Progettare all’interno di uno dei principali e vincolati edifici monumentali francesi, a distanza di più di un secolo dalla sua inaugurazione, uno spazio che era stato previsto e mai realizzato dal suo autore è un fatto unico nel suo genere. L’Opéra Garnier, costruita per volontà di Napoleone III dal giovane Charles Garnier, venne inaugurata nel 1875. La lunga durata dei lavori si deve, oltre alla discontinuità nei finanziamenti, alle diverse sfide tecniche che si dovettero risolvere, tra cui l’impermeabilizzazione degli spazi interrati a causa della vicinanza della falda, ma anche la sua struttura portante. L’Opéra ha la struttura portante di acciaio; la pietra calcarea francese che, in modo omogeneo, si vede in muri, pilastri e volte è in realtà solo un rivestimento che realizza intercapedini in cui passa tutta l’impiantistica. Quando a Odile Decq è stato proposto il progetto di costruzione del ristorante, è partita dal sito e dai suoi particolarissimi vincoli. Inserire un nuovo spazio dentro l’Opéra Garnier significa, prima di tutto, rispettare le forti limitazioni a tutela di un edificio classificato come Monumento Storico: impossibilità di toccare tutti gli elementi di pietra esistenti al fine di assicurare la totale reversibilità dell’intervento. Il ristorante era stato previsto all’interno della rotunda est dell’Opéra, uno spazio originariamente aperto e riservato agli abbonati del teatro, che vi giungevano con carrozze a cavalli, e da cui, al coperto, potevano accedere direttamente al foyer. In seguito, lo spazio era caduto completamente in disuso ed era diventato un deposito in stato di abbandono.

Il fatto di dover realizzare una facciata laddove non vi era mai stata in precedenza, unito al vincolo monumentale, ha fatto nascere nella progettista l’idea di una facciata-tenda, posta discretamente dietro ai pilastri e alle arcate della facciata storica, così trasparente e minimale nei dettagli da essere quasi invisibile. Un “velo” apparentemente leggero, che scivola e ondula tra i pilastri del monumento permettendo una visibilità totale sia dall’interno che dall’esterno. In modo analogo è nata l’idea per il mezzanino: una pianta lo incastona attorno ai pilastri esistenti, lasciando però completamente libera la vista della cupola di pietra. Il risultato è un elemento con superficie continua e forme dolci, che si protende a sbalzo nello spazio e sembra galleggiare sopra gli ospiti.

Le sue colonne sono sempre adiacenti alle colonne di pietra così da non occludere la vista negli spazi sottostanti. La forma stessa del mezzanino è indietreggiata per privilegiare le viste sulla rotunda e sulla cupola. La continuità dei materiali, gesso all’esterno e moquette insonorizzante rossa all’interno, dialoga con la monomatericità litica dello spazio di Garnier. L’uso dei colori, rosso e bianco, vuole dare luminosità a un ambiente che, in precedenza, era molto cupo. Per quanto riguarda l’impiantistica, come fece Garnier, anche qui non è visibile e scorre dentro le intercapedini. Tale logica si applica anche ai corpi illuminanti: sono state posizionate lampade lineari appoggiandole direttamente sulle cornici dei pilastri esistenti, così da illuminare le volte dal basso. Inoltre, integrate da una sorta di tasche nella parte alta dei pilastri, sono nascoste altre lampade. Infine, per la vetrata, sono stati integrati nella pavimentazione, all’interno e all’esterno, fari che illuminano le arcate dal basso verso l’alto.

UN MEZZANINO LEGGERO DI ACCIAIO E GESSO
Il mezzanino nasce grazie ai vincoli di progetto: l’impossibilità di toccare gli elementi di pietra e la possibile reversibilità futura di questo spazio. Partendo da tali presupposti, la soluzione architettonica progettata è stata realizzata attraverso una struttura di acciaio con impalcato a secco. I nuovi pilastri, posti in prossimità delle colonne di pietra esistenti, poggiano su spazi sottostanti voltati, anch’essi di pietra, precedentemente consolidati. Le travi hanno sezioni differenti, con altezze significative in corrispondenza degli sbalzi principali e direzioni che seguono la geometria libera della pianta. Il rivestimento del mezzanino, che protegge al fuoco la struttura e appare come un guscio omogeneo e uniforme, è realizzato con elementi di tre tipologie differenti. Le parti concave orizzontali sono prefabbricate, mentre la parte superiore, in corrispondenza dei parapetti, è di fibra minerale porosa, scelta per la sua forte capacità di assorbimento acustico. Infine, le parti inferiori, con geometrie così variabili da non essere facilmente prefabbricabili, sono rivestite in gesso. Il rivestimento dei pilastri avviene al termine delle precedenti, poiché le altre parti fanno da dima per consentire di far coincidere correttamente i raccordi. È stato necessario riscoprire tecniche del passato che hanno richiesto buone maestranze di artigiani. I pilastri, ad esempio, sono ottenuti partendo da sagome lignee tagliate su disegno su cui sono posate sottostrutture in fili d’acciaio rivestite da fogli di cartone piegati a mano e coperti di gesso.

UNA "TENDA DI VETRO" CON DETTAGLI MINIMALI
L’alta vetrata che, come detto, è stato il primo elemento disegnato nel progetto, ne ha informato anche le scelte successive. L’intuizione architettonica iniziale per ottenere un elemento così trasparente è stata quella di “piegare” il tracciato della facciata per dare resistenza meccanica a una superficie di vetro che, se fosse stata rettilinea, non ne avrebbe avuta a sufficienza. La linea curva del primo schizzo, progressivamente ottimizzata fino a ottenere l’autoportanza ricercata, è stata poi ulteriormente modificata per ridurre i possibili raggi di curvatura, contenendo i costi. Si è così giunti a 17 moduli vetrati, con 7 possibili raggi di curvatura, usati da una a tre volte, che realizzano una vetrata lunga 33 metri e alta fino a 8. La forte trasparenza è ottenuta grazie all’uso di vetri extrachiari, all’assenza di montanti e telai visibili, nonché all’uso di giunti verticali di silicone trasparente. Sino alla fase di progetto esecutivo, le lastre erano a tutta altezza, senza interruzioni, ma la soluzione è stata modificata nella fase realizzativa essenzialmente per motivi operativi. Le lastre, partendo in orizzontale da terra, dovevano essere sollevate e ruotate per essere poste in verticale, ma, a causa del volume interno della cupola e soprattutto della grande chiave di volta di pietra, la movimentazione di lastre così alte non era percorribile. Si è quindi introdotto un giunto all’altezza di 6 metri, in corrispondenza delle cornici dei pilastri di pietra esistenti. Le lastre inferiori e superiori sono unite con fasce metalliche alte 25 cm a realizzare una superficie rigida connessa ai pilastri attraverso 8 biellette di acciaio. Tale sistema di fissaggio, insieme a quello a terra, ha permesso di avere un giunto di solo silicone trasparente tra le lastre sagomate superiori e la volta della cupola.

Scheda progetto
Progettista: Odile Decq
Committente: Gumery
Periodo di costruzione: July 2010 - July 2011
Construction floor area: 1.100 mq
Costo: 6 million euros
Photos: Roland Halbe

Arketipo 92, in Viaggio, aprile 2015