Nel pensiero collettivo, un’ambasciata è un’architettura rappresentativa di un Paese presso uno Stato estero, e, in genere, è situata nella capitale del Paese ospitante. Normalmente svolge un ruolo a carattere diplomatico, destinato ad accogliere, oltre a spazi residenziali, anche quelli per lo svolgimento di attività di natura commerciale, politica e amministrativa oltre che di protezione verso i propri cittadini. Un luogo chiuso e riservato, inaccessibile alle persone dello stato ospitante, la cui architettura porta con sé caratteri formali di imponenza e sontuosità. Nella maggior parte dei casi, tali funzioni si inseriscono in un “contenitore” che tenta di esprimere tali caratteristiche, come un palazzo storico, ma con la conseguente scarsa identificazione della sede di un’ambasciata con i caratteri dell’architettura del Paese ospitato e senza esprimere l’identità nazionale del Paese che rappresenta. Il progetto della nuova ambasciata svizzera a Nairobi, capitale del Kenya, è tutt’altro che un’architettura anonima, che esula dal contesto a favore di un’immagine storicizzata di imponenza e protezione; piuttosto diventa espressione di un equilibrato connubio tra i caratteri elvetici e quelli keniani. È un edificio che rappresenta l’architettura svizzera in modo appropriato e allo stesso tempo, incorpora pratiche edilizie costruttive e manovalanza locale, riuscendo a coniugare funzionalità, sicurezza e sostenibilità. La costruzione della nuova sede della rappresentanza diplomatica svizzera a Nairobi è stata oggetto di un concorso a un’unica fase, vinto dallo studio lucernese ro.ma. architects. Al concorso, organizzato dall’Ufficio Federale delle costruzioni e della logistica nel 2011, hanno partecipato ben 119 studi, sia svizzeri che stranieri. Gli obiettivi del concorso dovevano rispondere a queste domande: “Come dovrebbe essere una moderna struttura di rappresentanza dello Stato in un ambiente con un contesto culturale completamente diverso? Quanto della Svizzera deve essere rappresentato architettonicamente? E come si possono integrare nel progetto gli elevati requisiti di sicurezza richiesti?”. La proposta architettonica dello studio ro.ma. architects ha pienamente soddisfatto tutti questi quesiti, portando alla realizzazione di un edificio che rappresenta l’architettura svizzera e al contempo coglie il genius loci del luogo in cui si inserisce, non solo nei caratteri paesaggistici ma anche in quelli della tradizione e del rispetto per l’ambiente.

È dall’analisi del sito e dalle sue connotazioni che prende avvio l’idea progettuale degli architetti dello studio ro.ma. architects. Il paesaggio urbano è caratterizzato da una vegetazione ricca e varia. Sembra quasi ribadire la scelta della capitale del Kenya come sede dell’Agenzia per l’Ambiente delle Nazioni Unite, l’ONU - soprattutto nelle zone più ricche della città, dove il verde è onnipresente. Anche l’area della nuova ambasciata (di circa 4.000 mq di estensione) è immersa nel verde, con la presenza di diversi alberi secolari che sono stati volutamente integrati nel progetto anziché essere abbattuti. L’ubicazione della nuova ambasciata rientra quindi nell’esteso “bacino d’utenza delle Nazioni Unite”, motivo per cui molte altre ambasciate e residenze associate sono nelle immediate vicinanze. Per il resto, questa zona ospita ricchi kenioti o espatriati; si tratta di una zona residenziale tranquilla e ben curata nel quartiere di Rosslyn. Il complesso dell’ambasciata si trova sul lato est del Rosslyn Green Crescent, da qui la necessità di essere separato dai suoi immediati dintorni per motivi di sicurezza; pertanto il progetto ha sviluppato l’esigenza di realizzare una delimitazione di sicurezza che racchiudesse l’intero complesso, con un’altezza di almeno 2,50 metri e con requisiti di invalicabilità, al fine di risultare “inaccessibile”, se non con apposita autorizzazione. Il risultato della ricerca progettuale degli architetti svizzeri ha portato all’ideazione di un edificio che si connota per la sua compattezza e per l’approccio attento al paesaggio, quest’ultimo incentrato su due scelte fondamentali: da una parte quella di trattare come un unicum il volume dell’edificio e la recinzione, e dall’altra quella di utilizzare una materia che accomuna i due Paesi, il calcestruzzo, declinato però nella variante cromatica delle terre rosse, che meglio si adatta al contesto. Grazie alla continuità strutturale, l’edificio e la recinzione sembrano avere origine da un unico segno grafico: una spirale che ha inizio nell’angolo sud-est e si sviluppa verso l’interno dell’area. Esternamente l’edificio appare sobrio e ambientalmente inserito nelle tipologie architettoniche presenti nella zona, mentre l’interno appare molto elegante, curato e rappresentativo del Paese elvetico.

La forma tortuosa e sfaccettata dell’edificio rispetta il luogo in cui si inserisce per due aspetti. Da una parte si adatta al paesaggio arboreo esistente caratterizzato da “alberi di filo di seta” (Chlorisa C. spesiosa), che si contraddistinguono per il loro aspetto, il tronco ricoperto di spine, e i fiori che variano dalle tonalità del rosa chiaro a quello più intenso. In questo modo, l’architettura sembra far parte del “parco” che la circonda. Va sottolineato che salvaguardando la vegetazione di questa area situata nella cintura verde di Nairobi, il complesso diventa espressione di una sensibilità ecologica a fronte della deforestazione cronica di cui soffre la regione. Dall’altra parte il progetto si sviluppa considerando le condizioni geomorfologiche del sito, che è leggermente in pendenza verso nord. Per tale motivo l’edificio, sfruttando la pendenza del terreno, si situa su un solo livello alla sommità del declivio e su due livelli nella parte più bassa. Le sezioni ammezzate dell’edificio contengono ciascuna un’unità funzionale; l’elemento di collegamento è la hall centrale, a tutta altezza, che attraversa l’edificio, fungendo da fulcro del complesso e collegando le aree pubbliche, diplomatiche e consolari. L’accesso alla hall è situato al livello della strada, lo stesso livello utilizzato dai visitatori dell’ambasciata. Direttamente sotto (nella parte interrata) si trovano i locali accessori, che non necessitano di luce naturale. I livelli superiori sono invece quelli più rappresentativi e ospitano tutte le aree pubbliche. Il risultato di questo lungo processo tra progetto e costruzione ha portato alla realizzazione di un’architettura, ecologicamente calibrata, rispettosa dell’ambiente e in armonia con il paesaggio, frutto di un’insolita collaborazione keniano-elvetica, che ha permesso di coniugare i caratteri e le peculiarità di entrambi i Paesi.

L'INVOLUCRO MASSIVO
Il paesaggio dell’Africa orientale si riflette nel carattere dell’edificio attraverso l’impiego della pigmentazione rosso-marrone del calcestruzzo della facciata esterna e del muro perimetrale, che formano un unico elemento architettonico. L’edificio assume così il colore della cosiddetta “terra del caffè”, la terra che si trova in tutta la capitale del Kenya e che deve la sua tonalità all’alto contenuto di ferro. L’utilizzo dello stesso calcestruzzo pigmentato anche negli interni genera un’identità architettonica molto forte. Dal punto di vista strutturale, le parti principali portanti dell’edificio sono costituite dai moduli di facciata (gettati con appositi casseri costruiti per lo più in loco), dai setti interni al corridoio e dai solai anch’essi in cemento armato; tutte le altre partizioni interne non hanno funzione portante. Il sistema strutturale è pensato per avere un alto grado di flessibilità nel distributivo. Infatti, gli uffici possono essere divisi, ampliati o ridotti a seconda delle esigenze e necessità. Anche il sistema di cablaggio è indipendente, integra e supporta questo concetto e ne garantisce l’adattabilità alle mutevoli esigenze. Aspetto molto importante, riguarda il dimensionamento delle pareti portanti (spessore da 30-50 cm), determinato principalmente dalla massa termica e non da requisiti strutturali. Infatti, in relazione al clima mite, i progettisti, grazie ad apposite simulazioni, hanno preferito sviluppare un edificio massivo in grado quindi di sfruttare l’inerzia termica, gestendo l’edificio senza riscaldamento o aria condizionata, mantenendo un adeguato comfort termico interno, grazie al raffrescamento notturno. A ciò si aggiungono, la scelta di realizzare la copertura a verde, l’ombra degli alberi secolari e le tende esterne in tessuto che insieme contribuiscono a ridurre l’esposizione ai raggi solari. Il rigore svizzero si osserva anche nell’uso della materia. Tre i materiali principali che goverano il progetto: il calcestruzzo a vista pigmentato, il legno (Eucalipto e Sipo, entrambi certificati) e la pietra naturale Nairobi Blustones. Il calcestruzzo si ritrova oltre che negli esterni anche negli ambienti interni, e nelle pavimentazioni delle aree comuni. Il legno massello di Eucalipto nelle pavimentazioni degli uffici/sale riunioni, mentre quello di Sipo nei serramenti, nelle porte e negli arredi, studiati dai progettisti al fine di creare un’immagine unitaria e rigorosa secondo gli standard svizzeri. La pietra invece è impiegata per tutte le superfici esterne del pavimento, come i vialetti, la via di accesso, i percorsi del giardino.

LA LUCE E LA SOSTENIBILITÀ
In questo progetto un ruolo fondamentale è rivestito dalla luce. Nonostante l’edificio appaia compatto e massivo, l’interno è luminoso grazie all’attenta combinazione di pieni e vuoti in facciata. La luce naturale proviene dagli elementi vetrati che fiancheggiano il corridoio di distribuzione centrale su entrambi i lati e che si alternano ai pannelli opachi portanti dell’edificio. Questa struttura regolare (che segue uno schema modulare di larghezza pari a 1,2 m) permette di suddividere lo spazio interno mantendendo una distribuzione centrale con spazi di lavoro/riunione verso l’esterno, creando delle fasce con spazi flessibili, in modo da poterli adattare alle esigenze future e quando necessario. La grande vetrata di ogni stanza ricrea un ambiente aperto, luminoso, dove il paesaggio naturale che circonda l’edificio è incorniciato e portato all’interno, ricreando dunque un’atmosfera di lavoro piacevole e rilassante. Le finestre, di dimensioni generose, sono incorniciate da elementi geometrici sporgenti, realizzati in monoblocco, grazie all’ausilio di apposite casseformi per i getti della struttura. In relazione alla localizzazione del sito, prossima all’equatore, gli elementi sporgenti sono stati progettati per fornire un’adeguata protezione solare, garantendo in questo modo la percezione di una facciata monomaterica. La maggior parte delle aperture, con vetri di sicurezza anti-intrusione, è progettata con una porzione opaca, apribile (per garantire l’areazione naturale) ma protetta da un grigliato in alluminio, nella stessa materia del telaio (sia dentro che fuori). Oltre alla luce, altro elemento che vuole esprimere l’architettura svizzera è la realizzazione di una copertura a verde pensile, in grado di attenuare il carico termico gravante sull’edificio, attraverso la piantumazione di essenze resistenti (Aptenia cordifolia), integrandosi anche con il contesto paesaggistico. A tale soluzione si aggiunge la presenza di grandi alberi, che con le ombre proiettate dalla chioma, contribuiscono a proteggere l’edificio dall’esposizione solare. Poiché l’Agenzia delle Nazioni Unite per l’Ambiente ha sede in Kenya, la sostenibilità ha avuto un ruolo centrale. L’impatto ambientale dei materiali utilizzati (produzione, trasporto) è stato un fattore importante per la scelta, tale per cui sono stati preferiti i materiali prodotti senza emissioni inquinanti e disponibili localmente. A tale fattore si aggiunge l’impiego di un sistema di raccolta e trattamento delle acque meteoriche (reimpiegate per l’irrigazione e per lo scarico dei servizi igienici). Ai fini del contenimento dei consumi energetici, oltre ad ampie aperture per massimizzare la luce naturale, sono stati impiegati dei sistemi di illuminazione con tecnologia led.

 

Scheda progetto
Località: Rosslyn Green Estate Rosslyn Green Drive
Data: 2011 international competition october 2014 - august 2016 construction period, 2018 opening
Committente: Swiss confederation finance department - federal office of construction and logistics
Architecture and interior design: ro.ma roeoesli & maeder architekten gmbh, dipl architekten sia bsa
Consulenti: Christian Maeder, Philipp Röösli, Adrian Rogger
Architetto locale: DMJ Architects
Consultants: Simon Johnson
Project management: Mentor Management Ltd.
Consultants: Andrew Ward, Lawrence Mureithi
Architetto paesaggista: Concrete Jungle
Strutture: BG Ingenieure und Berater AG (Zurigo)
Consultants: Markus Pieper
Services: BG Ingenieure und Berater AG
Gross area: 4,046 mq
Project/construction manager: PSCL Parbat Siyani Construction Limited, Nairobi
Photos: Iwan Baan, Fabio Idini
Text: Amalia Vivian

Arketipo 147, Interdictum, giugno 2022