Una pelle in policarbonato avvolge la struttura di calcestruzzo armato prefabbricato tipica delle costruzioni sovietiche degli anni Sessanta: un involucro traslucido racchiude ciò che resta del passato dell’edificio e lo rende attuale. Questa è la caratteristica peculiare della nuova sede del Garage Museum of Contemporary Art a Mosca, in Gorky Park, un punto di riferimento fondamentale per la diffusione dell’arte contemporanea in Russia. Si tratta della terza collocazione: fondato nel 2008, la sua prima dimora è stata un’architettura realizzata nel 1927 su progetto dell’architetto costruttivista Konstantin Melnikov, il Bakhmetevsky Bus Garage (da cui il museo prende il nome), ubicato nella periferia della capitale russa; è stato poi trasferito in un padiglione temporaneo disegnato da Shigeru Ban del 2012, e infine, dal 2015, nell’attuale sede.
Il Garage Museum occupa ora il fabbricato che negli anni Sessanta ospitava il ristorante Vremena Goda (Le quattro stagioni), una costruzione sobria con uno scalone centrale. Dopo essere stato abbandonato negli anni Novanta, lo stabile è rimasto esposto agli agenti atmosferici (neve, pioggia e sole), si è rovinato al punto da rimanere uno scheletro quasi privo di facciate. La ristrutturazione ha preservato gli elementi del periodo sovietico che sono sopravvissuti all’incuria: una parete a mosaico (che rappresenta l’estate e un tempo adornava la sala principale del ristorante), piastrelle in ceramica e mattoni (nell’atrio le vecchie pareti in mattoni sono coperte in maniera disomogenea da deliziose piastrelle verdi), affiancandoli a innovativi dispositivi espositivi e originali soluzioni architettoniche.
L’interno ha un aspetto che potremmo definire “industriale” a causa della struttura in calcestruzzo armato a vista, benché la destinazione d’uso precedente non fosse tale. All’arte contemporanea sono offerti sfondi arricchiti da tracce di storia del luogo, ma possono trasformarsi, secondo le indicazioni dei curatori, in white box tramite pareti mobili collocate parallelamente al soffitto che, essendo incernierate, possono essere abbassate all’occorrenza, realizzando sale espositive temporanee.
Il museo è allestito su due livelli di open space, organizzati attorno a due nuclei contenenti i collegamenti verticali, e un mezzanino: su una superficie di circa 5.400 mq sono disposti gallerie espositive, un’area creativa per bambini, un auditorium, un bookshop, un caffè, alcuni uffici. È presente una terrazza in copertura. Un’apertura di 9x11 m nel solaio superiore determina un volume a doppia altezza (di circa 10 m) per l’atrio d’ingresso, utile per l’esposizione di sculture extralarge. Un percorso pubblico ai piani inferiori connette il bookshop, la mediateca, l’auditorium e il caffè che è stato immaginato come un soggiorno informale dell’era sovietica. Le chiusure verticali in policarbonato sono costituite da due strati distanziati di circa 80 cm: l’intercapedine contiene un’ampia parte delle canalizzazioni impiantistiche, permettendo di lasciare liberi gli spazi espositivi. La facciata diafana, che arriva a un’altezza di circa 12,5 m, è sollevata 2,25 m dal piano campagna: sotto è posta una vetrata (con montanti e traversi), con filo esterno in posizione arretrata, che fa quasi il giro dell’edificio e sembra sollevarlo visivamente da terra. I locali del padiglione vengono così riconnessi visivamente all’ambiente circostante: l’apertura verso la vegetazione e i dintorni è piacevole per i visitatori e consente alle persone in Gorky Park di vedere lo svolgersi delle attività all’interno. Al livello superiore una fascia vetrata alta 150 cm a partire dalla quota di pavimento divide in due il rivestimento traslucido su parte del fianco est e parte del fianco sud.
Gli ingressi al museo sono evidenziati da due grandi moduli di facciata che scorrono verso l’alto, incorniciando le opere d’arte esposte nella doppia altezza dell’atrio e fornendo, attraverso la retrostante vetrata, una vista completamente dischiusa verso il parco. L’unica porzione con finitura opaca, in pannelli lignei con fissaggi a scomparsa, corre inferiormente sul prospetto est, parzialmente sul prospetto nord, dove il passaggio dalla chiusura opaca a quella trasparente avviene a gradoni (evidenziando il layout del bookshop), e sul prospetto sud dove è il profilo di una scala a fare da confine tra legno e vetro. Per quanto riguarda il rapporto con il contesto, la superficie continua in policarbonato è un significativo elemento di riduzione dell’impatto visivo dell’edificio: la vegetazione attigua e le condizioni atmosferiche si riflettono sulle pareti con un suggestivo effetto cangiante a seconda della luminosità, della posizione del sole e dello scorrere delle stagioni. Tanto più che l’area verde esterna può ospitare spettacoli ed eventi culturali a cui il Garage Museum of Contemporary Art si presta a fare da scenografia. L’involucro, grazie ai pannelli translucidi utilizzabili come schermi da retroproiezione, può essere trasformato in un gigantesco apparato di comunicazione multimediale che trasferisce informazioni dal luogo espositivo allo spazio urbano adiacente. Il policarbonato in passato sarebbe sembrato un materiale piuttosto inconsueto per edifici di un certo rilievo, ma ormai è da ritenersi “sdoganato” dato che lo troviamo in vari progetti interessanti degli ultimi anni, ad esempio il Laban Centre a Londra di Herzog & de Meuron, il National University Museum Of Art a Seul e la Fondazione Prada a Milano di OMA.
FACCIATE IN POLICARBONATO
La facciata è composta da due pareti interamente di policarbonato alveolare, separate da una distanza di 80 cm: i pannelli sono installati verticalmente su una sottostruttura con montanti di acciaio. Per la superficie esterna è stato impiegato un prodotto a doppio strato con spessore totale di 78 mm che massimizza l’isolamento termico in ogni stagione assicura la continuità visiva richiesta dai progettisti. La parete interna è di 12 mm per garantire la massima trasmissione luminosa nei locali. In tutto si hanno quindi 3 strati di policarbonato. L’intercapedine di 80 cm svolge un ruolo di integrazione impiantistica: per minimizzare la quantità di attrezzature in corrispondenza dei soffitti, essa contiene i condotti di riscaldamento, ventilazione e aria condizionata. L’interazione con gli impianti (HVAC oltre ai sistemi di controllo dei solai radianti) è molto importante perché il layout dei canali diventa un elemento cruciale nella resa dei prospetti: se si guardano frontalmente è possibile vedere le canalizzazioni, invece da altre angolazioni esse sembrano scomparire. Per effettuare la pulizia, la manutenzione e le revisioni dei motori delle porzioni apribili sono predisposti dei piani di calpestio grigliati: l’accesso avviene tramite “porte” inserite sul lato interno della chiusura verticale. Questa scelta costruttiva permette di sfruttare al massimo l’illuminazione naturale, mentre i flussi convettivi d’aria generati nell’intercapedine riducono il ricorso a sistemi di climatizzazione e riscaldamento, consentendo un risparmio energetico in tutte le stagioni. Durante l’estate a Mosca c’è una sensibile escursione termica giornaliera quindi la ventilazione notturna, fatta passare attraverso la parete, può essere usata per raffrescare gli ambienti interni, riducendo i carichi dell’aria condizionata: l’ingresso dell’aria è gestito mediante alette mobili alla base della facciata e in sommità, verso la copertura.
LA FACCIATA APRIBILE
La doppia parete in policarbonato è stata adottata anche per i due portali d’ingresso, scorrevoli verticalmente, che quindi, quando sono chiusi, non interrompono la continuità dei prospetti. Quando sono aperti indicano invece in maniera inequivocabile, e da ogni punto di vista, la posizione delle entrate del museo. Il modulo, che misura circa 10x10 m, è mosso da motori a ingranaggi, posizionati su entrambi i lati, che azionano cavi di acciaio zincato passanti su apposite carrucole. Per ragioni di sicurezza sono presenti dei contrappesi. Cuscinetti a rullo sono fissati alla struttura portante mentre i montanti dell’anta mobile sono profili a C che funzionano come binari e scorrono sui cuscinetti. Pure per la porta dell’area di carico/scarico sul lato ovest dell’edificio (utilizzata per far entrare le opere d’arte) è stata mantenuta la stessa finitura esterna. Tale porta, che è circa 3,6 m di larghezza e 3,3 m di altezza, si apre verso l’esterno, mossa da un meccanismo idraulico: la rotazione avviene attorno al bordo orizzontale superiore (apertura a “visiera”) che è appeso con potenti cerniere all’architrave. La porta ha una struttura idonea a garantire la resistenza in fase di movimentazione e sotto l’azione del carico di vento: inoltre, minimizza la freccia della porta quando è nella posizione aperta.
RINFORZI STRUTTURALI
Durante i 20 anni di abbandono dell’edificio, la capacità portante di molte parti della struttura principale è stata seriamente ridotta o completamente distrutta. Il cambio di destinazione d’uso ha richiesto significativi interventi di rinforzo, anche perché i sovraccarichi per un museo sono molto maggiori di quelli richiesti per un ristorante. Per di più, le normative sono cambiate nel corso del tempo e ora sono maggiormente esigenti: è stato indispensabile rivedere e ricalcolare tutta la struttura sulla base delle conoscenze attuali. I progettisti strutturali hanno cercato di applicare rinforzi invisibili lungo i pilastri e le travi esistenti adottando dispositivi che sono poi stati nascosti da un nuovo strato di calcestruzzo. Le travi principali sono state rinforzate fino a triplicare la loro portata. Nei solai, per impedire lo scorrimento tra i due strati di calcestruzzo, sono stati inseriti dei perni a taglio. Lo strato di calcestruzzo aggiuntivo porta la pressione mentre la trazione è portata dalle armature dello strato più vecchio. Questo è stato possibile perché le armature esistenti si sono conservate abbastanza bene e perché la geometria delle nuove sezioni è stata pensata in modo che l’asse neutro fosse sempre sul calcestruzzo supplementare. Le fondazioni sono state riviste perché erano puntuali (una singola fondazione per ogni colonna) ma con i carichi odierni si sarebbero generati rilevanti cedimenti differenziali. È stato necessario scavare per portare alla luce le fondazioni e per connetterle formando una platea. È stata aggiunta una scala in corrispondenza del lato nord per soddisfare le richieste in merito alla sicurezza in caso di incendio. Coperta dalla cortina di policarbonato, è completamente indipendente, termicamente separata e si estende come un tubo attraversando i vari livelli, conducendo fino alla copertura.
Scheda progetto
Architetti: OMA
Committente: Garage Museum of Contemporary Art
Località: Gorky Park, Moscow
Sito: Former restaurant, Vremena Goda Pavilion (1968)
Area: 5,400 mq
Progetto architettonico: OMA
Team Partner-in-Charge: Rem Koolhaas
Project Architect: Ekaterina Golovatyuk
Team: Giacomo Cantoni, Nathan Friedman, Cristian Mare, John Paul Pacelli, Cecilia del Pozo, Timur Shabaev, Chris van Duijn
Con: Yashin Kemal, Timur Karimullin, Federico Pompignoli, Marek Chytil, Salome Nikuradze, Boris Tikvarski
Architetti locali: Form Bureau (concept phase), Buromoscow (construction phase)
Ingegnerizzazione: Werner Sobek
Scenografia: dUCKS, Les Éclaireurs
Struttura facciata in metallo e vetro: Lumitex
Facciata in legno: Lumi
Pannelli in policarbonato: Manufacturer Dott.Gallina
Installatore: Lemo-Koepels
Struttura in metallo piano terra e finestre a nastro: Lumitex (RU)
Compensato di betulla, alluminio anodizzato, parquet in rovere tinto: Nayada
Pavimento in resina: Pol-Beton
Arredi: Nayad
Photos: Iwan Baan, Vasily Babourov, Oma, Yuri Palmin