a pensare in modo più chiaro e credo che dopo averli studiati ho capito meglio i problemi” (ivi). L’opera d’arte è una affermazione di pensiero: ogni edificio rappresenta la sua verità. Il quarto è la totale autonomia dal sito e dalla storia - forse provocatoriamente affermava di non conoscere la Scuola di Chicago (!) “vado da casa a studio in taxi.…”-, lui insegnante e poi direttore del Bauhaus, e in parte indipendente anche dalla funzione, affermativo della razionale Neues Arkitektur, opposta alla Neues Bauten, costruzioni determinate da economia e funzione, caratteristiche che sono dell’architettura contemporanea, ma per un procedimento perfettamente opposto, con la sovrastruttura, la deformazione e stravaganza formale, l’eccesso di comunicazione, la bigness.

Trasparenza, minima struttura, continuità coperto-scoperto, verità dell’opera: affermare per i risultati ottenuti che lo spazio interno-esterno della Neue Nationalgalerie sono continui è riduttivo e sbagliato, lo equiparerebbe a linguaggi in cui non si sarebbe mai riconosciuto. Il lavoro di Mies per le opere della trasparenza non è sullo spazio, ma sulla continuità del vuoto, senza interferenza di setti, pareti, tetti, pensiline, che non chiudono mai spazi (certamente Mies per questo conosceva, senza riconoscerlo, pittura e musica cubiste e le opere di De Stijl…): esempio significativo il muro-recinto a chiudere il padiglione di Barcellona, necessario, quindi irraggiungibile, distaccato con una vasca d’acqua scoperta… La Neue Nationalgalerie è l’atto ultimo, non c’è un oltre, Mies non è andato oltre, noi non ne possiamo prescindere: ora c’è solo il mantenimento (o il restauro). PF

Il progetto di restauro della Neue Nationalgalerie è quindi emblematico perché effettuato su una delle opere finali dell’architetto, implementando la richiesta del cliente di un approccio “As much Mies as possible”, lavorando non per riportare alla luce il progetto inaugurato alla fine degli anni ’60, ma per mantenerne l’anima, che in un certo senso si è evoluta nella seconda parte del XX secolo. Chipperfield, infatti, insieme agli specialisti di disciplina, si è comportato da “architetto invisibile”, implementando solo le modifiche strettamente necessarie dopo 50 anni di vita dell’edificio, senza però modificare l’idea iniziale dell’architetto e il suo passaggio nel tempo, se si esclude l’ampliamento sotterraneo dedicato a spazi tecnici e di servizio per migliorare la fruibilità e la rampa laterale per garantire la corretta accessibilità a tutti. Il primo anno di lavoro ha riguardato solo ricerche di archivio, analizzando migliaia di documenti per creare delle linee guida dell’intervento, interfacciandosi con Dirk Lohan, nipote e collaboratore di Mies sul progetto e tenendo a mente il concetto originario di “Moderno senza tempo”, caratterizzato da un alto livello di astrazione, attraverso l’uso di pochi materiali cari all’architetto. Il passare del Tempo è stato accettato e gli interventi di restauro conservativo sono stati realizzati mantenendo le tracce da esso lasciate sui materiali di finitura, come la pietra naturale e gli elementi lignei, asportando solo quei materiali giudicati non idonei dal punto di vista del benessere dei visitatori. Nonostante i progressi delle tecniche di facciata e le richieste di risparmio energetico, la tecnologia di involucro trasparente dell’inaugurazione del 1968, con lastre di vetro singolo con profili in acciaio senza taglio termico, è stata confermata, minimizzando tuttavia i problemi derivanti dalla condensa superficiale e rendendo più efficiente l’involucro opaco.

Mies voleva costruire opere assolute, destinate a durare per l'eternità, ma anche i capolavori invecchiano, e in quanto così famosi pretendono interventi di restauro efficaci e invisibili: quello che dopo anni di ricerche e sperimentazioni ha compiuto Chipperfield, con la sua esperienza nel restauro di musei e la capacità di intervenire senza apparire, nell'ombra del maestro, restituendo l'opera a un ulteriore godimento che vorremmo senza tempo.

RESTAURO DELLA NEUE NATIONALGALERIE CON APPROCCIO CONSERVATIVO SU FINITURE E INVOLUCRO TRASPARENTE
Molto sfidante è usualmente l’intervento su edifici storici e vincolati, ancora di più su un edificio come questo e dove è stato necessario trovare il compromesso tra “conservare l’aura dell’edificio” e il suo aggiornamento a quanti più possibili requisiti contemporanei, rendendolo pienamente funzionale per le prossime 4 o 5 decadi, per evitare di trasformare l’edificio della Neue Nationalgalerie nel “museo di un museo”, rispettando l’approccio richiesto di “as much Mies as possible”. Le finiture lapidee del pavimento, dei setti opachi interni e del podio, una delle prime facciate ventilate in Germania, sono state asportate, catalogate, ripulite e reinstallate nella stessa posizione originale, senza necessariamente riportare la loro apparenza al 1968.

Dettaglio dell'angolo nord-orientale con evidenza della strategia costruttiva di facciata e della struttura

Considerando i requisiti molto rigidi dei musei, si si sono recuperate quelle apparecchiature ancora funzionali come griglie di immissione aria e paralumi, sistemi di movimentazione delle tende e delle merci, mentre le altre sono rimaste installate, benché non più utilizzabili come i telefoni a muro ecc. Le uniche parti asportate in quantità considerevoli e sostituite, sono materiali nascosti o di secondaria importanza come massetti, isolanti, soffitti e altre parti in gesso, oltre a quei materiali contenenti sostanze pericolose come amianto. Il restauro e l’eventuale miglioramento dell’involucro trasparente e opaco sono stati uno degli aspetti maggiormente approfonditi dato le implicazioni estetiche, di comfort, di durabilità e di risparmio energetico. Differenti ipotesi costruttive sono state analizzate per la facciata trasparente della Neue Nationalgalerie, alta più di 8 metri, partendo dalle criticità emerse nel tempo come sottodimensionamento strutturale delle lastre vetrate e conseguente rottura delle lastre, insieme alla condensazione non controllata e alla corrosione dei traversi della facciata. Si è preferito mantenere i profili esistenti e sostituire le lastre in vetro singolo con vetri stratificati per conservare quanto più possibile materiali e trasparenze, permettendo tuttavia maggiore gioco alla facciata diminuendo le sollecitazioni indotte dal movimento della costruzione. La formazione di condensa, differente a seconda dei punti cardinali, è stata accettata, evitando tuttavia che si verifichi in parti non esposte come le intercapedini e aggiungendo canaline e caditoie che la smaltiscano per evitare i degradi collegati a essa. Per l’involucro opaco di coperture, pavimenti e sopraluci opachi, al contrario, si è scelto di aumentare l’isolamento, dato l’impatto non rilevante dal punto di vista estetico e i consistenti risparmi energetici ottenibili.

RESTAURO DEGLI IMPIANTI E ANALISI AVANZATE DEI FLUSSI D'ARIA INTERNI ED ESTERNI DELLA NEUE NATIONALGALERIE
I sistemi impiantistici dell’edificio della Neue Nationalgalerie sono stati analizzati e migliorati in base ai più avanzati standard attuali, da parte degli ingegneri di W33 e di Arup, tenendo in considerazione gli sfidanti requisiti di uno spazio museale. L’impianto di riscaldamento a pavimento è stato restaurato, dato che la precoce corrosione dei tubi in acciaio e le conseguenti perdite ne aveva causato la dismissione anticipata ed è stata integrata la possibilità del condizionamento estivo, permettendo, insieme alla rilevante massa termica del pavimento, di stabilizzare la temperatura interna. Il sistema di ventilazione, importante per la conservazione delle opere che verranno esposte, che controlla umidità e velocità dell’aria, è stato restaurato, conservando le griglie di immissione originali e il sistema di lama d’aria per le facciate vetrate, integrando anche un nuovo efficiente sistema di pretrattamento termico. Il progetto del condizionamento, date le complessità dell’edificio come vetrata non isolata, altezza rilevante, e i requisiti per la conservazione delle opere d’arte è stato anche verificato attraverso delle analisi fluidodinamiche degli interni, in base a differenti situazioni di occupazione e a eventuali aperture di porte perimetrali verso il giardino, verificando il rispetto dei requisiti museali per velocità dell’aria interna (< 0,2 m/s) e l’uniformità della temperatura (21 °C ± 1 °C), definendo le zone non adatte ad ospitare opere d’arte, lasciando al contempo maggior fruibilità degli spazi interni ed esterni.

Neue Nationalgalerie
Piano interrato analizzato in relazione alle interazioni dei flussi d'aria dal giardino esterno

Riguardo il sistema di illuminazione, oltre 2.400 lampade originali a incandescenza sono state re-ingegnerizzate per essere usate con sistemi a led: tra queste 794 luci dello spazio principale, 4 per ognuno delle 196 campi definiti dalla struttura del soffitto, e 1.350 luci dell’interrato, tipo wall washer, sistema innovativo e non molto conosciuto in Germania al tempo, che crea una luce uniforme sulle superfici espositive, anche grazie alla finitura parzialmente satinata delle lenti. Attraverso molteplici test di laboratorio differenti proposte sono state analizzate, scegliendo infine delle luci leggermente più fredde delle originali (3000K contro 2700K) date le mutate richieste museali contemporanee, arrivando nel contempo a un risparmio energetico dell’80% con un maggiore livello luminoso e la stessa distribuzione luminosa, con punti luce che in futuro potranno venire revisionati e riparati più facilmente.

Scheda progetto
Progettista: Mies van der Rohe / David Chipperfield Architects
Località: Berlino, Germania
Committente: Stiftung Preußischer kulturbesitz (Prussian Cultural Heritage Foundation)
Original construction period: 1965-1968
Competition period: 2012
Design period: 2012-2016
Construction period: 2016-2021
Partners: David Chipperfield, Martin Reichert, Alexander Schwarz
Project Architects: D. Wendler, M. Freytag (Concept design toTechnical design, Site design supervision)
Design Team: Concept design to Developed design: M. Akay, T. Benk, M. Fiegl, A. Fritzsch, D. Gschwind, A. Hengst, F. Michalsky, M. Reschke; Technical design: S. Barrett, A. Bellmann, M. Betzold, A. Fritzsch, D. Gschwind, L. Graf, M. Jaspers, C. Jonas, F. Michalsky, M. Reschke, C. Vornholt, L. Wichmann; Visualisation: D. Liksaite, S. Wiesmaier; Fit-out: Y. Calvez, U. Zscharnt
Executive architect: Procurement, construction supervision: BAL Bauplanungs und Steuerungs; Project management: K. Rohrbach
Lighting & CFD consultant: Arup Deutschland (R. Scheuermann, O. Schwabe, A. Rotsch, T. Sengewald, J. Diaz, C. Gisel, J. Haskell, M. Frechen)
Restoration consultant: Pro Denkmal
Structural engineer: GSE Ingenieurgesellschaft Saar, Enseleit und Partner
Services engineer: Ingenieurgesellschaft W33 with Domann Beratende Ingenieure
Building physics: Müller-BBM
Acoustic consultant: Akustik-Ingenieurbüro Moll
Fire consultant: HHP West Beratende Ingenieure
Façade consultant: DS-Plan
Landscape architect: TOPOS Stadtplanung LandschaftsplanungStadtforschung
Glass panes of façade: JinJing, Zibo
Reconstructions: Anker-Teppichböden, Düren (wool carpet), GIRA Giersiepen, Radevormwald (switch range), Creation Bauman, Langenthal (curtains), FSB, Brakel (door handles), Laufen Deutschland (washstands), GOLEM - Kunst und Baukeramik(tiles)
Adaptation of modular ceiling: Lindner
Barcelona furniture, cushion replica: Knoll Internationa
Modification of historic luminaires: Mawa design
Sanitary equipment, fittings: Dornbracht
Photos: Simon Menges, Paolo Favole, Landesarchiv Berlin - Ludwig Ehlers, Christian Martin

 

Recupero, Arketipo 149, 2021