Vista del fronte sud, con un foro centrale che scava in modo fluido il volume complessivo

All’interno della straordinaria e prolifica produzione di Zaha Hadid e Zaha Hadid Architects, l’edificio che è pubblicato in queste pagine è stata l’occasione per esplorare alcuni elementi di novità ed evoluzione del loro linguaggio, che hanno poi portato a ulteriori innovazioni nelle opere successive. In linea con gli elementi di ricerca e interesse che hanno contraddistinto tutta la sua carriera, nell’Opus di Dubai, che Zaha presentò per la prima volta nel 2007, si è voluto esplorare il tema dei volumi puri scavati da vuoti di forma fluida, indagando le tecnologie di facciata per rendere al meglio la dinamicità del contrasto tra geometrie lineari e geometrie fluide. All’interno del composito panorama di edifici alti vetrati che contraddistingue Dubai, in molti casi con caratteri anonimi e scarsa ricerca architettonica contemporanea, Zaha Hadid Architects voleva in questo caso dar vita invece a un edificio che, seppur non particolarmente alto in questo contesto - “solo” 20 piani - animasse il dibattito e fosse un’occasione di riflessione, e di attrazione, per la città. Si trattava di un’opportunità importante anche in chiave di sperimentazione perché, non solo era la prima occasione per ZHA di progettare a Dubai, ma soprattutto in quanto si poteva realizzare un’opera totale, coerente in ogni sua parte, avendo l’incarico di progettare anche tutti gli elementi interni, compresi gli arredi. Opus si trova in una posizione centrale, a solo una fermata di metro dal Burj Khalifa, a Business Bay, sul Dubai Water Canal, adiacente a Downtown Dubai. L’edificio ha un programma con funzioni soprattutto legate al turismo, breve o di lunga durata. In primo luogo un albergo, chiamato ME Dubai, gestito dal gruppo Meliá, a cui si aggiungono nei piani alti dei “serviced apartments”, appartamenti con servizi forniti direttamente dall’hotel, oltre a un buon numero di ristoranti e bar. Nei piani centrali vi sono anche alcuni uffici. Il concept di progetto consiste in un elemento geometrico puro e lineare, quasi un “cubetto” di ghiaccio riflettente, scavato in modo affascinante, come avviene in natura, dal progressivo scioglimento della materia solida al suo interno. Partendo da questa idea era così possibile esplorare in modo nuovo la progettazione di un hotel in grado di far vivere l’emozione dell’equilibrio e delle differenze tra solido e vuoto, opaco e trasparente, interno ed esterno, statico e dinamico. Nel passaggio dal concept alla realtà, favoriti anche da una dilatazione dei tempi di realizzazione che ha permesso di svolgere ricerche complesse in vari settori e parti del mondo, l’edificio costruito è schematizzabile come due torri separate che si fondono in sommità, su un lato, ricostituendo la forma del “cubo”, ovvero della geometria lineare.

Il “cubo” è “eroso” al suo centro da un vuoto a forma libera alto otto piani, che sottrae un volume importante alla forma primaria, rendendo “drammatico” e affascinante il contrasto che si crea. Le due metà di Opus, ai due lati del vuoto, sono connesse tra loro dall’atrio a quadrupla altezza posto alla base dell’edificio, connesso al livello pedonale della città, oltre che dal ponte asimmetrico alto tre piani di cui si è già detto, con luce di trentotto metri e posto a 71 metri di altezza rispetto al suolo. Volendo esplorare il tema della dinamicità e delle differenze, particolare attenzione è stata posta nella progettazione sia degli spazi interni sia, come si vede nei disegni e nei dettagli pubblicati nelle pagine successive, alle tecnologie e tecniche realizzative delle facciate vetrate. Durante il giorno, il contrasto tra le facciate perimetrali lineari e il vuoto centrale fluido è enfatizzato ed esaltato in molti modi: dal vetro che riflette in modo diverso il cielo, il sole e la città circostante, dal colore neutro dei vetri esterni che si contrappone al colore blu utilizzato per quelli posti nel vuoto centrale, dal disegno a bande orizzontali - sottili linee differenti che avvolgono dinamicamente le facciate trasparenti perimetrali -, ottenuto applicando in modo variabile sui vetri un pattern a piccoli punti specchiati. Al tramonto, come si vede in alcune delle foto pubblicate, la sensazione visiva cambia, le linee disegnate sulle facciate diventano ancora più visibili e il vuoto centrale si “anima”, con riflessi continuamente mutevoli. Di notte, il vuoto è illuminato da un’installazione luminosa dinamica di led controllabili individualmente all’interno di ogni pannello di vetro, con un disegno a punti sugli angoli delle lastre, che enfatizza la discretizzazione geometrica fluida dei pannelli. A queste sensazioni che il visitatore può vivere dall’esterno, se ne aggiungono molte altre varcando le porte di ingresso dell’hotel. L’ampio e alto atrio è immerso nella intensa luce naturale che proviene dalla parte bassa del foro vetrato, che diventa copertura di questo spazio e permette di ammirare il vuoto da una posizione di forte effetto. Pensato come un “salotto” urbano, l’atrio è solcato da alcuni elementi a forte sbalzo, terrazze con andamento scalato sui quattro livelli, che appaiono quasi come petali in aggetto rispetto a gambi flessuosi che li sorreggono. Attraverso questi spazi, e i ballatoi che si congiungono con essi, l’atrio è animato continuamente dal flusso delle persone che si muovono ai vari livelli verso i ristoranti, i bar e le camere, affacciandosi su di esso. All’ultimo piano, è anche presente una mostra con i modelli di alcuni dei principali edifici realizzati e progettati da ZHA, negli Emirati e nel mondo.

L’hotel comprende 74 camere e 19 suite, anche con tagli differenti; esse sono state pensate con varianti di colori e arredi di diverse tipologie, dando vita a più possibili “stili” che sono tutti coerenti col concept di dinamicità e unicità che contraddistingue tutto il progetto. Come già accennato, anche gli arredi sono stati disegnati da ZHA. Nelle camere, colpiscono molto i bagni, con la collezione “Vitae” disegnata nel 2015 per Noken Porcelanosa, presente sia in versione bianca che versione nera, riprendendo il linguaggio fluido presente in tutto l’edificio. I letti sono stati disegnati appositamente e si chiamano “Opus”, mentre i divani combinati con scrivania “Work & Play”, sempre di ZHA, sono presenti solo nelle suite. Negli atrii, sia dell’hotel che dei serviced apartments, sono presenti, i divani “Petalina” e i baccelli “Ottomans”, sempre contraddistinti dal tema della dinamicità e delle forme libere, che garantiscono anche grazie alla loro geometria e ai loro materiali livelli differenti di privacy visiva e acustica. Essendo collocati in un luogo ad alta frequentazione come sono gli hotel, i materiali con cui sono stati realizzati sono stati scelti per garantire un lungo ciclo di vita ed essere in futuro riciclabili. L’hotel segue le iniziative previste da Meliá International, in termini di sostenibilità, in tutti i suoi alberghi. Per cui, oltre all’attenzione alle schermature solari puntiformi sulle facciate vetrate, vi sono una serie di altri aspetti da evidenziare. Dal punto di vista impiantistico, ad esempio, grazie a dei sensori presenti in tutto l’hotel, la ventilazione meccanica e l’illuminazione sono regolate in base all’occupazione reale degli spazi. Per quanto riguarda invece pratiche legate alla gestione e accoglienza degli ospiti, a ognuno di essi viene fornita una bottiglia in acciaio inossidabile da utilizzare durante il loro soggiorno con distributori di acqua potabile installati in tutti gli spazi, eliminando la presenza di bottiglie di plastica nelle camere. L’hotel è completamente privo di plastica monouso in tutte le aree. Sempre in questa ottica, l’albergo contribuisce a ridurre i rifiuti alimentari; ad esempio non prevedendo distribuzione di pasti e colazioni a buffet libero e avendo contenitori appositi per raccogliere e riciclare gli scarti organici.

LE FACCIATE VETRATE: UNA SPERIMENTAZIONE RIUSCITA
Una delle sfide richieste dal concept di Opus, con un aspetto che oscilla tra la percezione di “cubo” scavato e quella di due torri collegate in sommità, con delle facciate cangianti e un grande vuoto centrale, è stata la progettazione e realizzazione delle facciate. Per vincere la sfida, nei vari anni di ideazione e progettazione, sono state studiate, selezionate e testate diverse tecnologie di lavorazione del vetro, abbandonandone progressivamente alcune dopo ulteriori studi e privilegiandone altre. Tra gli aspetti più complessi vi era la realizzazione della forma 3D a doppia curva, l’ottenimento del colore voluto, il raggiungimento di prestazioni adeguate al clima di Dubai, la gestione dei fenomeni naturali di focalizzazione delle radiazioni che la geometria scelta comportava, assicurando al tempo stesso un aspetto visivo senza soluzione di continuità tra i diversi elementi: copertura, “pareti” e intradosso del foro. Il tutto scegliendo tecnologie e materiali non convenzionali procurabili in quantità sufficienti in tempi ragionevoli e mantenendo il progetto nel budget previsto. Tali sfide sono state vinte grazie a un team multidisciplinare di esperti che, per quanto riguarda le facciate, ha visto tra i protagonisti, insieme a Zaha Hadid Architects, Agnes Koltay Facades. Negli anni tra il 2009 e il 2012, il team di progetto ha individuato, valutato, considerato e visitato numerose aziende e realtà in Europa e in Asia per trovare soluzioni affidabili e al tempo stesso “fattibili”, per realizzare un progetto con un così alto grado di personalizzazione. Le strutture portanti, per vari motivi tecnici e legati al contesto, hanno fondazioni, pilastri e impalcati pieni, tutti in calcestruzzo armato gettato in opera. Solo l’estradosso e l’intradosso del vuoto centrale, rispettivamente copertura dell’atrio e parte inferiore del ponte asimmetrico di collegamento posto in sommità, hanno una struttura in travi curve d’acciaio. Le strutture sono state tutte rivestite con le due differenti tipologie di facciata vetrata. Le facciate poste sul perimetro, sono costituite da elementi in alluminio estruso a costituire delle campiture piane rettangolari con un vetro trasparente di colore neutro. Per ridurre il guadagno solare diretto, ma anche per enfatizzare quel carattere voluto di ambiguità e dinamismo tra trasparenza e riflessione, sulle lastre è stato applicato un motivo continuo a specchio costituito da un disegno a puntini con dimensioni e passi differenti. Esso aiuta a sottolineare la volumetria ma, allo stesso tempo, la dissolve attraverso un continuo gioco di riflessi sempre diversi che si è ottenuto componendo variabilmente 12 tipologie di lastre con disegni a puntini differenti.

LA FACCIATA DEL VUOTO CENTRALE
Realizzare la facciata del vuoto centrale è stata la sfida più complessa. Costituita da 4.300 singole unità vetrate, appare come una superficie continua e fluida ma in realtà è costituita da una combinazione di vetri con spessore variabile, piegati in modi diversi e montati utilizzando tecniche differenti. Molte di queste componenti vetrate sono a doppia curvatura e hanno forme irregolari. La geometria è stata inizialmente ottimizzata per ridurre l’uso di unità di vetro a doppia curvatura, con una soluzione finale che vede una combinazione di vetri piani, a curvatura singola, a doppia curvatura curvati a freddo e a caldo. La facciata è stata sviluppata utilizzando una varietà di strumenti di modellazione 3D e di fabbricazione per la costruzione primaria e secondaria in acciaio, così come per i profili curvi in alluminio, gli elementi di fissaggio e le unità di vetro. La produzione è internazionale: la sottostruttura con oltre diecimila profili di alluminio curvati individualmente proviene dalla Danimarca e dai Paesi Bassi, le unità di vetro sono state prodotte da tre fabbriche in Cina, assemblate poi negli Emirati Arabi e installate con precisione in cantiere. La scelta della tipologia di vetro è stata preceduta da un lungo processo decisionale e di modellazione. A differenza delle lastre di vetro piane, non esistevano valori tecnici certi relativi alla resistenza a compressione, trazione e flessione delle lastre di vetro curve. La curvatura e lo spessore del vetro influenzano la rigidità alla flessione e di conseguenza si sono dovuti calcolare i raggi minimi e gli angoli massimi di flessione per ogni unità di vetro isolante dovuti ai carichi termici solari, oltre all’assorbimento massimo di energia fino alla rottura. Inoltre, la struttura del vetro doveva garantire che l’apporto solare rimanesse al di sotto di un certo limite per evitare pericolosi livelli di radiazione riflessa che avrebbero potuto portare alla rottura termica delle facciate. Nel clima di Dubai, il carico termico del vetro è molto più alto rispetto a zone più temperate e le unità di vetro scuro assorbono più energia. Inoltre, la geometria a forma libera crea una riflessione su sé stessa che in certe condizioni aumenta i carichi termici su parti della facciata. Un’analisi specifica ha aiutato a identificare le zone critiche all’interno della facciata nel vuoto centrale in cui era necessario avere vetri temprati - processo che all’epoca non era ancora stato testato industrialmente per le unità di vetro isolante a doppia curvatura. La tecnologia del vetro temperato chimicamente piegato a caldo non era praticabile con la scala e i numeri richiesti, per cui si è utilizzata una tecnologia alternativa nata per l’industria automobilistica con piegatura del vetro a caldo e tempera combinate.

Scheda progetto
Architetto: Zaha Hadid Architects (ZHA)
design: Zaha Hadid, Patrik Schumacher, Christos Passas
ZHA design director: Christos Passas
Periodo: 2012-2020
Area: 84,345 mq
Committente: Omniyat Properties
Hotel operator: Meliá Hotels
Design team (shell and core): Vincent Nowak (Project architect), Dimitris Akritopoulos, Javier Ernesto-Lebie, Paul Peyrer-Heimstaett, Sylvia Georgiadou, Phivos Skroumbelos, Marilena Sophocleous, Chiara Ferrari, Thomas Frings, Jesus Garate, Wenyuan Peng
Base built supervision team: Fabian Hecker (Team Leader), Barbara Bochnak (Team Leader), Tomasz Starczewski, Kwanphil Cho, Bruno Pereira, Dimitris Kolonis
Hotel and apartment interior design team 1: Reza Esmaeeli, Bozana Komljenovic (Project leads), Laura Micalizzi, Emily Rohrer (Senior Interior Designers)
Hotel and apartment interior design team 2: Alessio Costantino (Project lead), Sonia Renehan (Senior interior designer)
Bespoke furniture team: Maha Kutay (Project director)
Façade engineers: Agnes Koltay, Guillermo Fernandez - Koltay Facades (Dubai)
Façade contractors: Alu-Nasa (Dubai)
Main contractors: Brookfield Multiplex (Dubai)
Project management: Omniyat (Dubai), Gleeds (London)
Local architects: Arex Consultants, BSBG
Structural engineers: BG&E (Dubai), Whitbybird (London)
MEP engineers: Clarke Samadin
Lift consultants: Lerch Bates (Dubai) - Adam Scott, Roger Preston Dynamics (London)
Fire engineering: Design Confidence (Dubai), Safe (London)
Lighting Consultants: dpa lighting consultants, Illuminate (Dubai), Tim Downey, Isometrix (London)
Interior Consultants: HBA
Photos: Laurian Ghinitou, Agnes Koltay Facades, Me Dubai

Arketipo 154, Turismo, marzo 2022