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Orizzontale come il piano del suolo delle città su cui lavorare. Orizzontale come uno spazio pronto per essere riempito di significato dalle persone protagoniste attive della vita urbana. Orizzontale per suggerire processi non gerarchici, aperti e collaborativi. Orizzontale è il nome che nel 2010 un gruppo di studenti di architettura dell’Università di Roma ha scelto per il loro collettivo, fondato con l’obiettivo di sperimentare nuove modalità di intervento nello spazio pubblico capaci di stimolare sinergie tra diverse forme di “rifiuti urbani”: materiali di scarto, spazi residuali e persone emarginate. Margherita Manfra, architetta e cofondatrice insieme a Jacopo Ammendola, Juan Lòpez Cano, Giuseppe Grant, Nasrnin Mohiti Asli, Roberto Pantaleoni e Stefano Ragazzo di Orizzontale, racconta che sono state una serie di esperienze formative (il progetto Erasmus) e lavorative (all’estero e in Italia) a suscitare in loro, ancora studenti, la curiosità verso approcci architettonici allora poco comuni in Italia, approcci che decisero poi di adottare e adattare al proprio contesto.

È nata così una pratica sperimentale capace di fare della scarsità di risorse una virtù, riscoprendo l’impiego di materiali riciclati con l’autocostruzione e identificando fin da subito nello spazio pubblico, orizzontale, appunto, il fulcro del proprio interesse. Roma, come molte altre città italiane, vanta una lunga storia di spazi pubblici, che nel tempo hanno assunto diverse anime e configurazioni, ma che, nel contesto odierno, stanno perdendo attrattiva, con le comunità che progressivamente si allontanano da quei luoghi idealmente pensati per la collettività. Mobilità, temporaneità, flessibilità e globalizzazione definiscono la società contemporanea, mutevole nella forma e nei bisogni, e si confrontano con uno spazio pubblico che fatica a rispondere alle esigenze immediate e non facilmente predicibili della collettività.

In un panorama del genere, Orizzontale ha individuato nell’autocostruzione sia un metodo di esperienza diretta e pratica del progetto, sia uno strumento per mettere in discussione la filiera della costruzione, la quale, progredendo, ha reso sempre più specialistico il processo costruttivo, così da indebolire il legame tra spazi e abitanti. Nella fase iniziale della sua attività il collettivo si cimenta con opere di piccola e media scala, realizzate con il coinvolgimento guidato della comunità. È una pratica che permette loro di orientare il processo progettuale e plasmare il progetto ascoltando, ed eventualmente accogliendo e assimilando, i suggerimenti e gli stimoli dei futuri fruitori. Manfra rivela che con la partecipazione guidata «le cose poi possono effettivamente prendere direzioni più ricche».

Festival, mostre e progetti temporanei di riattivazione di spazi negletti iniziano a ospitare le installazioni di Orizzontale, il cui obiettivo, oltre a quello di coinvolgere le persone nella ridefinizione dell’uso e nella configurazione degli spazi, è stimolare il loro immaginario, suscitare riflessioni sugli impieghi alternativi delle aree di prossimità abbandonate, e promuovere l’interazione. Dopo questa prima fase di sperimentazione il collettivo sente la necessità di avere una struttura più stabile, decide quindi di aprire uno spazio fisico e riesce così ad affrontare lavori di maggiore rilevanza. Nel 2014 arriva il primo progetto di più ampio respiro e visibilità: “8 ½”, il teatro mobile realizzato presso il Museo MAXXI di Roma, in seguito alla vittoria del premio internazionale Young Architects Program (YAP MAXXI 2014).

Da qui Orizzontale si impegna in progetti diversi, spesso provenienti dal mondo della cultura, e si rende conto di aver acquisito un carattere riconoscibile in un mercato di fatto inesistente in Italia prima di loro. Oggi i loro progetti includono principalmente architetture temporanee inserite in processi di rigenerazione urbana o a supporto di programmi culturali, oltre agli incarichi pubblici che stanno diventando una parte centrale del loro lavoro. Con l’aumento della scala dei progetti si sono pure evoluti i metodi e le pratiche del collettivo; così, l’autocostruzione, da mezzo di sperimentazione diretta, si è trasformato in uno strumento di ingaggio per lavorare con le persone nello spazio urbano, o in uno strumento didattico per coinvolgere gli studenti in ambito accademico.

A proposito di insegnamento, il consolidarsi dell’esperienza di Orizzontale e il crescente interesse per la dimensione pratica nell’accademia italiana hanno fatto sì che tutti i membri del collettivo abbiano ricevuto incarichi di docenza presso università pubbliche e private, cosa che gli ha consentito di avere un impatto diretto nella formazione di giovani architetti e di innovare le proprie pratiche grazie ai contributi e agli stimoli frutto del confronto con le nuove generazioni. Se al principio il collettivo si era costituito come associazione culturale, con l'aumentare degli incarichi, in particolare quelli pubblici, Orizzontale capisce di dover aprire una società di architettura, per facilitare la loro gestione e l’amministrazione. Una parte dei membri del gruppo lavora stabilmente nello studio di Roma, mentre altri dislocati altrove partecipano a distanza.

All’interno di Orizzontale le responsabilità di progetto non sono prefissate, ma vengono assegnate in funzione dello specifico incarico, dopo averlo discusso e indirizzato durante sessioni di brainstorming collegiali. Questa modalità consente loro di mantenere inalterato il primevo spirito del collettivo e quell’approccio orizzontale che li caratterizza. Approccio che li spinge a cercare collaborazioni con professionisti di altre discipline come nel caso dell’intervento di rigenerazione urbana, denominato “Prossima Apertura”, realizzato ad Aprilia (Latina) in seguito alla vittoria di Orizzontale, con gli esperti di esplorazione psicosociale NOEO e all’associazione di curatori di arte urbana Walls, del “Concorso di idee per la riqualificazione di 10 periferie urbane”, bandito nel 2016 dal MIBACT e dal Consiglio Nazionale degli Architetti.

Il progetto ha interessato l’insieme degli spazi pubblici del quartiere Toscanini, con la realizzazione della Piazza della Comunità Europea. «La piazza - racconta Manfra -, designata in origine dalla cooperativa che aveva realizzato le residenze come opera compensativa a beneficio del quartiere, avrebbe dovuto ospitare un mercato coperto e fungere da connessione con i ballatoi degli edifici circostanti e con il vicino parco. Fallita la cooperativa, la piazza non è mai stata realizzata. E lo stesso è accaduto anche ai successivi progetti pubblici».

Il luogo in cui ora sorge la piazza, un’area tre metri sotto la quota del piano stradale, era un enorme spazio vuoto abbandonato e degradato, dove i residenti avevano addirittura preso l’abitudine di gettare i rifiuti direttamente dai balconi. La “buca”, come l’avevano soprannominata gli abitanti, era così diventata il simbolo dell’abbandono del quartiere Toscanini da parte delle istituzioni pubbliche e del fallimento della pianificazione urbana. La nuova Piazza della Comunità Europea, di 8.600 metri quadri, si articola su tre livelli.

Al livello del piano stradale è stato realizzato il “ring”, una struttura a maglia regolare in ferro, colorata di giallo, pensata per l’incontro intergenerazionale. Qui è possibile giocare e fare sport, oppure svagarsi e riposarsi sotto l’ombra della copertura in legno. La quota intermedia, in pendenza, collega la parte alta della piazza e quella bassa: scale, gradonate, scivoli e rampe pedonali rendono lo spazio dinamico e accessibile a tutti. La piazza a quota meno tre metri è un’area libera di 2.400 metri quadri ricoperta da una pavimentazione di cemento industriale, divisa in moduli di 2x2 metri, concepita come uno spazio libero di accogliere attività collettive, funzioni ed eventi tutti da inventare.

Al centro dello spazio troneggia l’oasi - un’area verde di 300 metri quadri delimitata da una sinuosa seduta a nastro - e un’enorme tavola circolare di legno. Affianco alla piazza si distende il Parco Europa, un’area verde di 35.000 metri quadri, dove Orizzontale ha trasformato uno spazio sottoutilizzato in aula aperta e in un vivaio collettivo, e, ridefinendo e completando i percorsi ciclopedonali che lo attraversano, è riuscito a mettere a sistema le connessioni tra gli spazi pubblici del quartiere. Il vero quid di Prossima Apertura è stato il metodo messo in atto da Orizzontale per a ingaggiare gli utenti con un programma di attività che ha accompagnato tutti i lavori di realizzazione della piazza: avvenimenti in prossimità, visite dell’area in costruzione, eventi e laboratori nelle aree della piazza che venivano via via completate. Le suddette attività sono state parte integrante dell'appalto, inserite al pari degli oneri per la sicurezza, in quelle risorse inderogabili perché, afferma Orizzontale, «il coinvolgimento degli abitanti è imprescindibile alla costruzione di un luogo per la comunità e attesta che la sicurezza urbana può essere promossa attraverso iniziative che non prevedono il controllo e l’inibizione degli usi, bensì diviene massima quando un luogo è aperto e vissuto».

Il gruppo di progettisti ha sintetizzato tutte le attività svolte con due slogan: “Aprire il dialogo” e “Accorciare le distanze”. “Aprire il dialogo” aveva l’obiettivo di indagare la cultura locale e avvicinare le persone tra loro e agli spazi pubblici in costruzione. Focus group, presentazioni pubbliche del progetto e tavoli di coordinamento hanno riunito intorno all’area una comunità dialogante, attiva e informata rispetto alle trasformazioni in corso. Margherita Manfra sottolinea l’importanza di tutte le attività di mediazione da loro organizzate, quando afferma che «per noi il primo aspetto fondamentale è l’informazione, perché quello che spesso succede nei processi pubblici è la totale mancanza di informazione e l’assenza di una controparte a cui rivolgersi nel momento in cui ci sono delle trasformazioni in atto, che in questo caso coinvolgevano un intero quartiere. Tutto ciò fa sì che le persone provino un senso di sfiducia in quei processi e che quindi se ne distanzino». “Accorciare le distanze”, il secondo slogan, è quindi diventato il leitmotiv del processo progettuale.

Nel caso di Prossima Apertura «l’architettura - afferma Orizzontale - ha l’obiettivo di accorciare la distanza tra gli abitanti e “la buca”, rendendola un luogo accessibile dove sperimentare possibili usi della futura piazza; la psicologia sociale interviene con lo scopo di indagare il sentimento degli abitanti e accorciare la distanza tra le associazioni del territorio e l’amministrazione pubblica, attraverso tavoli di coordinamento e focus group finalizzati alla condivisione delle linee di sviluppo e di utilizzo di un luogo inedito; la comunicazione e l’arte intervengono sulla distanza che spesso si avverte nell’ambito dell’opera pubblica tra progettisti e cittadini, tra gli abitanti e i luoghi in cui vivono».

Nell’ottobre 2019 il laboratorio di arte urbana “Paint’n’Play”, ideato dall’artista Mimmo Rubino (nome d’arte Rub Kandy), è stato il primo momento di interazione fisica fra gli abitanti e lo spazio; esso ha visto la realizzazione di alcuni murales, basati sull’anamorfosi, sui muri del grande edificio residenziale prospicenti i ballatoi, luogo privilegiato per osservare il cantiere appena iniziato. Nel 2019 “Oratio”, la ricerca psicosociale sviluppata da NOEO, volta a sperimentare nuovi modi per entrare in relazione con le persone e con i luoghi, ha coinvolto il fotografo Alessandro Imbriaco, il quale ha fotografato gruppi di residenti, che spesso neppure si conoscevano fra loro, incontrati casualmente nel quartiere. I loro ritratti a grandezza naturale sono stati poi affissi sui muri lungo i ballatoi. La fotografia è diventata lo stratagemma per riuscire a intervistare gli abitanti e a indagare la cultura locale.

Negli anni seguenti sono stati organizzati tre laboratori di autocostruzione finalizzati a stimolare la fantasia dei residenti e a sondare le possibilità d’uso della piazza da loro suggerite. Il primo, “Oasi”, realizzato nel giugno 2020 all’interno della prima parte della piazza completata e aperta al pubblico, ha portato alla costruzione un sistema di passerelle in legno con l’intento di invitare le persone a entrare nell’ampio spazio verde per sostarvi, godere del fresco della vegetazione e dell’irrigazione, e anche per prendersene cura. Con il secondo laboratorio, “Picnic urbano”, è stato costruito un tavolo circolare di 12 metri di diametro, inaugurato con un grande picnic di quartiere e subito diventato luogo di incontro.

Il terzo e ultimo laboratorio, “All’aria aperta”, si è svolto nella primavera del 2021 all’interno del Parco Europa. La grafica di Rub Kandy ha impiegato in maniera sperimentale materiali del cantiere per realizzare l'opera, nello specifico le reti arancioni per creare i pattern grafici sovrapposti sul pavimento di un ampio spazio rettangolare, perimetrato da un muretto, che con l’inserimento di canestro da basket si è trasformato in un playground. Sono stati poi realizzati una struttura in legno, che si fa ponte, gioco, seduta, sdraio e piccolo palco, e un campo da bocce, ricavato in un’area inutilizzata del parco, per opera di un gruppo di pensionati locali e con l’aiuto dell’impresa appaltatrice.

L’uscente Comune di Aprilia è rimasto talmente soddisfatto del progetto che ha affidato a Orizzontale, per incarico diretto, la redazione di un masterplan della viabilità e delle aree pubbliche del quartiere, di cui una parte è attualmente in costruzione attraverso le stesse modalità di "Prossima Apertura".

Scheda progetto
Location: Aprilia (Latina)
Dimensional data: 8,600 mq
Competition: 2016
Assigment: 2018
Beginning: July 2019
Completion: April 2021
Client: Comune di Aprilia
Designers: Orizzontale (Margherita Manfra, Roberto Pantaleoni, Giuseppe Grant, Nasrin Mohiti Asli, Stefano Ragazzo) and ADLM Architetti (Marco Di Giorgio, Maurizio Moretti, Mauro Zangrilli)
Psychology and psychosocial research: NOEO (Giorgia Cioccetti, Antonio Chimienti, Samuele Cocci, Valentina Nannini)
Graphic art: Mimmo Rubino (Rub Kandy)
Video: Nicola Barbuto
Communication: Mara Zamuner
Photos: Alessandro Imbriaco, Alessio Pellicoro, Alessandro Vitali