L’affacciarsi dell’idea di progetto del Museo Etnografico è come un’epifania: «Dopo aver buttato giù mille idee diverse - racconta Marcel Ferencz di NAPUR Architect Ldt -, una forza elementare mi aveva improvvisamente ghermito la mano e il cuore. È successo tutto così in fretta che quasi non sapevo cosa mi avesse preso. La mia mano cominciò a muoversi, e davanti a me si manifestò un’immagine che non avevo mai visto prima: una forza che saliva verso l’alto, piegando lo spazio. Avevo un disegno del progetto. Più tardi, quando mio padre arrivò e vide quello che avevo schizzato, disse soltanto: “Eccolo: il nuovo museo. Immediatamente fu realizzato un modellino: una striscia di tessuto sollevata alle due estremità e fissata con quattro viti a un pezzo di legno al centro del quale venne posato un bullone arrugginito per rimandare al Monumento della Rivoluzione del 1956, una preesistenza da conservare. Il volume del Museo etnografico assomiglia a un vassoio, a un arco rovesciato, a un libro squadernato o alle ali di un enorme uccello che spicca il volo. Lungo 300 metri e largo 50, i suoi lati corti agli estremi nord-ovest e sud-est si sollevano fino a 22 metri dal livello del suolo a formare due colline natural-artificiali praticabili. L’asse di simmetria del vassoio è alla quota zero, così da funzionare come portale di accesso ribaltato al Városliget, il Parco della Città, e si trova sul prolungamento virtuale del viale Városligeti fasor, che dal centro storico porta all’area di progetto. Il 60% del volume del museo, che contiene oltre 250.000 oggetti provenienti da tutto il mondo, in particolare dall’area dei Carpazi, è sotto il livello del suolo per due ragioni: la prima, spiega l’architetto Ferencz, è per seguire «le moderne raccomandazioni della scienza museale, secondo le quali gli spazi espositivi devono essere interrati per essere protetti dalla luce naturale»; la seconda è per mitigare l’impatto dell’edificio, che rimane comunque opera monumentale, seppur stemperata dalle due colline inerbate e curate a giardino. I due ingressi principali al museo sono collocati al piano terra, sui lati corti del corpo di fabbrica, ognuno sotto una soletta in cemento armato, inclinata e ad andamento curvilineo, che si getta a sbalzo per 12 metri, ragione per la quale i progettisti hanno deciso di ricorrere a una struttura post-tesa, soluzione di solito impiegata nella realizzazione di ponti. Dal lato nord-ovest si accede alla hall di ingresso del museo etnografico dove si trovano il centro visitatori e un bar-ristorante; dal lato sud-est si accede alla seconda hall di ingresso, dove ci sono un bookshop e un negozio.

I due accessi, posizionati sotto le colline divise dalla piazza, sono collegati internamente da un’unica scalinata che scende dolcemente nel piano interrato seguendo il profilo ad arco rovesciato del volume del museo e dilatandosi e restringendosi in funzione degli spazi attraversati: essa è la spina di distribuzione a tutte le aree del piano interrato, dove si trovano gli spazi espositivi permanenti (con una superficie di 3.650 mq circa) e per mostre temporanee (con una superficie di 2.100 mq circa), un museo interattivo e una sala proiezioni, oltre agli spazi per lo stoccaggio e la manutenzione/restauro degli oggetti da esporre. Gli altri spazi del museo contenuti sotto le colline sono divisi. Al primo piano della collina nord-ovest si trova il museo per i bambini; al secondo, una sala per conferenze e una per incontri, oltre a uno spazio per il catering. Nella collina sud-est il primo piano è occupato prevalentemente da uffici e da un caffè, mentre il secondo da una biblioteca. Dalla piazza è possibile accedere attraverso due rampe rispettivamente alle hall del museo etnografico della collina nord-ovest e di quella sud-est. Dalle colline, salendo delle scale ritagliate nel verde, si accede direttamente al museo per i bambini, alla sala per conferenze e al bar-caffè, evitando così di dover entrare nelle hall del piano terra. Le facciate del museo sono rivestite con 2.000 griglie di alluminio tagliate al laser, disposte su otto fasce agganciate a una retrostante struttura a traliccio, nelle cui maglie quadrate sono sati inseriti da un robot all’incirca mezzo milione di “pixel” cubici che disegnano, stilizzati e semplificati, una serie di motivi decorativi ricavati dalle forme e dalle caratteristiche decorative degli oggetti ricamati, intrecciati, filati, intagliati, dipinti e incisi qui ospitati: «le griglie - spiega Marcel Ferencz - avvolgono e rivestono l’edificio come un arazzo intessuto dalla cultura ungherese e mondiale», capace di anticipare in modo astratto i manufatti ospitati nelle sale del museo. Le decorazioni pixellate provengono da 20 motivi etnografici ungheresi e da 20 internazionali. Gli elementi della fascia superiore, per esempio, sono tratti da disegni traforati presenti nei modelli di tessitura ungheresi, in una tazza africana di legno intagliato e in gioielli di tartaruga provenienti dall’Oceania.

La fascia inferiore presenta l’incisione di una cassapanca in legno, la decorazione ad applique utilizzata sugli stivali della regione dell’Amur (Russia), l’intarsio in cera di uno specchio della Transdanubia e una borsa intrecciata del Venezuela. Le altre fasce del reticolo sono scandite da una maschera congolese, una tovaglia del Camerun, un grembiule croato, guanti estoni, un uovo decorato della Vojvodina, un fazzoletto da sposa del testimone di Kalotaszeg e un mantello da sciamano mongolo. Il Museo etnografico, aperto al pubblico il 23 maggio 2022, è stato realizzato nell’ambito di Liget Budapest Project, un progetto di sviluppo urbano approvato nel 2018 che prevedeva, oltre alla risistemazione del Parco della Città e al potenziamento delle strutture ricreative e per il tempo libero esistenti, la ristrutturazione e la costruzione di nuovi edifici destinati a ospitare diverse istituzioni culturali nazionali. Tra gli interventi erano previsti la ristrutturazione del Museo delle belle arti, del Museo dei trasporti e della tecnologia e della casa di Olof Palme (un padiglione costruito per l’Esposizione Millenaria del 1896), in seguito la realizzazione del Museo etnografico, del Museo di fotografia, del Museo di architettura, della Casa della musica ungherese (realizzato su progetto di Sou Fujimoto) e della Galleria nazionale (concorso vinto da SANAA), oltre all’ampliamento dello Zoo. Nelle intenzioni del Liget Budapest Project, il Városliget continuerà a soddisfare le esigenze ricreative della città e dei cittadini dei quartieri circostanti, densamente popolati, ma, allo stesso tempo, il parco rinnovato dovrebbe attirare fino a 1,5 milioni di visitatori in più all’anno - almeno secondo le stime sull’impatto del progetto riportate nello studio KPMG, A Liget Budapest Projekt mint kulturális és turisztikai beruházás hatása a nemzetgazdaságra (Budapest, 2014, https://ligetbudapest.hu/storage/61/29_lbp-projekt-kult.pdf) - e così migliorare la posizione di Budapest nel mercato turistico regionale e mondiale.

DUE GIARDINI PENSILI COME COPERTURA
Il Museo etnografico occupa l’area della piazza nota come Ötvenhatosok tere (ex piazza Felvonulási) - compresa fra il margine sud-ovest dello storico Városliget, il Parco della Città, e la trafficata Dózsa György út - che negli anni del regime comunista ospitava le parate militari e che successivamente fu destinata in parte a parcheggio per circa 1.500 macchine e in parte a piazza, nella quale nel 2006 fu eretto il Monumento alla rivoluzione del 1956. Il Monumento alla rivoluzione è un prisma inclinato a base triangolare composto da pilastri metallici convergenti a forma di cuneo. I pilastri di ferro crescono dall’altezza d’uomo fino a otto metri, essi simboleggiano gli ungheresi capaci di riunirsi per il bene dell’obiettivo comune. La punta del triangolo posta più in alto individua quasi la mezzeria della piazza in acciottolato, che è la copertura del piano interrato del museo e fa da ingresso al Parco della Città. Dai sui due lati le superfici si alzano a mo’ d’ali e formano due colline, definite da NAPUR Architect “giardini pensili”, di quasi 7.300 metri quadri, concepite come un’estensione del prato del Városliget e un’aggiunta di suolo permeabile laddove prima c’era un pavimento impermeabile di cubetti di basalto. Il tetto verde è del tipo estensivo, è stato ottenuto ricoprendolo con oltre tremila metri cubi di terriccio arricchito con speciali sostanze nutritive, in alcuni punti specifici ci sono anche arbusti e alberi di piccola taglia. Nei due giardini sono state piantate circa 1.500 piante, sette arbusti a foglia caduca, quasi 100 sempreverdi e circa 700 esemplari di erbe ornamentali. Le colline sono delimitate da un percorso anulare che nei punti più altri consente viste panoramiche verso Budapest e sul Parco della Città.

Scheda progetto
Project type: Museum
Area: 33,000 sqm (built area); 1,000,000 sqm (site area)
Design year: 2016-2018
Year of completion: 2022
Progetto: New Museum of Ethnography
Località: Városliget (City Park), Budapest, Hungary
Client: Városliget Zrt. (Benedek Gyorgyevics, the CEO of Városliget Zrt, Lajos Kemecsi, the director of the Museum of Ethnography László Baán, the project’s ministerial commissioner)
Architect: Napur Architect Ltd.
Principal architect: Marcel Ferencz
Design team: György Détári, Filó Gergely, Holyba Pál, Nyul Dávid, Grócz Csaba, Mészáros Mónika
Interior design: Czakó Építész Ltd.
Support structure: Exon 2000 Ltd. Szántó László
Building engineering: HVarC Ltd. Lucz Attila
Landscaping: Garten Studio Ltd.
General contractor: ZÁÉV Építőipari Zrt. and Magyar Építő Zrt.
Photos: Incze László

Arketipo 164, Green Towards Biophilia, aprile 2023