Ancora un’importante opera di connessione tra il luogo in sé, con la sua storia, e il suo carattere simbolico. È la nuova sede della Tanzhaus di Zurigo, la celebre scuola di danza, distrutta da un incendio nel 2012 e ricostruita nel 2019, dopo un concorso pubblico. Una strada ben nota, questa, per Fabrizio Barozzi e Alberto Veiga: la Szczecin Philharmonic Hall, l’ampliamento del Museo d’Arte di Coira, la scuola di Musica di Brunico e il nuovo Museo Cantonale delle Belle Arti di Losanna hanno seguito proprio questi sviluppi. Interventi esemplari di ricucitura del tessuto urbano, di riscoperta di ciò che non era visibile o fruibile, di pacificazione con la storia, sia essa presente negli edifici conservati, sia essa nella memoria del luogo. Un percorso che è anche un manifesto progettuale che radicalizza alcune riflessioni sul rapporto tra progetto e costruzione. La Tanzhaus è il più importante centro svizzero per la danza contemporanea, nonostante la sua fondazione risalga soltanto al 1996. All’epoca occupava, insieme alla Swiss Textile School, gli edifici di una ex fabbrica della seta situata sulle rive del fiume Limmat, ma nel 2012 un incendio ne distrusse il palco principale. La municipalità si attivò velocemente per bandire un concorso internazionale per la progettazione di un nuovo edificio e contestualmente la trasformazione della porzione di sponda del fiume. Il nuovo edificio, realizzato in meno di tre anni, è stato inaugurato e aperto al pubblico il 6 settembre 2019.

Una “semplice architettura” - come è stata definita dai giornali locali - che crea spazi sorprendenti. Come altre opere di Barozzi/Veiga, risulta semplice, di immediata comprensione, ma la sua semplicità è frutto della sintesi formale di un percorso approfondito. È semplice, quasi impercettibile, perché così armoniosamente inserita nel suo contesto da risultare naturale, propria di quel luogo. Il suo volume gradinato, che accompagna la discesa della collina dalla Wasserwerkstrasse 127, e la facciata continua ad aperture trapezoidali riprendono le infrastrutture circostanti: i viadotti, i moli lungo il fiume, le numerose strutture galleggianti longitudinali che caratterizzano il contesto; il cemento a vista - che ricorda la precedente struttura - si lascia avvolgere dai percorsi pedonali che si uniscono a quelli della passeggiata lungo il fiume. È così che ancora una volta si sostanzia la teoria della “monumentalità sentimentale”, quella che Barozzi e Veiga traducono in un’architettura in “equilibrio tra la specificità del luogo e l’autonomia della forma”. La lunga facciata di vuoti e pieni trapezoidali e la struttura stratificata che poggia sulla collina celano, infatti, la forte identità del nuovo monumento cittadino, il tassello mancante che consente di rigenerare lo spazio pubblico prospiciente lungo la sponda del fiume. “[…] la scelta della forma trapezoidale delle aperture è il risultato di una rivisitazione del tradizionale sistema ortogonale di pilastri, travi e finestre rettangolari. Una forma, quella del trapezio, a cui si è arrivati come sintesi” (Barozzi/Veiga), cercando la massima permeabilità tra esterno e interno, tra la passeggiata lungo la riva e la passeggiata del foyer e allo stesso tempo il mantenimento degli standard climatici nell’edificio. La ripetizione di questa forma particolare e l’uso di un cemento isolante performante hanno infatti permesso di realizzare una facciata strutturale continua, che protegge e caratterizza l’edificio allo stesso tempo. Il ritmo di pieni e vuoti persegue tre aspetti principali: la volontà di instaurare un dialogo tra il nuovo edificio e il contesto; la necessità di garantire la presenza di massa di materiale per gli aspetti strutturali ma, allo stesso tempo, una relazione permeabile con lo spazio pubblico esterno; l’obbligo di controllare e limitare l’ingresso della luce solare nell’edificio, parallelamente all’intenzione di evitare l’uso di sistemi meccanici di schermatura solare o di ulteriori materiali accanto alla struttura in cemento armato ‘puro’.

Al fine di proteggere l’edificio da eccessive radiazioni solari, il progetto propone, inoltre, una soluzione basata sull’uso della vegetazione. Utilizzando sei diversi tipi di piante rampicanti decidue, l’edificio riesce a raggiungere i valori richiesti dalla normativa durante i mesi più soleggiati dell’anno. Durante l’inverno, la vegetazione diventa più rada e permette l’ingresso all’interno dell’edificio di una maggiore quantità di luce. Le ombre risultanti dal disegno della facciata e dalla vegetazione diventano una delle caratteristiche principali del foyer. Il programma è organizzato su due livelli, separando gli usi privati, alla quota superiore (livello 0), da quelli pubblici al piano inferiore (livello -1). Qui si collocano le sale prove introdotte dal lungo foyer con il bar, il cui ingresso è direttamente connesso con la passeggiata lungofiume e con la scalinata per risalire in Wasserwerkstrasse. Alla quota superiore, si trovano una terrazza privata sul tetto del foyer e, all’interno, gli uffici e il grande auditorium per gli spettacoli. Al secondo livello la serie di aperture trapezoidali si viene a trovare nella fascia alta della parete esterna, illuminando così le scene con luce naturale. I due diversi ritmi di finestre creano dinamismo in una facciata modulare. Espressiva e vitale, se osservata dall’altra sponda del Limmat, la Tanzhaus si nasconde alla vista dalla strada che corre in cima. Si intravvede soltanto il blocco dell’ascensore in cemento a vista - un altro segno evocativo di un passato industriale di cui ancora si conserva la memoria. Un’opera innovativa, non solo in se stessa, ma perché capace di riprogettare un’area della città e di diventare punto di riferimento visivo.

CALCESTRUZZO ISOLANTE. TECNICA COSTRUTTIVA E SPERIMENTAZIONE PROGETTUALE
Una sequenza di colonne trapezoidali caratterizza formalmente il prospetto del nuovo edificio, oltre a permettere una relazione permeabile con lo spazio pubblico al livello del fiume e un maggior controllo di luce naturale all’interno dell’edificio. La facciata strutturale risulta, dunque, l’elemento costruttivo che ha richiesto la maggior attenzione. Realizzata interamente in cemento isolante, appare come un elemento monolitico in cui struttura e tamponamento sono fusi in 68 cm di spessore. Le costruzioni monolitiche sono caratterizzate dal fatto che le pareti e i soffitti sono costituiti da un solo strato. I prodotti come il calcestruzzo isolante devono fornire, dunque, non solo la stabilità richiesta, ma anche le proprietà isolanti desiderate: non sono presenti barriere al vapore, strati isolanti o intonaci; le superfici risultanti sono uniformi e finemente strutturate in modo da non rendere necessari ulteriori trattamenti o finiture. Di conseguenza, la fase costruttiva per la Tanzhaus è consistita nel getto del cemento, nella rimozione del cassero e nell’asciugatura della struttura risultante, riducendo il tempo necessario per la costruzione. La necessità di scaricare i pesi della facciata lungo le diagonali - per compensare le limitate prestazioni meccaniche del cemento isolante – ha, inoltre, determinato la forma trapezoidale delle colonne. La forza comunicativa del cemento non viene attenuata neanche dalla presenza di oscuranti (tende o brise soleil), prescritti dalla normativa per il controllo della radiazione solare. Nella Tanzhaus gli architetti sperimentano una soluzione alternativa: l’utilizzo di un sistema vegetale realizzato da diverse specie di piante rampicanti a foglia caduca che consentono di schermare le vetrate nel periodo estivo e far filtrare i raggi durante l’inverno. La crescita dei rampicanti crea, inoltre, un moderno gioco di ombre sul prospetto. L’impatto estetico risultante ha un sapore contemporaneo sotto tutti gli aspetti.

Scheda progetto
Architetto: Barozzi / Veiga
Committente: Eigentümerin immobilien Stadt Zürich. Represented by Stadt Zürich, Amt für Hochbauten
Concorso: 2014
Progetto: 2015-2018
Costruzione: 2016-2019
Budget: 12.960.000 euro aprox.
Usable floor area: 1.500 mq
Principal architects: Fabrizio Barozzi, Alberto Veiga
Design team: Katrin Baumgarten, Verena Recla; Patrick Boner, Paola Calcavecchia, Raquel Corney, Marta Grządziel, Adrien Mans, Cristina Porta, Agnieszka Samsel, Ivanna Sanjuan, Malte Sunder-Plassmann, Diletta Trinari, Maria Ubach
Project manager: LeanCONSag | Dominik Schlatter
Structural engineer: Pöyry Schweiz AG
Services engineers: hps energieconsulting AG Walter Salm, Meier & Partner AG Gerber + Partner Haustechnik AG
Façade consultant: GKP Fassadenplanung AG
Building physics and minergie consultant: Energiekonzepte AG
Stage design: Tokyoblue GmbH
Stage and audio engineering: Stageparts GmbH
Acoustic consultant: Rocket Science GmbH
Landscape architects: Müller Illien Landschaftsarchitekten GmbH
Signage: WBG AG | Weiersmüller Bosshard Grüninger
Photos: Simon Menge

Arketipo 150, Calcestruzzo, ottobre 2021