Sergio Pascolo
Formazione - Il mio avvicinamento a Gregotti è avvenuto tramite la scuola,
all'Università di Venezia... la sua "attrattività " stava nella trasmissione di un
grande entusiasmo del fare... relativamente alla mia formazione credo che il nodo
fondamentale sia stato il tema del rapporto dell'architettura con il sito
geografico, territoriale o urbano; un 'architettura "di relazione" piuttosto che
autoreferenziale, oggettuale... Ciò che trovavo importante del suo insegnamento è
che non vi era nessun accento su uno " stile", ma che le diverse soluzioni
nascevano, maturavano, nel come veniva valutato volta per volta il problema
specifico, nella sua interpretazione critica analizzando come e cosa una nuova
presenza potesse "modificare" una situazione esistente...
Insegnamento - Non sono pessimista sulla possibilità di un insegnamento in
bilico tra teoria e prassi, tra mondo accademico e mondo professionale... Ciò che
credo sia fondamentale è la trasmissione della complessità e della
responsabilità del lavoro dell'architetto; a questo si aggiunge la necessitÃ
assoluta dell'entusiasmo.... Credo che obiettivo delle scuole non può essere far
diventare tutti gli studenti architetti "autori"... è abbastanza ovvio che
il basso livello della qualità dell'edilizia e del mondo delle costruzioni in
Italia dipenda non dalla mancanza di bravi progettisti ma dalla mancanza di
figure alte di professionisti architetti in ruoli diversi da quello del
progettista-autore...
Apprendistato - La mia personale esperienza di quello che si definisce
apprendistato è stata presso lo studio di Gregotti... la filosofia dello studio
nel momento in cui sono entrato, il 1984, era quella della "bottega"; Gregotti
ha usato questa parola sempre anche molto più avanti nel tempo quando lo studio
era diventato molto grande ma in quel periodo... era proprio bottega per
organizzazione e rapporti di lavoro: si imparava a fare facendo, provando,
disegnando molto, discutendo molto, si era coinvolti fin da subito in
progetti importanti...
Professione - Credo che la grande difficoltà e complessità del fare
"architettura" consista proprio nel riuscire a "concettualizzare" volta per
volta il tema che ci si trova davanti, trovarne l'essenza e risolverlo con il
minimo dei mezzi espressivi e materiali; anche di fronte a budget ridotti
e un basso livello di "sofisticazione" o di tecnica costruttiva è
possibile costruire "architettura"; le scelte appropriate devono permettere di
"trovare soluzioni" che non richiedano compromessi; si tratta di anticipare la
difficoltà , lavorare con materiali modesti ma "giusti", lavorare con gli
strumenti e i mezzi a disposizione, che in Italia sono spesso molto esigui. Il
progetto di Botticino è stato per me un terreno di apprendimento proprio di
questo aspetto.