Strato di tenuta

Testo di Laura Buonanno e Pietro Copani

Lo strato di tenuta all'acqua è il più esterno in una copertura, e per questo ha duplice funzione, protettiva ed estetica: deve, infatti, impedire la penetrazione delle acque meteoriche e contemporaneamente proteggere gli strati costituenti l'intero sistema che non devono essere bagnati, ma svolge anche un ruolo importantissimo nella caratterizzazione architettonica di un contesto urbano o di un paesaggio. Per queste ragioni troviamo soluzioni diversissime al naturale requisito di protezione superiore dell'edificio, dettate sia da ragioni tecniche e morfologiche, ma soprattutto da tradizioni storicizzate legate alle materie prime, alle maestranze e alle culture che hanno caratterizzato ' e caratterizzano ' quel dato territorio.
La copertura discontinua, in gran parte definita con pendenze rilevanti a differenza del tetto piano, assume il concetto di smaltire il più direttamente possibile le acque meteoriche, invece di raccoglierle in punti fissati per un deflusso programmato: questo riduce la copertura a due unità fondamentali costituite dalla falda ricoperta da elementi di dimensioni relativamente piccole, e dalla gronda suborizzontale che la conclude in basso per far defluire le piogge. La buona riuscita di un tetto simile è legata soprattutto alla posa in opera dei singoli elementi, che devono essere inevitabilmente sovrapposti in modo da assecondare il principio di deflusso dell'acqua.

A questo principio fondamentale rispondono i diversi tipi di elementi che possono costituire lo strato di tenuta, che qui sono elencati:

Lastre di pietra: spesso in ardesia, sono lastre piatte che necessitano di notevoli sovrapposizioni e pendenze, poiché non prevedono alcun tipo di giunto posto tra gli elementi;

Scandole bituminose: dette anche tegole canadesi, sono fogli molto sottili da 3 a 4 mm di solito) composti da diversi strati di fibre e bitume, la cui applicazione permette una notevole impermeabilizzazione e una grande varietà cromatica;

Laterizi: i più comuni in Italia, sono piccoli elementi in cotto con determinate forme atte ad evacuare l'acqua in eccesso verso la linea di gronda che ne assicura lo smaltimento finale. Detti elementi hanno una notevole varietà tipologica adattabile a tutte le condizioni ambientali e di 'contesto'; inoltre sono quelli che meglio si adattano alla copertura di edifici residenziali e storici;

Lastre in fibrocemento o fibrobituminose (ecologiche): di forma ondulata e relativamente deformabili per adattarsi a coperture curve, sono impiegati quasi esclusivamente in edilizia industriale per la facilità di posa e la durevolezza, a dispetto dell'estetica non adatta ad ambienti urbani storicizzati;

Lastre metalliche: di diverse forme, si trovano impiegate in tutti i tipi di edifici proprio grazie alla varietà morfologica e cromatica; accompagnano la leggerezza e la facilità di posa ad una notevole capacità di far defluire le acque grazie all'adozione di giunti ad hoc;

Tegole ad impasto ceramico: differiscono dal laterizio per il materiale impiegato (che conferisce maggiore lucentezza dal punto di vista estetico) e per il fatto che spesso gli elementi sono esclusivamente piatti, a differenza di quelli in laterizio che si presentano ondulati per almeno metà della loro sezione.

Fonte testo:
AA. VV., Grande Atlante di Architettura-Atlante dei Tetti, vol. 4, Torino 1998.

Fonte disegno:
AA. VV., Manuale di progettazione edilizia, vol. 4, Milano 1999.

Fonte foto:
A. Acocella, M. C. Torricelli, Il tetto come elemento di architettura, Carate Brianza 1999.