L’area del Parco Archeologico rappresenta il trait d’union tra la città e i siti legati alla sua memoria. Nel progetto dello Studio FaseModus si articolano i temi della tutela, della valorizzazione e della promozione, con l’obiettivo di restituire alla collettività, all’interno di uno spazio aperto facilmente fruibile, larga parte delle testimonianze archeologiche, monumentali e documentali delle complesse vicende passate. Un intervento di rigenerazione promosso dal comune di Lodi Vecchio e finanziato dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo nel quadro del piano strategico “Grandi Progetti Beni Culturali” che integra temi che vanno dall’ambiente al recupero del patrimonio testimoniale, al design biofilico.

La storia di Laus Pompeia, centro probabilmente di origine celtica, è quella di un fiorente municipium romano e importante insediamento nel primo medioevo distrutto per ben due volte dai Milanesi - nel 1111 e nel 1158 - per essere poi oggetto di un capillare spoglio per la costruzione della nuova Lodi. Al centro della Provincia di Lodi, è all’interno di una fitta trama di memorie e percorsi che legano il sito dal punto di vista ambientale, della mobilità dolce e dei percorsi turistico-culturali a una vasta area che dal nord dell’area metropolitana milanese arriva fino al Po: numerosi percorsi cicloturistici in sede propria o su strade bianche trovano come punto di recapito il Parco Archeologico che, con la Basilica romana di San Bassiano e il complesso museale di Corte Bassa, costituiscono una importante polarità turistico-culturale. Oltre a ricoprire un ruolo centrale nella geografia del territorio lodigiano tra due corridoi ambientali di rilevanza regionale che si sviluppano lungo i fiumi Lambro e Adda, il sito archeologico rappresenta uno dei punti nevralgici nel panorama culturale della zona rappresentando la porta d’ingresso di un sistema museale più ampio, composto da siti archeologici, edifici storici e musei, integrati in un circuito unitario che lo collega alla città di Lodi.

L’area del Parco si sviluppa su una superficie di circa 15.000 mq, sulla quale sono presenti tre edifici posti in prossimità degli scavi archeologici della basilica di Santa Maria che occupano una superficie di circa 2.000 mq.
Il primo immobile - ultimato negli anni scorsi da FaseModus - è ricavato dal riuso di una antica stalla che mantiene intatti i propri caratteri formali e materiali e ospita il Museo Archeologico disposto su due piani per una superficie complessiva di circa 1.000 mq.
Il secondo, il Conventino, posto a ovest, è stato oggetto di interventi di risanamento conservativo ultimati nel 2007 e ospita oggi mostre temporanee ed eventi culturali.
Il terzo immobile - probabilmente antica sede del vescovado come testimoniato da tracce di uno stemma cardinalizio sul fronte principale - è attestato sulla colonna absidale della Basilica: usata come casa padronale del complesso cascinale di Corte Bassa è attualmente in avanzato stato di degrado e sarà oggetto di riqualificazione insieme ai ruderi dei rustici superstiti. L’ampio spazio aperto a sud, infine, si presenta come un’area incolta con alcuni accumuli di terreno e una leggera depressione occupata da bassa vegetazione spontanea.

Il progetto del Parco Archeologico di Laus Pompeia è l’ultima fase di un processo di costruzione di significati e di luoghi avviato da più di mezzo secolo: dai primi scavi degli anni ’50 alla condivisione da parte della cittadinanza del valore che assume per dare forma alla città. Da cascina a sito archeologico quindi polo culturale, la forza e la densità di segni e memorie riassunti all’interno del Parco evidenziano i legami che intercorrono tra valorizzazione e multifunzionalità.
È facilmente riconoscibile la pluralità del luogo, dove manufatti e reperti nel tempo hanno mutato la propria forma fisica e le proprie funzioni: una ricchezza che è il risultato di molteplicità di relazioni tra le parti e con il contesto - che sia città o campagna.
Da una parte questa dimensione temporale conferisce al progetto un carattere aperto negli usi degli spazi e degli edifici; dall’altra, la qualità formale dello spazio si coniuga a significati e usi sociali, rilevanti per la vita delle persone che lo fruiranno rendendolo un luogo unico.

La ri-costruzione della natura ha un ruolo chiave nel rapporto con il paesaggio offerto dalle vestigia di questo luogo. Camus scrisse “in questa unione di ruderi e della primavera, i ruderi sono tornati a essere pietra e, perduto il lustro imposto dall’uomo, sono rientrati nella natura”: le tracce e i manufatti dell’uomo che qui si sono sovrapposti, con l’introduzione della natura nelle cifre del progetto, acquisiscono una ulteriore, vitale, dimensione temporale che è quella propria dei cicli della natura.
Per non cancellare questi molteplici segni, il progetto ha previsto interventi minimi che arricchiscono i luoghi di un lessico contemporaneo fatto di elementi coerenti che dialogano con quelli ereditati. Non si costruiscono volumi ma si introducono punti di vista privilegiati in grado di condizionare e orientare la visione per costruire la narrazione del luogo con un atteggiamento progettuale che ha la dimensione dell’allestimento in un territorio intermedio tra l’architettura e il design.

Il Parco, con l’offerta di una nuova area verde urbana e di percorsi tangenti agli scavi e ai reperti, costituisce il tessuto connettivo del complesso dei servizi esistenti e di quelli predisposti all’interno della Casa Padronale. Il progetto dello spazio aperto si può descrivere meglio articolandolo secondo due traiettorie che si incrociano continuamente scambiandosi reciprocamente significati e valori in modo sinergico: quella di un “turista culturale” alla scoperta della storia di Laus e quella della società che lo abiterà quotidianamente.
La prima, la dimensione culturale dell’intervento, sviluppa la narrazione di Laus Pompeia attorno ai reperti, agli scavi e al percorso museale e partecipa al sistema dei luoghi centrali della città attraverso Piazza S. Maria. Superato l’ingresso, nello spazio aperto verde accessibile dal profondo portico della stalla-biblioteca, il percorso si arricchisce di ulteriori visioni “sul campo” in corrispondenza delle fondamenta della Basilica e dei ritrovamenti delle ultime campagne di scavi tra cui i suggestivi resti di una strada romana urbana, con il suo sistema interrato di smaltimento delle acque. Tangente a tutti questi elementi e resti archeologici “parlanti”, un percorso attestato sul fronte meridionale della casa padronale e lungo gli scavi, collega il Conventino a questi spazi aperti densi di segni e di memorie.

Oltre le Case Coloniche, verso l’aia e la campagna, gli interventi si fanno più diradati in un dialogo serrato con la campagna circostante, con l’acqua e con la vicina Basilica Romanica di San Bassiano. Il significato di questo spazio ne connota i caratteri: un brano di campagna che anticipa i luoghi della memoria di Laus Pompeia e che quindi può essere usato come luogo di gioco, di osservazione, di sosta. I segni tangibili della storia sono il fondale di usi più legati al tempo libero e alla partecipazione alla natura, un parco “per i piedi” percorribile nei modi più liberi piuttosto che un giardino per lo sguardo.
Elementi come clima, aria, suolo e acqua entrano a far parte del progetto come materia costitutiva delle scelte, tutte impostate esclusivamente su criteri di sostenibilità a più livelli, e che vogliono rappresentare un modello a cui attingere anche per futuri interventi. Le azioni previste sono indirizzate verso l’autosufficienza dal punto di vista energetico e mirano a contribuire alla riduzione delle emissioni in atmosfera.

Essenze autoctone per valorizzare le specificità del territorio; assenza di sostanze chimiche nella manutenzione e piante mellifere per sostenere le preziose api, che sono indispensabile indicatore di ecosistemi sani; pavimentazioni drenanti e creazione di un rain garden per la corretta gestione delle acque piovane; vegetazione igrofila con alta capacità di depurazione dell’acqua; illuminazione con accorgimenti volti alla riduzione dei consumi energetici; elementi di arredo in materiale riciclato e riciclabile per sviluppare l’abitudine alle buone pratiche partendo dai luoghi pubblici.
L’obiettivo è quello di rappresentare il collegamento con il passato e con il futuro ricucendo il legame con la Natura e la società, fornendo spunti di riflessione e di consapevolezza agli individui che ne usufruiscono. L’intervento è interpretato in chiave “biofilica”, cioè in modo tale da garantire benessere psicofisico applicando quegli accorgimenti che, sostenendo il rapporto tra Uomo e Natura, coinvolgono i sensi e supportano uno stato emozionale positivo. Luce, viste, colori, materiali e patterns naturali caratterizzeranno i nuovi ambienti aperti alla collettività per garantire una maggiore sensazione di benessere e creatività.

La componente della vegetazione è organizzata secondo funzioni compositive dello spazio aperto. Sono riconosciuti elementi vegetali con la funzione di verde di margine che media il rapporto con lo spazio della sosta e il parco; verde di filtro sviluppato lungo il lato est dove si affacciano le residenze, verde idrofilo distribuito lungo la roggia Dentina, i green dots - punti focali- distribuiti nel parco, il green field - lo spazio verde libero - con la funzione di unire e legare tutti gli elementi del parco, verde d’ombra lungo le ciclovie.
Il progetto impiega materiali ecocompatibili e naturali con criteri di selezione concentrati sulla loro assoluta atossicità nell’intero ciclo di vita (quindi nelle fasi di produzione, utilizzo, dismissione), con una particolare attenzione ai prodotti innovativi e che rispettino i principi dell’economia circolare.

Lo spazio aperto, la parte più rilevante dell’intervento per estensione, ha il ruolo di collocare gli immobili e connetterli in un unitario sistema fruitivo. Saranno presenti punti di osservazione privilegiati che, grazie anche alla realtà aumentata, permetteranno di traguardare lo skyline nello spazio dell’aspetto ricostruito della città romana (il foro, il teatro e l’anfiteatro) e di quella medievale (la basilica). La narrazione avverrà attraverso apparati didascalici integrati nell’allestimento del Parco legati ai resti visibili e alle ricostruzioni materiali, alla complessa vicenda dei luoghi. Gli scavi della Basilica, percorribili, potranno ospitare rappresentazioni e spettacoli integrando il fronte di scavo con spalti in erba.

Il valore testimoniale della casa padronale e della colonna absidale hanno indirizzato la progettazione verso un atteggiamento che chiarisce il nuovo ruolo conferito all’immobile senza intaccarne gli elementi costruttivi connotanti. L’intervento si identifica come restauro dei brani di pregio unito a risanamento conservativo e ristrutturazione atti a salvaguardare la consistenza e la forma dei volumi principali da coniugarsi a un adeguamento tecnologico consono alle nuove attività per le quali si predispone l’immobile. Ulteriore elemento qualificante il programma consiste nel garantire il più alto livello di accessibilità di tutti gli spazi per persone diversamente abili o anche impedite alle quali è garantita la completa fruibilità.

Il tema dei collegamenti verticali diventa rilevante funzionalmente e risolto attraverso l’introduzione di un elemento leggibile nel contesto dei ruderi. La soluzione proposta prevede la giustapposizione delle rampe alla struttura principale all’interno del sedime delle case coloniche. La sua natura di “volume vuoto” affiancato ai pieni delle case coloniche e della Casa Padronale, condivide l’attitudine architettonica già introdotta nell’edificio della stalla-museo: per materiali e per rapporto con l’esistente l’intervento nella sua leggerezza è un “innesto minimo”, seppur non mimetico, nei rapporti con le murature circostanti.
La lettura del contesto e il programma d’intervento si coniugano ulteriormente nell’intervento sullo spazio derivato dalle murature superstiti delle case coloniche. Le “stanze” a cielo aperto formate dalle murature principali saranno percorribili fisicamente e percettivamente in più direzioni conferendo a questi spazi grande versatilità.

Una lenta rampa pedonale attraversa questi spazi costruiti con la funzione primaria di collegamento verticale alternativo alle scale e consolidamento delle murature. Il suo andamento è però tale da offrire uno spostamento significativo dei punti di vista sul parco archeologico: una “promenade architucturaleche modifica i meccanismi percettivi e i consueti rapporti tra l’osservatore e i reperti. È previsto il risanamento dei locali interni attraverso interventi isolamento e ripristino delle murature e delle strutture verticali esistenti in mattoni cotti pieni per ovviare agli effetti derivanti dalle risalite capillari della umidità.

I solai saranno oggetto di consolidamento riproponendo l’originale schema statico e utilizzando elementi lignei ove possibile recuperati dalle preesistenze e integrate da assiti ed elementi collaboranti tali da conferire le adeguate prestazioni antisismiche a tutto il manufatto. Al piano terra e al piano primo è prevista l’integrazione delle murature esistenti con un paramento in pannelli di pura cellulosa e gesso a formare una camera d’aria e inserire uno strato coibente in fibre vegetali.
Delle strutture che verranno conservate si punterà alla valorizzazione delle caratteristiche superficiali esistenti: dalle stratificazioni di intonaco e finiture di diverse epoche alle sovrapposizioni di metodologie costruttive delle cortine murarie, dal recupero della “Colonna Romana” al riordino dei resti di strutture in muratura sul fronte meridionale.