Testo di Alessandra Coppa

PROGETTARE L'ESISTENTE
La responsabilità dell'architettura nella valorizzazione del patrimonio culturale italiano
Rassegna di opere e progetti della nuova produzione architettonica italiana
   Testo di Alessandra Coppa

Riconvertire la città in ogni suo singolo manufatto, valutarne continuamente il reale utilizzo e la piena efficienza di occupazione delle superfici disponibili costituisce un'esigenza di primaria importanza. Una corretta politica urbana e di gestione della città  deve continuamente interrogarsi sulla sua efficienza e sulla capacità di modificarsi al passo con le metamorfosi naturali dei processi sociali, in questi termini, adeguare, trasformare, convertire, non è una opportunità offerta dal progetto, ma una necessità connessa con la salvaguardia delle risorse disponibili.
Importiamo da qualche tempo, e in modo massiccio, l'architettura straniera. L'architettura che conta oggi è progettata da poche archistar. L'architettura del "riuso" non fa notizia.
Le archistar costantemente invitate alla festa dei media, si dice da più parti, hanno trattamenti privilegiati, vincono i concorsi con più facilità, trovano finanziamenti ad altri negati, soffocano, dal non-luogo in cui vivono perennemente viaggiando la cultura autoctona delle diverse regioni a cui approdano senza troppo conoscere le specificità locali. D'altronde dobbiamo prendere atto che l'architettura mondiale si inserisce oggi nel più ampio fenomeno della globalizzazione culturale.
Per questo l'architettura che ha vinto è un'architettura formalista, autoreferenziale, ovvero che si rapporta solo a se stessa, omologata, che si lega allo stesso linguaggio. Non si propone più, fra le sue priorità, di risolvere i problemi del rapporto con il luogo e la destinazione d'uso. In controtendenza il convegno, "Progettare l'esistente" che si è tenuto nel suggestivo spazio dell'Haworth Creative Center all'EUR lo scorso giovedì 8 novembre, coordinato da Giovanni Leoni, direttore della rivista d'A, è stata un'importante occasione di riflessione appunto sulle "responsabilità dell'architettura nei confronti del costruito".

Giovanni Leoni introducendo la serata si è interrogato sul senso del "progettare l'esistente": "a me pare che ci siano due temi che hanno dominato, e forse un po' intossicato, la cultura architettonica di questi ultimi decenni - ha sottolineato; il primo è l'imposizione della 'straordinarietà', dal quale deriva un appiattimento della discussione. Sembra che possano generare interesse solo le occasioni straordinarie relative l'architettura, viviamo nel culto dell'architettura 'da rivista'. Tuttavia quasi la totalità di quella che si può chiamare architettura sono occasioni 'non straordinarie', occasioni 'quotidiane' che sommate tutte insieme danno la qualità alle nostre città e ai nostri paesaggi. La cultura italiana ha sempre avuto in questo il suo punto di forza, ha sempre avuto la capacità di intrecciare il lavoro dell'architettura con la complessità segnata dalla storia. Il secondo tema che ha un po' offuscato la discussione architettonica nella pubblicistica è 'l'ossessione della novità', l'idea che ogni progetto debba necessariamente fare emergere una nuova forma, mentre trovo che sia altrettanto importante per l'architettura il confronto con il passato. Come è successo già per il convegno di Perugia (Palazzo Graziani, 25 maggio 2007 organizzato dalla rivista d'Architettura, Aid'A con il sostegno di Haworth Castelli in collaborazione con l'Università degli studi di Perugia nel contesto del VII Centenario della Fondazione dell'Università ndr) spero che la formula "Progettare l'esistente" diventi una specie di format, un'occasione costante di confronto per discutere l'architettura in questa chiave dove il progetto è strettamente intrecciato con la complessità contro il perentorio gesto autoratoriale delle solite archistar".

Franco Purini, ha invece messo in evidenza come la tematica del "progettare l'esistente" abbia attraversato tre fasi: "per decenni l'esistente è stato considerato dal progetto del nuovo come un problema: ovvero gli architetti che hanno costruito la modernità ritenevano il costruito un ostacolo che doveva essere rimosso: Le Corbusier voleva abbattere una parte esistente al centro di Parigi per affermare la modernità; era come affermare che la modernità era incompatibile con l'esistente. Poi qualche decennio dopo ad opera di architetti italiani come Saverio Muratori ed Ernesto Rogers si è fatto strada un concetto diverso per cui l'esistente non è più un ostacolo al progetto moderno ma ne diventa una componente: diviene perciò possibile un nuovo dialogo con l'esistente. Oggi si è andati ancora più in là, come si può vedere nei progetti presentati in questa serata: il progetto non tende più a sovvertire un ordine sedimentato e consolidato, contaminandosi con le preesistenze, ma tende a completare quello che noi troviamo. Questa è una strategia molto complessa, ambigua, perché per un verso abbiamo sicuramente il dovere di rispettare ciò che troviamo ma d'altra parte ogni tempo deve potere affermare la propria idea dell'architettura. Bisogna saper conciliare, specialmente in Italia con il nostro enorme patrimonio architettonico il vecchio con il nuovo. In Italia soffriamo particolarmente la complessità di questa problematica perché il nostro paese si è sostanzialmente orientato verso una difesa ad oltranza (e comprensibile) delle testimonianze del passato, ma in futuro dovremmo considerare la preesistenza come un plus valore, ma con maggiore senso critico. Anche l'abusivismo è l'esistente, anche l'architettura mediocre è l'esistente... quello che è costruito non dovrebbe tendere inevitabilmente all'eternità; bisognerebbe avere un atteggiamento molto selettivo per saper distinguere di volta in volta quello che vale e quello che invece va visto in una prospettiva di sostituzione".

I progetti presentati:

Michele Beccu - Filippo Raimondo (ABDR)

1. Ricostruzione della Serra Piacentini al Palazzo della Esposizioni

Il progetto della ricostruzione della "Ex-serra Piacentini" del Palazzo delle Esposizioni in Roma si contraddistingue per l'innovatività delle scelte progettuali, proponendo un manufatto di alto valore qualitativo dei materiali adottati, per le caratteristiche funzionali, per l'efficienza complessiva dell'organismo edilizio.
Dal punto di vista architettonico, i linguaggi adottati sono improntati ad una complessiva semplificazione, nell'obiettivo di ridurre ogni diretto confronto con le forme e i linguaggi storicisti del Palazzo, evitando cioè qualsiasi scontata esibizione delle tecnologie adottate. Allo stesso tempo si è scartata ogni soluzione che prevedesse riproposizioni di tipo modellistico dei linguaggi originari, nella convinzione che il linguaggio è saldamente ancorato alle tecniche, ai materiali, alla cultura costruttiva. In questo senso si può affermare che il progetto che qui si presenta è finalizzato più ancora che ad esibire linguaggi, al rispetto della compiutezza delle volumetrie e delle partiture decorative del Palazzo, attraverso le tecniche della sottrazione e del minimalismo complessivo.
Obiettivo principale di questa "valorizzazione" è l'accoglimento a pieno titolo della struttura della serra - finalmente riprogettata - all'interno del programma istituzionale del Palazzo e la sua definitiva integrazione funzionale, tecnologica e formale nell'organismo architettonico di Pio Piacentini. L' "Ex-serra Piacentini" diviene l'occasione principale di riconnessione urbana verso via Piacenza e lo strumento per innescare, di qui, un processo di riqualificazione di quella parte della città rimasta troppo a lungo il "retro" del Palazzo.
Al raggiungimento di questi obbiettivi contribuisce l'organicità interna della soluzione architettonica, la proposta di assetto volumetrico, nelle sue caratteristiche di trasparenza e di adeguatezza funzionale e tecnologica. All'esterno, la soluzione di successione dei materiali tra il basamento murario, i volumi tecnici rivestiti in travertino, la serra vetrata e l'aerea soluzione di copertura determinano dal basso verso l'alto un effetto di misurata e progressiva smaterializzazione del volume della nuova "Ex-serra Piacentini".
A ciò, in forza della completa linearità e semplicità volumetrica della soluzione proposta, nonché della sottigliezza delle soluzioni strutturali adottate per la sospensione dei vetri, si aggiunge l'effetto sorprendente di inversione luminosa e simbolica tra il funzionamento diurno e notturno. Un grande volume vetrato di giorno, mentre nella condizione serale, il prisma smaterializzato e luminescente della serra diventa una "lanterna urbana" sorprendente, che amplifica le funzioni espositive e le possibilità comunicative del Palazzo, integrandole nell'inedito fronte urbano di via Piacenza.
Il nuovo progetto della "Ex-serra Piacentini" dal punto di vista volumetrico è costituito dall'intersezione di più volumetrie elementari matericamente differenziate l'una dall'altra. La volumetria principale è un grande parallelepipedo realizzato, nelle partizioni verticali, con lastre di vetro strutturale stratificato temperato bassoemissivo e da un retrostante sistema di tende mobili ad eleva tenuta e capacità riflettente.

2. Allestimento del Lapidarium del Museo Nazionale di Palazzo Venezia

Il progetto per l'allestimento del Lapidarium del Museo Nazionale del Palazzo di Venezia prevede, nel chiostro del Palazzetto di San Marco, in quello che un tempo era il viridarium, l'esposizione di un nutrito gruppo di frammenti marmorei che per la loro sobria bellezza e varietà offrono, al visitatore che ha la fortuna di ammirarle, la sensazione di partecipare ad un'esperienza che, con assoluta certezza, si può definire di "percezione estetica della contemporaneità".
Il programma dell'allestimento risulta, infatti, fortemente influenzato da scelte formali che, a partire da elementi di modernità, per altro marginali nel progetto, perseguono criteri compositivi in cui è centrale l'idea che la figuratività, pur essendo nella storia, è al di là della contingenza del tempo. Tanto è vero che nel progetto ogni singola opera è testimonianza reale di un processo organico che affonda le sue radici nel passato, ma che, adesso, vive nel presente e in quello di chi la contempla. Nelle intenzioni del progetto tutti frammenti marmorei del Lapidarium partecipano, chi più chi meno, alla realizzazione di un programma museografico articolato e complesso che è iniziato nel 1909, con i lavori dall'architetto Camillo Pistrucci, ed è proseguito, a partire dal 1921, con l'estesa e complessa opera di restauro stilistico realizzata da Federico Hermanin. Il progetto del Lapidarium estende, quindi, reinterpretandolo ed esaltandolo, l'allestimento minimalista realizzato da Camillo Pistrucci, ma nel fare ciò conferisce ai pezzi lapidei una nuova capacità comunicativa. La qualità di ogni singolo frammento aumenta in funzione della sua capacità di essere parte di un unico ambiente, di partecipare alla colonizzazione di quello che attualmente è un vuoto in attesa di essere, più che trasformato, animato e, soprattutto, abitato. Per realizzare questa difficile condizione, il progetto adotta gli strumenti tecnici e formali che tradizionalmente si usano per la costruzione di un interno, meglio ancora, di una "stanza": Ma non solo, questo tipo di scelta espositiva, che a prima vista potrebbe sembrare limitativa, consente anche di mettere in scena una sorta di doppia rappresentazione, di doppio racconto: il racconto legato alla storia del singolo pezzo, del suo essere "attore protagonista" e portatore di una singola storia, di un proprio valore, e il racconto che si sviluppa attraverso la messa in scena del più ampio programma espositivo rappresentato dalla "folla", dalla "galassia" lapidea.
È così, in questo modo che il singolo elemento marmoreo, una volta ricompreso nell'unità fantasmagorica dell'allestimento, si riscatta, si affranca dalla sua condizione di frammento, per divenire contenitore del tutto. Il "principio" informatore dell'allestimento del nuovo Lapidario è, quindi, quello che intreccia una molteplicità di eventi, di suggestioni che, a partire dal piano murario di fondo, si estendono sui piani verticali dei frammenti appesi, passano, sfiorandole, sulle superfici orizzontali delle lapidi, per poi, superata la balaustra e le colonne del loggiato, coinvolgere, nella sua trama, il grande vuoto del chiostro e i suoi numerosi ospiti: i cipressi, gli abeti, gli aranci e, infine, i marmi dormienti di Camillo Pistrucci.

Francesco Cellini
Riqualificazione del Mausoleo di Augusto e di Piazza Augusto Imparatore

Obiettivo del concorso è stata la riqualificazione del monumento (il Mausoleo e la tomba di Augusto) e del grande spazio pubblico della piazza e del suo intorno urbano (dal Tevere a via del Corso, dall'Accademia di Belle Arti a via Tomacelli), con la ridefinizione dello spazio di relazione tra il Mausoleo, il Museo dell'Ara Pacis, le Chiese di S. Rocco e S. Girolamo (Largo S. Rocco); dovrà inoltre essere ridefinito il sistema di relazione tra lo spazio pubblico e i portici dei palazzi che delimitano due dei lati della piazza progettati da Ballio Morpurgo e dell'area prospiciente l'abside della chiesa di S. Carlo.
Il progetto vincitore per la riqualificazione dell'area piazza Augusto Imperatore prevede un'area pedonale e il sottopasso: da un lato un nuovo giardino verde nel cuore di Roma che avrà al suo centro il maestoso, ma fin qui fatiscente, Mausoleo di Augusto, collegato al resto dell'area e al nuovo museo dell'Ara Pacis da una morbida salita e da due cordonate in pietra. Dall'altro una terrazza sul fiume, là dove oggi scorre il lungotevere, con tavolini all'aperto e panchine per riposarsi all'ombra dei platani senza nemmeno sentire il rumore delle migliaia di auto che passeranno nel sottopasso dentro i bastioni del Tevere. Si presenterà in questo modo l'area del Mausoleo di Augusto entro i primi mesi del 2010, data per la quale anche lo stesso monumento verrà restaurato. "Due cordonate partiranno dall'abside della chiesa di San Carlo e dal nuovo museo dell'Ara Pacis per discendere dolcemente verso l'ingresso monumentale al mausoleo di Augusto - ha sottolineato Cellini -  qui nasce un ampio spazio pedonale che ha le misure della piazza del Phanteon, un nuovo spazio che porta in grande evidenza la forma e la dimensione del mausoleo e consente di accedervi in modo appropriato. Tutto il resto della piazza attorno al mausoleo, viene poi trasformata in un giardino riempiendo il vuoto che oggi separa la parte pedonale e carrabile dal monumento. Una scelta semplice che permette di realizzare oggi, o anche in momenti successivi, nuovi scavi per la conoscenza archeologica delle aree che circondano il monumento ma che, soprattutto, consente di realizzare uno spazio verde di qualità nell'ambito del Tridente".

Enrico Da Gai
Nuova Biblioteca Hertziana

È l'esempio di un cantiere di sperimentazione architettonica, archeologica e persino di politica culturale quello in corso alla Biblioteca Hertziana di via Gregoriana dove sono custoditi 250 mila volumi e oltre mezzo milione di fotografie di storia dell'arte. Uno spicchio di mondo nel cuore di Roma, tra Trinità dei Monti e via Sistina, frequentato assiduamente dagli studiosi, aperto alla città e agli appassionati ma chiuso già da oltre un anno per lavori: l'Istituto tedesco Max Planck sta provvedendo alla realizzazione di un progetto di ampliamento e risistemazione della biblioteca. Un concorso internazionale ha affidato all'architetto spagnolo Navarro Baldeweg la costruzione del Palazzo Nuovo all'interno del giardino Zuccari sulle ceneri del vecchio edificio realizzato alla fine degli anni Sessanta e diventato inadeguato e troppo stretto per la collezione della biblioteca e le richieste degli utenti. Il progetto è partito da un paio di mesi sotto la direzione dell'architetto Enrico Da Gai e in stretta collaborazione sia con l'assessorato all'Urbanistica del Campidoglio sia con la soprintendenza archeologica di Roma. È un intervento coraggioso dal punto di vista architettonico, attraverso un piano di recupero finalizzato alla riqualificazione degli spazi. L'area sulla quale sarà costruita la nuova sezione della biblioteca, alta sette piani, poggia su un terreno le cui preesistenze sono note: si tratta di un muro di costruzione, forse degli Horti luculliani databile al I secolo dopo Cristo. I lavori ne consentiranno la messa in evidenza e la fruibilità del pubblico. I sondaggi finora hanno permesso di sperimentare un metodo di discesa fino a oltre dieci metri sottosuolo che potrà essere utile anche negli scavi preliminari ai cantieri della metropolitana.

Franco Purini

1. Recupero della Scuderie Medicee a Poggio a Caiano

Le scuderie medicee furono iniziate da Baccio Bigio (1516--21) e completate sotto Cosimo I duca da Niccolò Pericoli detto Il Tribolo (1548). Costituiscono uno dei principali annessi della Villa medicea di Poggio a Caiano voluta da Lorenzo il Magnifico su progetto di Giuliano da Sangallo. Sorgono sul lato orientale delle villa a una quota inferiore ed erano in grado di ospitare circa 200 cavalli. L'edificio ha dimensioni ragguardevoli: 108 metri per 31. L'interno si divide in due settori, ciascuno con tre navate scandite da un portico di colonne doriche in pietra serena. Nel 1978 un crollo ed un successivo incendio di parte delle coperture ne decretano per un decennio l'inagibilità e l'abbandono cui seguiranno solo opera d'emergenza. Questo evento ha consentito a Purini di teorizzare un risanamento sotto il profilo strutturale e costruttivo: l'idea di un perimetro stereometrico consente inserire un nuovo elemento geometrico nell'organismo edilizio. Le intenzioni del progetto sono orientate sui seguenti temi: 1) Restauro e rifunzionalizzazione delle ex scuderie medicee di Poggio a Caiano. 2) Restauro e recupero del patrimonio storico architettonico 3) Ruolo delle amministrazioni per il rilancio della qualità del progetto di recupero. Il fronte di ingresso del progetto è la facciata sud. Tipologia delle facciata è tipica delle schema romanico "a salienti". Uno impianto basilicale che si rende visibile sin dall'esterno. Il nuovo progetto collima idealmente e compositivamente con la geografia e la storia del monumento che riporta in vita trascurando forse la teoria dei particolari matericie costruttivi.

2. Grattacielo al quartiere EUR

Il progetto della nuova torre per abitazioni che sorgerà alle soglie dell'EUR a Castellaccio è il primo grattacielo di Roma (90 mila metri cubi per abitazioni), all'interno di un centro direzionale un'area di 60 ettari. Sarà ben più alto delle sedi dell'Eni e dell'Alitalia, nei pressi, e di qualsiasi edificio romano. Con i suoi trenta piani e i sovrastanti servizi sfiorerà i 120 metri. Il terreno accoglierà l'Europarco Castellaccio, centro direzionale da 800 mila metri cubi, con uffici, sale espositive, servizi e abitazioni. La piazza centrale di 32.000 metri quadrati, più ampia di piazza Navona, sorgerà tra i due grattacieli: ospiterà sculture e opere d'arte, sul modello del quartiere parigino della Dèfense, oltre a ristoranti, bar e negozi. Il suo autore, Franco Purini, è uno dei pochi architetti disposti a coltivare una teoria dell'architettura dalla quale derivare il disegno degli edifici. In un mondo di forme sterili e spericolate, Purini conserva gelosamente un proprio centro inventivo non meno spericolato dove, tuttavia, le soluzioni estreme sono il risultato di un pensiero indagato lucidamente fino alle ultime conseguenze. I suoi riferimenti concettuali sono fertili, capaci di generare processi. Per questo la nuova torre-portale sembra rifiutare orgogliosamente quel gran premio delle forme spettacolari delle archistar. Si tratta, in realtà, di una struttura composta da due torri parallele, la prima costituita esclusivamente da abitazioni, la seconda destinata invece ad ospitare uffici (tra cui la sede del ministero della Salute) e servizi. Sulla spianata, 400 metri per 80, saranno poste sculture ed opere d'arte, mentre sulla piazza che sovrasterà i parcheggi sotterranei si affacceranno ristoranti, bar e negozi, concentrati in un enorme centro commerciale, lo «shopping mall». La struttura del grattacielo - 90 mila metri cubi occupati dalla parte abitativa - sarà in acciaio e vetro con largo uso di travertino. È stato quasi escluso l'uso del cemento. "Sulla pianta rettangolare di 60 per 30 metri - spiega l'architetto - si alzeranno due grandi blocchi quadrati ciascuno con 5 alloggi, di 60 e 100 mq peraltro unificabili, in ogni piano. Al decimo livello ci sarà un piano tecnico (con giardino pensile). Così pure al ventesimo. Ogni appartamento potrà disporre di una grande loggia in affaccio". Purini assicura che il grattacielo sarà "ecologicamente consapevole", con uso di tecnologie per il risparmio energetico e limitazione dei residui. Sul piano tecnico, la costruzione avverrà "a moduli", il che faciliterà la velocità del cantiere. "Il valore del progetto - continua l'architetto - è nella sua immagine molto forte, chiara, autorevole. Vuole rappresentare l'idea di un presente duraturo". C'è un accenno polemico all'International Style d'oggi: "Molte torri che sorgono ovunque più che architetture sembrano oggetti di design ingranditi enormemente". Secondo Purini il suo grattacielo, ispirato "all'architettura romana, per esempio alla Torre delle Milizie, semplice ed enigmatica, presso i Mercati di Traiano, dialoga con il paesaggio urbano di Roma, proponendo un nuovo tipo di abitazione metropolitana in verticale".

ABDR, Serra Piacentini al Palazzo della Esposizioni, Roma ABDR, Serra Piacentini al Palazzo della Esposizioni, Roma ABDR, Lapidarium del Museo Nazionale di Palazzo Venezia, Roma ABDR, Lapidarium del Museo Nazionale di Palazzo Venezia, Roma Francesco Cellini, Riqualificazione del Mausoleo di Augusto e di Piazza Augusto Imparatore, Roma
Enrico Da Gai, Nuova Biblioteca Hertziana, Roma Enrico Da Gai, Nuova Biblioteca Hertziana, Roma Franco Purini, Recupero della Scuderie Medicee, Poggio a Caiano Franco Purini, Recupero della Scuderie Medicee, Poggio a Caiano Franco Purini, Grattacielo al quartiere EUR, Roma