51N4E Skanderbeg Square, 2008–2017, Tirana, Albania ©Filip Dujardin

Il Padiglione Albania alla Biennale Architettura 2025 riflette sull’identità nazionale e sulla costruzione di una cultura architettonica in continua evoluzione, interpretando pienamente il tema Building Architecture Culture. In un paese segnato da transizioni storiche e sociali profonde, l’architettura diventa lente critica e motore di trasformazione.

L'Albania, giovane democrazia con una posizione strategica nel Mediterraneo, ha visto il proprio ambiente costruito influenzato da molteplici dominazioni – ottomana, italiana, comunista – e da un ricco intreccio culturale e religioso, ogni epoca ha lasciato un segno tangibile nel paesaggio architettonico. Dal 1992, la caduta del regime comunista ha segnato una frattura radicale con il passato; i cittadini privi di proprietà privata e di libertà d’espressione si ribellarono agli spazi pubblici e agli edifici di regime.

©Andrea Rossetti

Come ha ricordato Edi Rama, sindaco di Tirana dal 2000 al 2011 e oggi Primo Ministro, «fu un atto di riappropriazione dell’individualità: per dieci anni si è rivendicato lo spazio privato abbandonando quello pubblico. Questo ritorno all’individuo è stato molto traumatico». A trent’anni di distanza, l’Albania è ancora in transizione, sia da un punto di vista culturale, che sociale e architettonico. L’architettura, quindi, è divenuta uno strumento centrale per reinterpretare il rapporto tra spazio pubblico, memoria e modernità.

Building Architecture Culture

Waterfront Promenade Vlora_©XDGA-Matthias Van Rossen

Il padiglione si articola in tre sezioni che mostrano passato, presente e futuro del panorama architettonico albanese.

Nella prima sezione, due luoghi simbolo raccontano il dialogo tra potere, memoria e spazio urbano. Piazza Skanderbeg, nel cuore di Tirana, ha attraversato regimi e rinascite: da Kaiser Franz Josef Platz durante l’occupazione austro-ungarica, a Piazza Stalin nel periodo comunista, fino al suo restyling del 2017 a opera di 51N4E, che l’ha restituita alla cittadinanza. La Piramide di Tirana, ex mausoleo del dittatore Enver Hoxha, è stata invece trasformata da MVRDV in un centro giovanile e tecnologico, diventando simbolo di riappropriazione e adattamento.

Building Architecture Culture

La Piramide di Tirana, costruita nel 1988 per onorare il dittatore Enver Hoxha e progettata da un team guidato dalla figlia Pranvera Hoxha, fu l’edificio più costoso dell’Albania e un potente simbolo del regime comunista isolazionista. Dopo la caduta del comunismo, perse la sua funzione originaria e attraversò decenni di trasformazioni: da centro congressi a sede televisiva, da base NATO durante la guerra del Kosovo a discoteca, diventando un punto di riferimento per la cultura giovanile cittadina.

Negli anni 2010, il Partito Democratico guidato da Sali Berisha propose di demolirla per costruire un nuovo complesso parlamentare, definendola un’eredità scomoda del passato comunista. La proposta scatenò una forte reazione pubblica, culminata in una petizione nel 2011 che raccolse decine di migliaia di firme. Architetti, attivisti e cittadini la difesero come parte integrante del patrimonio storico e identitario del Paese.

La Piramide di Tirana, costruita nel 1988 in onore di Enver Hoxha e simbolo del regime comunista, ha vissuto molte vite: da centro congressi a base NATO, fino a diventare parte della cultura giovanile albanese. Negli anni 2010, una proposta di demolizione avanzata dal Partito Democratico suscitò un’ondata di protesta popolare che culminò in una petizione nel 2011 che raccolse decine di migliaia di firme. Architetti, attivisti e cittadini la difesero come parte integrante del patrimonio storico e identitario del Paese.

Con il ritorno al potere del Partito Socialista, il governo scelse di trasformarla anziché abbatterla. Nel 2017, lo studio olandese MVRDV ne ridisegnò gli interni, conservando la struttura originale e convertendola in un centro giovanile e tecnologico. Oggi la Piramide è simbolo della rinascita dell’Albania, della sua apertura e del dialogo tra passato e futuro.

Building Architecture Culture

In Building Architecture Culture vengono raccontate le storie di due luoghi pubblici importanti e di come l'architettura albanese navighi il proprio passato complesso accogliendo le possibilità del futuro.

Il presente della cultura architettonica albanese prende forma attraverso The Albanian Calls, un video saggio di Anneke Abhelakh e Konstanty Konopiński. Il film raccoglie interviste con oltre 50 architette e architetti attivi in Albania, esplorando il significato dell’essere progettisti in un contesto in continua definizione. Il lavoro si interroga sul ruolo dell’architetto, sulla relazione tra spazio pubblico e privato e sulla politicità implicita della disciplina. Il tutto, in sintonia con il tema Building Architecture Culture, è montato come una fluida call su Zoom, arricchita da materiali d’archivio che contestualizzano storicamente il discorso.

Il dialogo è intercalato da due film d'archivio dell'Archivio Nazionale del Cinema Albanese (AQSHF): Shqipëria Turistike di Mark Topallaj (1974), un’opera propagandistica volta ad attrarre turisti da paesi marxisti-leninisti durante l'isolamento; e Shqipëria 1991 di Xhovlin Hajati e Reiz Çiço (1991), che documenta il paese in quel preciso momento storico.

Kengo Kuma & Associates, Visitor Center, 2024, Butrint, Albania 

La terza sezione della mostra guarda al futuro dell’architettura in Albania attraverso una serie di visori stereoscopici. Nel 2004, su invito del sindaco Edi Rama e grazie al coinvolgimento di Elia Zenghelis (cofondatore di OMA e membro della giuria del concorso per il piano regolatore del 2003), il Berlage Institute contribuì con ricerche e proposte allo sviluppo urbano di Tirana.

Zenghelis (1937–2024) fu figura chiave nel promuovere un approccio critico e internazionale all’evoluzione della città. Il suo insegnamento, radicato nella coscienza storica e nell’urbanismo speculativo, incoraggiava a pensare l’architettura come atto formale e politico. Grazie al Berlage, molti studi oggi attivi a Tirana si conobbero e formarono lì.

I visori mostrano i lavori di 56 studi, ciascuno con 7 immagini di progetti realizzati in Albania. Una sorta di anteprima del volume The Albanian Files, in uscita nell’autunno 2025 per Lars Müller.

Building Architecture Culture

Oppenheim Architecture, College Of Europe, 2024, Tirana, Albania 

I 56 espositori sono: 51N4E; Aires Mateus e Associados; Álvaro Siza; Andrea Caputo; Anupama Kundoo Architects; Archea Associati; Archi-Tectonics; arquitectura G; Barozzi Veiga; baukuh; Benedetta Tagliabue - EMBT Architects; BIG; Bofill Taller de Arquitectura; BOLLES+WILSON; Camilo Rebelo; Casanova+Hernandez; CEBRA; Christian Kerez; CHYBIK + KRISTOF; CITYFÖRSTER; Coldefy; Davide Macullo Architects; DILLER SCOFIDIO + RENFRO; EAA Emre Arolat Architecture; Eduardo Souto De Moura; Elemental Architecture; Ensamble Studio; Estudi d'arquitectura Toni Gironès Saderra; GG-loop; Herzog & de Meuron; Kengo Kuma & Associates; KUEHN MALVEZZI; Lina Ghotmeh — Architecture; Luca Dini Design and Architecture; Mario Cucinella Architects; MASS STUDIES; MVRDV; NOA; Nuno Melo Sousa; OFFICE KGDVS; OMA; OODA; Oppenheim Architecture; RCR Arquitectes; Sam Chermayeff Office; SelgasCano; Shigeru Ban Architects + Jean de Gastines; Stefano Boeri Architetti; Steven Holl Architects; Studio Fuksas; Studio Gang; Studio Precht; Taller Hector Barroso; Toyo Ito & Associates Architects; XDGA; Yashar Architects.

Building Architecture Culture

casanova+hernandez architects, Marubi National Museum of Photography, Shkodra, Albania 

Elemento essenziale del Padiglione è il Public Program, coordinato da Andi Arifaj e Adonel Myzyri in collaborazione con KOOZARCH. Questo spazio di confronto riflette sulla dimensione collettiva della disciplina architettonica, estendendola oltre la pratica verso il dibattito culturale e accademico.

Building Architecture Culture si propone non solo come tema curatoriale, ma come piattaforma aperta per pensare e discutere la trasformazione della società attraverso l’architettura. Il programma proseguirà oltre la Biennale con un podcast dedicato.