Padiglione Philips a Bruxelles

LE CORBUSIER, PADIGLIONE PHILIPS, BRUXELLES (1957/58)

Testo di Enrico Sicignano
 
Il Padiglione Philips, a Bruxelles, progettato da Le Corbusier, ancora stupisce per la genialità dell'invenzione formale, suffragata da una soluzione tecnologica della copertura, arditissima per la particolarità dell'iter progettuale. Per l'Expo di Bruxelles nel 1958, la Philips si rivolge a Le Corbusier per il progetto del padiglione ove esporre il campionario dei suoi prodotti elettronici, in particolare quelli per il suono e la luce. Le Corbusier concepisce un involucro (avente i caratteri dell'effimero) esprimente la modernità degli intenti della Philips e, pertanto, decide di utilizzare la tecnologia dei gusci sospesi, delle volte ondulate. Ricevuto l'incarico Le Corbusier affermò: 'Non farò un edificio ma un poema elettronico in cui colore, immagini, ritmo, suono e architettura verranno a fondersi in tal modo che il pubblico resterà del tutto soggiogato da quanto la Philips fa'. 'Commissionata una macchina espositiva all'inventore della `machine à habiter', la Philips ricevette due anni dopo un poema che esaltava il fenomeno plastico attraversando la metafora organica'[1].

Lo studio analitico del padiglione venne condotto da Yannis Xenakis che, partendo dalle formulazioni architettoniche di base di Le Corbusier svolse un attento itinerario di ricerca riguardante la costruzione geometrica del manufatto. In un susseguirsi di schizzi, di annotazioni, sui conoidi, sui paraboloidi iperbolici, giunse alla soluzione definitiva adottando gusci sottili autoportanti di cui si studiarono i comportamenti nella realtà con due modelli in scala per valutare le deformazioni dovute ai carichi accidentali e per simulare il comportamento della messa in opera. La costruzione del padiglione 'si articola su un sistema di superfici a sella: tre `colli' le cui pendici si risolvono armoniosamente le une nelle altre. Le tre sommità sono alte rispettivamente m. 20, 18,50 e 13; la larghezza massima del complesso è di 25 metri. Su una superficie di mq. 500 si raggiunge una cubatura di circa 4.000 mc. Il metodo di costruzione seguito rende possibile la copertura dello spazio senza appoggi supplementari interni'[2].

Reso funzionale, la fruizione del padiglione era quanto mai anomala: Le Corbusier invita un musicista e lo incarica di allestire un 'torrente elettronico'. 'La composizione sonora fu poi visualizzata attraverso fotografie, quadri astratti, filmati a colori proiettati sulle pareti ricurve di uno spazio `indicibile'. (') Piegata a questo fine, l'architettura perde i suoi connotati: lo spazio formato dai paraboloidi iperbolici, nell'ossessione dei colori e dei suoni, sconfigge la sua entità, diviene un contenente per il cinerama, incomprensibile al di fuori dello spettacolo'[3] .
 
Note
[1] A. Capanna, Il Padiglione Philips a Bruxelles, Torino, 2000, p.. 18.
[2] Redazionale, Padiglione della Philips all'Esposizione di Bruxelles, in 'L'Architettura, cronache e storia, n. 29, marzo 1958, p. 781.
[3] B. Zevi, Le Corbusier elettronico, in 'Cronache di architettura', vol. III, Bari, 1971, pp. 251-254.

Bibliografia:
Redazionale, Padiglione della Philips all'Esposizione di Bruxelles, in «L'Architettura, cronache e storia», n. 29, marzo 1958.
Alessandra Capanna, Padiglione Philips a Bruxelles, Torino, 2000.

Sezione longitudinale e proposte costruttive iniziali

Sezione longitudinale e proposte costruttive iniziali

Veduta esterna

Veduta esterna