Tracce sul  territorio
Maurilio Ronchetti e Giorgio Goffi
Schede a cura di: Nicola Martinoli, Federico Rosa, Eleonora Zucchelli


Nell'interessante occasione di documentazione, analisi e confronto offerta dalla mostra "L[es] Etranger[es]", la sezione itinerari, che normalmente propone una raccolta di lavori di architetti italiani riferibili a specifici ed omogenei contesti regionali, presenta in queste pagine una selezione di significative esperienze progettuali di architetti stranieri in Italia, nell'ampio arco temporale che va dal 1900 al 1995.
La presenza in questa rassegna di lavori distribuiti sul territorio nazionale da Merano a Salemi e da Torino a Cormons non può nascondere il fatto che la maggior parte di tali esperienze sia concentrata nel nord Italia e ancor più nell'enclave veneziana dei Giardini di Castello.
Un'ulteriore considerazione in merito alla contenuta produzione complessiva rilevabile nel secolo scorso, a fronte del notevole incremento di questi ultimi anni, potrebbe involontariamente riportarci nel recente dibattito sull'atteggiamento "protezionistico" dell'architettura italiana. Tema, secondo noi, strumentalizzato da un certo giornalismo italiano a caccia di scoop,  piuttosto che di un vero e sentito problema da parte degli architetti italiani.
Riteniamo tuttavia che gli spunti più proficui che questa ricerca ci offre possano essere fertili nella misura in cui consentono di tornare nuovamente a riflettere sul fare architettura in Italia intendendo con questo una valorizzazione dell'architettura come strumento necessario alla riqualificazione capillare del paesaggio e del territorio urbano che viviamo quotidianamente.
Molte delle opere realizzate e qui illustrate sono strutture o padiglioni di rappresentanza che, seppur non inseriti in contesti storicizzati, cercano un sincero dialogo con la memoria o la naturalità dei luoghi, con quella tensione culturale e progettuale che da sempre ha caratterizzato una vastissima produzione di architettura, anche "minore", del nostro paese.
Il padiglione dei Paesi Nordici, esemplificativo in tal senso, o la casa di Tavole, sono già architettura "italiana", forse e ancor più di opere chiaramente autobiografiche di Sverre Fehn o di Herzog & de Meuron.
Ci sembra di poter rilevare che complessivamente le esperienze prodotte dal 1900 al 1995 abbiano condizionato in modo poco significativo le contemporanee esperienze progettuali degli architetti italiani seppure all'interno di questa selezione vi siano alcuni lavori di valore assoluto.
Certamente la gran quantità di progetti dell'ultimo decennio, documentati nella sezione "100 progetti", offrirà un più ampio panorama di confronto, riportando l'attenzione alla produzione contemporanea di architettura che, diretta conseguenza dell'effetto Bilbao, forse non aggiungerà nulla di nuovo alla esterofilia modaiola già intrapresa da molta produzione "italiana".
Il materiale esposto nella sezione contemporanea (1995-2005) della mostra permette di ampliare questa riflessione poiché alcune delle opere più recenti sembrano prediligere una non celata autoreferenzialità del progetto. Anche questo ci porta a concludere con amarezza che il tema del confronto con il luogo oggi non è di moda, forse il fare architettura in Italia più che guardare al di fuori richiede una costruttiva autocritica, tornando a riflettere sui riconosciuti meriti di un passato non troppo lontano.