Intervista – Estetica, tecnologia e produzione artigianale, nonostante i grandi numeri imposti dal mercato: così si rafforza il marchio italiano secondo l'ad Alberto Alessi

Brand che in tutto il mondo è sinonimo di ricerca progettuale, Alessi continua a fare la storia del design italiano. Un asset di successo, che implica anche una gran responsabilità da difendere e portare avanti, declinandola nelle strategie di prodotto e marketing, come sottolinea Alberto Alessi, amministratore delegato dell'azienda.

Qual è il filo conduttore del design Alessi?
Alessi è una delle aziende in cui trova espressione un fenomeno tipico della cultura industriale italiana, quello delle “Fabbriche del design italiano” o, come le ha definite Alessandro Mendini, delle “Fabbriche estetiche”. Spesso mi chiedono come mai, con un numero così elevato d'autori in catalogo, e tanto diversi tra loro, sembra tuttavia esserci un filo conduttore che accomuna i nostri oggetti. Penso che questo filo sia rappresentato dal progetto culturale che sta alla base della nostra attività, partendo dalla consapevolezza di essere degli eredi spirituali dei movimenti che nel passato hanno fatto la storia delle Arti applicate: dalle Arts & Grafts di metà ottocento in Inghilterra al Deutscher Werkbund tedesco, al Bauhaus. A differenza delle industrie che producono in grandi serie (come automobili, frigoriferi, televisori), le quali hanno del design un'interpretazione riduttiva, classificandolo come uno dei tanti strumenti a disposizione della tecnologia o del marketing, noi pensiamo che il design sia una disciplina creativa globale. Una matrice squisitamente artistica e poetica, che presiede alla creazione degli oggetti prodotti dall'industria: insomma una nuova forma di arte contemporanea.

Esiste una sensibilità diffusa nei confronti dell'innovazione progettuale (e in quali paesi in particolare)?
Certo, esistono ancora grandi differenze nella sensibilità diffusa del pubblico nei riguardi del design nelle diverse parti del mondo ma, almeno parlando dei quattro decenni nei quali io ho operato, queste differenze tendono a ridursi inequivocabilmente. Poi si deve dire che in Europa esiste una sensibilità più diffusa in molti strati sociali, mentre per esempio negli Stati Uniti il design è ancora una merce d'estrema élite, e nei paesi del Far East o dell'Europa orientale è spesso una questione di status symbol. Ma l'esperienza del nostro lavoro, mi ha insegnato che le persone si servono degli oggetti anche per tentare di soddisfare un profondo desiderio nascosto d'arte e poesia. Un bisogno che emerge prepotentemente dalla società (e dal mercato) e che l'industria, in fondo, non ha ancora capito.

Con quali strumenti si può aumentare la visibilità del marchio?
Per quanto mi riguarda, cercando di produrre del design sempre eccellente, anche accentuando la collaborazione con progettisti locali nei diversi paesi. E infine, aprendo negozi Alessi monomarca (al momento sono una ventina) nei paesi più promettenti.
Con Alessi hanno collaborato le più prestigiose firme del design internazionale.

Com'è possibile filtrare sensibilità diverse attraverso un gusto italiano?
Allora la domanda potrebbe essere: come mai se uno cerca, per esempio, il miglior design francese, deve per forza aprire le pagine di un catalogo italiano? A mio parere, la ragione va proprio cercata nella nostra natura di laboratori di ricerca nel campo del design, cioè di mediatori estetici, organismi insieme di ricerca e produzione del miglior design contemporaneo, non importa da quale cultura nazionale provenga, grazie a questa speciale abilità di mediazione che ritengo, almeno finora, ineguagliabile a livello mondiale.

Quali sono, in questo momento, i valori che caratterizzano il marchio Alessi nel mondo?
Devo aggiungere che ancora oggi, Alessi continua a essere sinonimo di oggetti artigianali, realizzati con l'aiuto delle macchine: voglio dire che, anche se i nostri strumenti di lavoro sono contemporanei e industriali, la nostra pratica profonda è rimasta artigianale.

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