Testo di Stefano Bernuzzi

THE WRONG HOUSE: THE ARCHITECTURE OF ALFRED HITCHCOCK
Steven Jacobs
010 Publishers, Rotterdam, 2007
   Testo di Stefano Bernuzzi


 

Definire architetto un regista può sembrare un paradosso, ma non nel caso in cui il soggetto è Alfred Hitchcock. E il titolo scelto dallo storico dell'arte Steven Jacobs per questa monografia recentemente pubblicata dall'olandese 010, nel suo essere ironico e provocatorio, nasconde una doppia verità. Da un lato il grande regista inglese ha sempre considerato l'architettura una componente fondamentale per i suoi film e dall'altro che molto spesso gli edifici e i set costruiti presentavano delle imperfezioni, degli errori, erano, in sostanza, "sbagliati" ma allo stesso tempo funzionali alla resa emozionale e narrativa del film, e solo un'analisi attenta e dettagliata come quella di Jacobs può portarla alla luce.
L'architettura al cinema è portatrice non solo dei propri valori e significati intrinseci ma questi vengono ogni volta interpretati e modificati una volta filmati, assumendone così di nuovi. In questo modo lo spazio raramente è neutro, soprattutto se si fa riferimento all'opera di Hitchcock che iniziò la sua attività proprio come set designer in Germania nei primi anni Venti, nel cuore delle avanguardie artistiche e cinematografiche europee, e tenne sempre in grande considerazione l'attività dei decoratori e dei designer a tal punto da volerli accanto a sè fin dal momento della stesura della sceneggiatura. "Una regola che ho sempre seguito è la seguente: mai usare un set semplicemente come sfondo. Usalo al cento per cento..." così sintetizza il regista il suo approccio verso la pratica architettonica nei suoi film. Non a caso molte delle immagini che più restano impresse nella memoria sono relative ai set dei suoi film, agli ambienti, alle case, agli scorci dei monumenti, ai particolari come scale o finestre che diventano simboli delle caratteristiche strutture narrative o dei temi più tipici di Hitchcock, la suspense o il voyeurismo.
L'assurda premessa che lo stesso Jacobs fa è che nonostante il lavoro di numerosi art director, architetti, fotografi e decoratori, tutti gli edifici più importanti nei suoi film vanno ricondotti all'attività di un solo "grande architetto": Hitchcock stesso. E' lui il vero autore camaleontico di una villa modernista, di un attico newyorkese, di castelli vittoriani, appartamenti londinesi, villaggi californiani, in una produzione che nessun autentico architetto avrebbe mai potuto realizzare, tanto ampio è il raggio di tipologie e stili adottati.
Il volume è suddiviso in due parti, dopo un'analisi generale sull'interpretazione dell'attività di Hitchcock e dell'uso di forme ed elementi architettonici nei set dei suoi film e degli spazi pubblici - città, monumenti e musei - che vengono considerati al pari dei set costruiti come elementi fondamentali della narrazione e dell'approccio emozionale. La seconda parte, sicuramente la più innovativa come approccio e come analisi, passa in rassegna una serie di specifici edifici presenti nei film, dal castello di Manderley al celebre Bates Motel fino alla wrightiana Vandamm House di "Intrigo internazionale". Jacobs ha disegnato ex novo le piante, gli alzati e le sezioni di questi edifici partendo dalla lettura dei film e più raramente basandosi sui pochi documenti originali conservati, dato che queste "finte" architetture non sono mai state costruite. Solo parti di queste sono state realizzate, fatta eccezione per l'attico di "Nodo alla gola" e l'intero isolato realizzato per "La finestra sul cortile", e ciò ha permesso di scoprire alcune inconguenze e inesattezze sfuggite all'attenzione maniacale e meticolosa di Hitchcock: piani sfalsati, stanze che ruotano di 180°, finestre che appaiono e scompaiono, una stanza posta obliquamente in modo del tutto implausibile in una casa georgiana, spazi senza alcuna funzione e stanze che dovrebbero esserci ma che in realtà non esistono. Errori che appaiono tali solo dopo un'altrettanta attenzione maniacale e meticolosa che Jacobs ha messo nel visionare ripetutamente le pellicole prese in esame, un lavoro che rende ancora più affascinate l'opera di quello che fino ad oggi era considerato "solo" un regista.

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