Nel 2012, il Ministero dell’istruzione Senegalese, con il contributo della Banca Mondiale, ha commissionato l’ampliamento di un blocco di aule studio e sala conferenze dell’Università di Bambey e lo sviluppo di un Centro per la formazione e la ricerca nello sport, a Saint Louis. I due progetti sviluppati dallo studio IDOM partono dalle medesime esigenze e si relazionano con un contesto molto particolare. “In Senegal l’ombra e l’acqua sono tutto.” In un luogo dove le temperature possono superare i 45 °C, i progettisti si sono ispirati ai grandi alberi che crescono in quella natura poco ospitale; gli edifici offrono riparo, freschezza, e comfort agli studenti, senza consumare energia. Entrambi i complessi si articolano in modo semplice; i grandi corpi, segnali della presenza dei campus nel territorio, contengono al loro interno il programma funzionale. Per l’Università di Bambey, la struttura, unica, comprende un’aula da 500 posti, cinque aule da 50 studenti, otto aule da 100 studenti, tre laboratori, dieci uffici per i docenti e due sale riunioni; una rampa perpendicolare al corpo di fabbrica, collega i due livelli delle aule e definisce la pertinenza esterna dell’edificio. Per il Centro di Formazione Atletica di Saint Louis, l’intervento comprende tre corpi: un blocco aule, molto simile a quello di Bambey, un centro sportivo al chiuso e una piscina olimpionica da 25x50 m, all’aperto; gli edifici sono collegati, anche in questo caso, da una lunga rampa che conduce al livello superiore. Tutta la progettazione nasce dalla volontà di costruire un edificio pratico e integrato nell’ambiente, capace di generare le condizioni ottimali per la protezione contro il clima estremo.

Lo studio IDOM ha sviluppato il progetto partendo dalla sezione trasversale degli edifici, pensandola come una macchina climatica senza motore. Un grande “scudo” a forma di L, composto dalla facciata sud e dalla copertura, protegge i corpi delle aule sottostanti dall’irraggiamento solare diretto ma è permeabile all’aria. Questo schermo crea un effetto Venturi generando un flusso d’aria costante tra l’involucro dell’edificio e le aule, riducendo la temperatura interna di 10-15 ºC, rispetto all’esterno di 40-45 ºC. La copertura, sorretta da travi reticolari in acciaio, presenta una doppia pelle. Il livello più esterno è un pannello sandwich metallico termoriflettente, che lavora come prima barriera contro il calore e l’irraggiamento solare diretto. Si estende per tutta la lunghezza dell’edificio e forma, sul lato nord, una profonda loggia che ombreggia i percorsi esterni. La copertura si eleva, inclinata, fino a 10 m, per convogliare l’aria calda, con l’effetto Venturi, dal lato sud, verso l’alto e verso l’esterno del lato nord. La loggia è sostenuta da sottili colonne metalliche di forma variabile a tre rami, che ricordano gli alberi solitari che offrono riparo e refrigerio alla popolazione locale. Ogni sotto-unità (blocchi aule, sale lettura, uffici per il corpo docente) ha poi un tetto isolato, con un controsoffitto di fibre mineralizzate, distante 1 m da quello superiore. Nell’intercapedine fluisce l’aria calda.

La facciata sud, la parte verticale dello scudo, è costituita in entrambi i progetti da una prima pelle, permeabile all’aria, che funge da filtro, eliminando l’incidenza solare diretta e lasciando passare luce sufficiente per le esigenze funzionali interne. La distanza dalla facciata dei blocchi interni permette al calore di risalire verso intercapedine della copertura. La permeabilità della facciata permette anche la ventilazione naturale delle aule bi-esposte. Proprio la facciata sud, oltre a essere un componente tecnico, diventa elemento architettonico significativo per entrambi i progetti. Per l’università di Bambey, i 203 m della facciata sono composti da una grata di breeze block, prefabbricati in opera, da mano d’opera locale. La facciata sud del Centro di Formazione Atletica, invece, utilizza come elemento permeabile dei pannelli metallici traforati, interposti nei vuoti del loggiato in blocchi di cemento, con finitura esterna a malta. Entrambe le pareti rimandano alla tradizione locale (per Bambey il sistema costruttivo per la residenza, per Saint Louis, le reti da pesca, stese ad asciugare al porto), e utilizzato tecniche costruttive alla portata delle maestranze locali. Grande attenzione è stata posta anche al recupero sia dell’acqua piovana che delle acque reflue, elemento importantissimo in questo clima. A Bambey, bacini di raccolta riempiti di ghiaia, ricevono le acque reflue, favorendo lo sviluppo della vegetazione locale. I campus inoltre sono piantumati con erba citronella, per limitare la presenza di zanzare portatrici di malaria e per rinfrescare lo spazio. L’idea di progetto low tech proposta da IDOM, pone l’attenzione sugli aspetti tecnologici e compositivi, in relazione con il suo contesto: condizione climatica, capacità costruttiva, scarsità di risorse energetiche, integrazione con il luogo e l’identità locale. Questa intenzione, come abbiamo visto, ha reso l’idea di progetto declinabile e riproponibile, mantenendo costi di costruzione e manutenzione molto contenuti.

SISTEMI COSTRUTTIVI LOW TECH
IDOM intende gli edifici progettati “come una macchina perfetta, bella nella sua efficienza”; ogni elemento strutturale, tecnologico ed estetico è stato sempre messo in relazione con uno specifico contesto che certamente impone al funzionamento della “macchina perfetta” alcuni limiti da superare e occasioni da sfruttare. La totale mancanza di rete fognaria e la scarsità di risorse idriche disponibili, ha portato i progettisti a risolvere il problema, all’interno degli edifici, utilizzando sistemi antichi e tradizionalmente conosciuti, come il filtraggio delle acque e il sistema di bacini comunicanti per il contenimento delle acque e la crescita delle piante. Per il recupero delle acque piovane, canali esterni, rivestiti di basalto, convogliano le acque verso i bacini di raccolta; i canali consentono di ridurre la velocità delle acque e trattengono parte dei sedimenti. Le acque nere del campus, invece, vengono convogliate a un sistema di fanghi attivi che ne permette la depurazione; successivamente vengono immesse nei bacini di diffusione, piantumati con vegetazione locale; i bacini sono interconnessi tra loro per ovviare a un’eventuale saturazione. I fanghi di depurazione vengono utilizzati come fertilizzante agricolo. Anche i sistemi costruttivi delle parti non a secco degli edifici tengono conto del contesto e sono progettati per poter essere eseguiti dalle maestranze locali, avvalendosi delle loro conoscenze. In Saint Louis, tutte le facciate sono eseguite da mano d’opera locale, in blocchi di cemento, fabbricati in cantiere e spruzzati con un singolo strato di malta, che ne conferisce l’aspetto scabro. Anche la facciata sud, in Bambey, è composta da elementi prefabbricati in opera, con manodopera locale: “ i 20.000 pezzi di cemento, di dimensioni simili a un blocco di cemento convenzionale, sono stati costruiti manualmente in loco per mezzo di uno stampo in acciaio inossidabile e quindi asciugati all’aria. La costruzione dei 2.000 mq del reticolo del prospetto sud ha impiegato oltre un centinaio di lavoratori di Bambey per 6 mesi”.

Scheda progetto
Località: Bambey, Boite Postale 30. Diourbel Region. Senegal
Committente: ACBEP, Ministry of Urbanism & Ministry of Higher Education, Dakar, Senegal
Progettista: IDOM , Bilbao Spain
Design: 2013-14
Lead architects: Avier Perez Uribarri, Federico Pardos Auber
Collaborating architect: Beatriz San Salvador Pico
Building engineering: Ana Robles, Joseba Andoni
Gross surface: 12,000 mq
Superficie: 4,200 mq
Completion project year: 2018
Photos:Francesco Pinton, Federico Pardos Auber
Text: Chiara Salvini

Arketipo 156, Low Tech, Maggio 2022