Si sono concluse, con l’apertura al pubblico, le opere di riqualificazione e valorizzazione funzionale del Parco Archeologico Regionale di Kamarina, coordinate, con la Direzione lavori, dalla Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali di Ragusa. Il progetto è stato sviluppato dal Raggruppamento, guidato dall’architetto Fabrizio Bianchetti.
Il sito Archeologico di Kamarina appare come uno dei più rilevanti dell’intera area siciliana.
Come più volte sottolineato dai grandi studiosi che negli ultimi due secoli si sono occupati di Kamarina, il territorio di questa colonia greca ha un'eccezionale importanza per la storia del Mediterraneo occidentale, poiché rappresenta il momento culminante dell'espansione siracusana nel territorio della Sicilia sud - orientale in epoca arcaica e costituisce la testimonianza più rilevante del fenomeno di acculturazione del mondo indigeno dell'entroterra. A Kamarina l'abbandono del sito, dall'età imperiale fino a oggi, ha permesso di eseguirvi scavi in estensione, impossibili altrove, dove l'abitato ha continuato a esistere fino a oggi. I risultati di queste campagne di ricerca, oltre ad aver messo in luce l'area urbana, hanno dato modo di capire l'organizzazione delle necropoli e l'utilizzo e l'organizzazione a scopi produttivi de territorio agricolo al di là delle mura. Il parco archeologico da tempo presente in loco necessitava di un’importante opera di riorganizzazione funzionale e di valorizzazione della propria immagine e fruibilità. A questo scopo la Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali di Ragusa ha indetto una gara, con la formula dell’appalto integrato, per individuare le migliori soluzioni.
Il progetto del Raggruppamento guidato da BianchettiArchitettura si è aggiudicato la gara proponendo una soluzione che si configura come un insieme di tecniche volte al miglioramento della condizioni di visitabilità dell’intera area archeologica di Kamarina, alla sua valorizzazione all’interno di un circuito culturale più ampio che interessa l’intero Polo museale ragusano, nell’intento di rivolgersi a un pubblico ampio di fruitori interessati sia al valore archeologico dell’area sia alla sue caratteristiche di enorme pregio paesaggistico.

La notevole estensione dell'area del Parco ha imposto, tuttavia, di operare delle scelte, finalizzate, da un lato, al miglioramento della visita da un punto di vista funzionale, dall'altro alla ricomposizione didattica di episodi architettonici peculiari: l'esigenza, infatti, di sostituire le coperture archeologiche dell'area delle stoà, che risultavano inefficaci, data la vetustà, ha indotto a operare una riprogettazione delle stesse rivestendole, oltre che di una funzionalità mirata a garantire la massima protezione delle emergenze archeologiche, anche di un significato evocativo e formale, che individui con chiarezza le aree di sedime delle stoà, attraverso la riproposizione delle teste di entrambi gli edifici, i rapporti dimensionali e formali antichi, suggeriti tramite la trasposizione degli elementi della grammatica architettonica antica. Le sale espositive, che accolgono i visitatori all’ingresso del parco, sono, inoltre, completamente riviste in funzione di un nuovo allestimento che integra i reperti storici esposti e le informazioni grafiche in un “percorso narrativo” in grado di coinvolgere il visitatore in un affascinante “cammino dentro la storia”. L’integrazione delle testimonianze archeologiche e la loro ricostruzione virtuale permette al visitatore di percepire l’antico spazio architettonico, non solo in modo suggestivo, ma anche in modo critico. L'area è dotata di un percorso di collegamento tra il Museo Archeologico e la zona dell'agorà. Il progetto ha previsto di riqualificare il percorso esistente, ampliandone l'accessibilità mediante il raccordo con leggere rampe che consentano una frequentazione senza barriere e di segnare nell'area dell'agorà una traccia al suolo, che oltre a fornire la possibilità di una visita ampliata e “guidata”, ne definisca meglio la geometria conclusa dell’ampio ambito, altrimenti di difficile lettura: la geometria di tali camminamenti è stata ridotta il più possibile in modo da impattare il meno possibile sul contesto archeologico già consolidato e impiegherà terre stabilizzate. L’area archeologica è attrezzata con una fornitura di arredi e di sistemi informativi per l’esterno, utilizzando sempre materiali e tecnologia attente alla compatibilità ambientale del sito, e in particolare l'acciaio autopassivante S275JRW (del tipo Corten) per le parti metalliche, al fine di assicurare una durevole resistenza nel tempo e alla aggressione degli agenti atmosferici.

La protezione archeologica e la restituzione volumetrica didattica “a fil di ferro” delle stoà hanno previsto la successione di differenti azioni: le prime di carattere preparatorio, volte alla riconduzione dei resti a una condizione di pulizia e protezione attiva, le successive a carattere di protezione passiva e ricomposizione spaziale, realizzate attraverso interventi architettonico-allestitivi, che si configurano come interventi strutturali speciali.
Le prime operazioni previste riguardano l'intento di ricostituire le caratteristiche strutturali delle apparecchiature murarie esistenti. I resti murari sono stati evidenziati con la procedura della marcatura (“lining-out”). Tale presentazione archeologica consiste in allineamenti di pietra che vengono realizzati sul terreno, al di sopra delle strutture archeologiche riseppellite riproducendo l'andamento delle strutture murarie e rendendo quindi visibile la planimetria generale degli edifici.

La scelta di operare il lining-out è funzionale a un ampliamento della fruizione e della comprensione tipologica degli ambienti archeologici. In un caso come quello della stoà di Kamarina, tale procedura si rivela particolarmente idonea ed efficace: una tipologia edilizia come questa, infatti, composta da ambienti scanditi da una successione regolare di apparecchi murari, vede nella serialità una delle caratteristiche morfologiche distintive, per cui un'ottica di eccessiva parzialità renderebbe estremamente difficile lettura. I resti dei corpi di fabbrica sono stati protetti da una sagoma architettonica leggera.
La protezione archeologica, che intende, per astrazione, ricomporre l'antica volumetria, imposta la propria impronta nella prima porzione della stoà. A chiudere idealmente le due lunghissime fabbriche antiche, i richiami volumetrici astratti istituiscono un confronto dimensionale nel luogo di maggiore prossimità tra le stoà. L'approfondimento tecnologico per la realizzazione dei corpi di fabbrica ha portato a uno studio strutturale approfondito finalizzato a minimizzare le dimensioni della struttura stessa ma ad assicurare, nel contempo, una resistenza all'incidenza del vento e alle azioni sismiche.

La scelta di non completare per intero la restituzione delle fabbriche antiche deriva considerazione di varia natura: da un lato c’è l’intento di andare a incidere nella misura minore possibile sul contesto paesaggistico, per quanto tali allestimenti risulteranno estremamente eterei, dall’altro di intaccare limitatamente il suolo. In particolare l’allestimento si limiterà a rimarcare le aree emerse dallo scavo archeologico, evitando di incidere sulle strutture ancora non riemerse. Le porzioni protette da nuove coperture archeologiche sono costituite da capriate metalliche a doppia falda, oggetto di un attento studio di re-design al fine rendere ancor più "snelle". Le capriate sono formate da due travi inclinate unite da tiranti in cavi d'acciaio inox, la copertura è realizzata con una doppia lastra di vetro stratificato del tipo Suncool che pur in presenza di lastre extra chiare assicurano un elevato controllo della radiazione solare. Le lastre adottano un coating magnetronico che permette un efficiente controllo della radiazione solare lasciando la possibilità di utilizzare, quindi, la superficie trasparente a tutto vantaggio della luminosità e favorendo l'inserimento della struttura nel contesto archeologico. Le lastre, inoltre, del tipo stratificato con inserto plastico in PVB risultano particolarmente efficaci e sicure in caso di rottura impedendo che i frammenti cadano verso il basso. Tali lastre sono montate come grandi tegole - allusione moderna di quelle antiche - che permetteranno la costante fuoriuscita di aria calda verso l’alto tra un filare e l’alto e in corrispondenza del colmo.

Il progetto ha previsto, oltre alla rifacimento degli impianti, la sistemazione e il risanamento del corpo di fabbrica ove è contenuta la parte museale. La sistemazione del "contenitore" edilizio è operata nel rispetto dell'immagine come pervenuta, mentre il progetto dell'allestimento marca una distinzione dalle murature d'ambito. In altre parole il "contenuto" è volutamente distinto dal contenitore attraverso il posizionamento ruotato del percorso espositivo e mediante l'adozione di diversificati trattamenti superficiali e cromatici. Pur operando con un linguaggio architettonico sobrio e rispettoso, per non prevaricare il valore dei reperti esposti, l'allestimento stabilisce un dialettico confronto con l'edificio che lo ospita al fine di valorizzare le reciproche differenze.
Lungo le aree di esposizione si sono realizzate delle nuove pareti a secco che costituiscono, oltre al supporto per le integrazioni impiantistiche e d'illuminazione dell'ambiente, la superficie narrativa dell'esposizione. La parete “nastro” è inoltre completata da una parte attrezzata in cui esporre, con diversificate modalità e materiali, targhe, insegne, immagini retro-illuminate o reperti utili alla comprensione del racconto. L'area espositiva è quindi caratterizzata dalle pareti narrative che supportano le vetrine destinate alla presentazione dei reperti. Sulle pareti sono rappresentate graficamente simbologie attinenti alla trattazione esposta; mentre diversificate nicchie, teche o vetrine espongono i reperti selezionati. La costruzione delle pareti è eseguita con tecnologie a secco, al fine di privilegiare la reversibilità dell'intervento in sintonia con le più consolidata esperienza di allestimento museale, e di adatteranno per spessori e dimensioni alle diversificate esigenze di allestimento. La soluzione adottata integra, inoltre, nelle pareti le dotazioni tecnologiche, impiantistiche, acustiche e illuminotecniche, nascondendole pertanto alla vista a tutto vantaggio della percezione dei reperti esposti e della qualità formale del museo.

Scheda progetto
Progetto: riqualificazione e valorizzazione funzionale del parco archeologico regionale di Kamarina (Rg)
Committente: Soprintendenza ai Beni Culturali e Architettonici di Ragusa
Soprintendente: dott. Antonio De Marco
Direttore lavori: arch. Domenico Buzzone (Soprintendenza BCeA, RG)
Progettazione Definitiva ed Esecutiva:  BIANCHETTIARCHITETTURA SA (arch. Fabrizio Bianchetti, arch. Gabriele Medina) - Capogruppo; Kruna Studio (arch. Antonio Buscema, arch. Giovanni Cavalieri); ing. Stefano Rossi; ing. Giuseppe Firullo
Realizzazione: Consorzio Artigiano Romagnolo Soc.coop. - Capogruppo: Renova Restauri srl; I.RE.Ma di Blundo Antonio; Telecom Italia spa
Progetto preliminare a base di gara: INVITALIA-Agenzia per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa spa