Ricerche – L'indagine Csil sulla distribuzione italiana evidenzia un'aumentata superficie espositiva e una trade satisfaction con molte diversità

Ogni due o tre anni, Csil misura lo stato dell'arte della distribuzione in Italia, analizzando sia i mutamenti quantitativi, sia il “sentimento” degli operatori in merito al servizio offerto dai principali produttori. A tale scopo, l'indagine Csil procede utilizzando una pluralità di strumenti: la revisione dell'anagrafica è prevalentemente un'operazione desk, mentre per la trade satisfaction si procede su base campionaria, con interviste telefoniche su un campione di circa 400 punti vendita. L'analisi della grande distribuzione prevede un ristretto numero di contatti selezionati.

I numeri del settore
I punti vendita selezionati per la trade satisfaction sono plurimarca che vendono almeno 20 cucine all'anno. La dimensione media dei negozi è stata di 1.286 mq con una superficie espositiva dedicata al settore di circa 230 mq. Il 44% del campione vende annualmente da 20 a 30 cucine, il 45% da 30 a 70, l'11% oltre 70 composizioni. Un primo elemento di riflessione, è che negli ultimi anni i punti vendita hanno mediamente aumentato la superficie espositiva, ma continuando a vendere in media le “canoniche” 50 cucine l'anno. Più investimento, quindi, (in spazi espositivi, corsi di formazione per montatori, software di progettazione) ma numeri abbastanza stabili.

Se confrontiamo i dati del campione con l'universo dei punti vendita censiti, si possono ipotizzare sia pur minimi incrementi nel numero di cucine vendute per punto vendita. Nell'arco di 2-3 anni, infatti, il numero di composizioni vendute nel mercato nazionale è leggermente aumentato (in base alle rilevazioni dei produttori), mentre il 2% dei punti vendita censiti in passato (su base campionaria, circa 5.000 controlli su 20mila punti vendita) risulta chiuso. Per quanto la tendenza sia verso una specializzazione, sono evidentemente ancora troppi i punti vendita che gestiscono la cucina marginalmente: l'85% dei mobilieri tratta “anche” le cucine, stando in molti casi sotto quella linea ipotetica delle 10-20 cucine annue vendute che possiamo assumere come spartiacque.

Due puntualizzazioni
Vanno fatte due puntualizzazioni. La prima: le cucine vendute nella distribuzione tradizionale in sostanza non aumentano di numero, perché è sotto gli occhi di tutti la crescita della grande distribuzione. A conti fatti, è probabile che il settore non ne risentirà, poiché si passerà da un modello di 2-3 cucine vendute nell'arco temporale di vita di una famiglia a un modello nel quale la stessa famiglia acquisterà, nel tempo, almeno una cucina in più. La seconda osservazione, evidentemente complementare alla prima, è che le cucine vendute nel punto vendita hanno aumentato il valore unitario: per alcune marche abbiamo registrato un incremento nell'ordine del 10%, per altre aumenti anche superiori. In controtendenza alcune marche alte di gamma, che riducono il prezzo medio da 15 a 13mila euro.

Giudizi del trade sulle marche
I punti vendita interpellati per l'indagine Csil hanno espresso opinioni sulle principali caratteristiche
delle marche di cucina: aspetti relativi al prodotto, al servizio, al prezzo e alla comunicazione. Il numero di marchi registrati è 55. Riportiamo, in forma anonima, tre esempi di profilo di marca, che registrano livelli diversi di trade satisfaction. A giudicare - in tutti e tre i casi - sono alcune decine di rivenditori primari della marca stessa. Gli esempi A e B sono in un certo senso speculari. A è un'azienda che potremmo definire “gamma/investimenti oriented”, che sostanzialmente non sembra possedere un atteggiamento particolarmente flessibile verso la distribuzione (che si sente quindi poco visitata, “trattata infedelmente”, con poca “disponibilità”…) e certamente non è una marca di primo prezzo. In compenso, propone una gamma vasta e di bei prodotti, supportata da un investimento promozionale.

L'esempio B riguarda, invece, un'azienda probabilmente di dimensioni minori, individuabile come “relazione/servizio oriented”: non riesce a gestire rilevanti investimenti su promozione, allestimenti, numero e originalità dei modelli, ma in compenso gestisce molto bene il rapporto umano con il rivenditore, che lo premia con giudizi sopra la media per quanto riguarda professionalità del personale, puntualità delle consegne, fedeltà e disponibilità. Nell'esempio dell'azienda C, definibile come “promozione/ marginalità oriented”, un ruolo centrale sembra invece essere giocato dal margine unitario sui prodotti venduti. La relazione con il rivenditore è rinsaldata dalla promozione sul marchio e dal supporto nella realizzazione degli allestimenti.

Giudizi dei pv sulle caratteristiche delle marche di cucina - Tre esempi
(file. pdf)

*Csil