Tra le cose belle di essere tra i primi visitatori a entrare in una nuova Expo, come è avvenuto per noi il 1° ottobre 2021, vi è la moltiplicazione delle sorprese perché, fino all’ultimo, non si ha mai in modo completo la percezione di cosa vi sarà di interessante e buono nella edizione appena inaugurata. Praticamente, prima dell’apertura, non circolano molte immagini dei padiglioni e i render a disposizione molto spesso raccontano una fase preliminare della progettazione, distante dall’architettura effettivamente realizzata.Tra le sorprese, la più piacevole è stata per noi proprio il padiglione nazionale progettato da Santiago Calatrava, con i suoi studi, per gli Emirati Arabi Uniti. La curiosità e l’interesse erano come sempre alti, perché ricoprire il ruolo di padiglione del Paese ospitante non è mai semplice. In aggiunta a questo, l’incremento delle aspettative era stato alimentato sia da una sapiente macchina di comunicazione che era riuscita a non svelare in anticipo molto sul progetto e soprattutto sul suo risultato finale, ma anche dalla curiosità personale di vedere come uno dei progettisti più noti e acclamati del panorama internazionale avrebbe interpretato il tema. Il ricordo non poteva non andare al padiglione del Kuwait che un giovane Calatrava propose trent’anni prima, proprio alla Expo di Siviglia del 1992, in cui già allora, sperimentando col suo talento il tema delle strutture dinamiche, stupì il mondo con un piccolo edificio la cui copertura era costituita da grandi e leggere “dita” che aprivano completamente il tetto ruotando e librandosi nel cielo regalando geometrie e prospettive spettacolari.

Il padiglione realizzato per la Expo di Dubai riesce a interpretare magistralmente il ruolo. All’interno del carico visivo tipico di una Expo, con le immagini, i suoni e i colori delle tante persone e padiglioni, esso riesce ugualmente a stupire, a essere maestoso e rappresentativo del Paese ospitante, riuscendo al tempo stesso a trasmettere sensazioni quali calma, rispetto e silenzio, con un’armonia che induce alla riflessione verso i temi che il padiglione e gli UAE vogliono trasmettere. Nato per essere un edificio permanente, che verrà riconvertito dopo l’evento a funzioni culturali e rappresentative, Calatrava progetta un padiglione compatto e simmetrico, che si concentra sul vertice del lotto a forma di settore circolare che gli era stato affidato, con una superficie di 15.000 mq, ponendosi così in stretta e immediata connessione visiva con la cupola Al Wasl, punto di attrazione di tutto l’evento. In questo modo, regala sin da subito ai visitatori appena entrati alla Expo, così come a coloro che assistono agli spettacoli che avvengono di continuo sotto la cupola, una delle sue viste più belle e spettacolari, permettendo di contemplare le diverse fasi dell’apertura delle sue ali. Tale collocazione all’interno del lotto, permette inoltre di disporre, sui lati e sul retro del padiglione, un bellissimo giardino che funge anche da area di decompressione rispetto alla frenesia tipica di Expo, portando progressivamente il visitatore ad avvicinarsi con la giusta predisposizione al padiglione, attraverso percorsi studiati con cura e dettaglio. Il giardino e il padiglione nascono infatti con un disegno a raggiera, scelto per essere fruibile a 360 gradi, sia visivamente che fisicamente senza angoli, distribuendo in modo ordinato ed elegante i volumi e i percorsi da e verso l’edificio, attirando così i visitatori da tutte le angolazioni: voluta metafora degli Emirati Arabi Uniti che accolgono e ricevono persone da tutte le angolazioni e i luoghi del mondo. Proprio le aree esterne e di attesa, caratterizzate anche da fontane, canali d’acqua (ispirati ai falaj) e pavimentazioni in elementi disegnati in pietra, sono tra i punti di forza del padiglione, vera e propria proiezione esterna disegnata del volume e degli spazi interni, con un paesaggio vegetale tipico del clima desertico, realizzato con migliaia di piante di dodici specie diverse, autoctone o adattive della regione, oltre a più di ottanta alberi, di cui più della metà sono un riferimento storico e identitario per gli Emirati Arabi. Dovendo rappresentare il Paese, Calatrava ha ricercato e colto diversi punti di riferimento culturale e tradizionale come fonti di ispirazione tra cui, il più citato ed evidente nel progetto finale, è il falco in volo. Simbolo nazionale degli Emirati Arabi, con la sua naturale eleganza e le grandi ali, esso ben rimanda idealmente ad aspetti che hanno contraddistinto i primi cinquant’anni di questa giovane nazione, quali ad esempio l’ambizione e lo spirito coraggioso e visionario di chi ha saputo immaginare una realtà che sembrava impossibile. Ulteriore ispirazione sono state le tradizionali tende beduine. Tali elementi, insieme ai colori, alle essenze e ai materiali di origine locale, sono integrati nel disegno del padiglione.

L’ingresso dei visitatori avviene attraverso due possibili entrate (per ottimizzare i grandi flussi di pubblico) poste ai lati del lotto, a nord e sud, che conducono inizialmente a un’area d’attesa realizzata nel paesaggio, riparata dall’ombra delle grandi ali a sbalzo. Il percorso di visita prosegue attraverso delle scenografiche passerelle che corrono lungo i lati del padiglione portando il visitatore a scendere gradualmente di quota, andando verso il fulcro del masterplan di Expo rappresentato da Al Wasl, scoprendo progressivamente la presenza del bel giardino posto a piano interrato, che porta all’accesso al livello inferiore del padiglione. Esso è caratterizzato da un ambiente fresco e tranquillo con specchi d’acqua e alberi che raffreddano naturalmente l’aria diventando un’oasi di tranquillità. Entrando da qui nel padiglione, inizia l’esperienza espositiva, immersiva e multisensoriale, con una mostra dal titolo “The Land of Dreamers Who Do” che, con un allestimento suggestivo contraddistinto anche da vere dune di sabbia ricostruite all’interno, coinvolge raccontando soprattutto la storia di questo popolo. L’esperienza si conclude entrando in un auditorium con capienza da 200 persone, che il visitatore inizialmente non vede nella sua forma esterna (la scoprirà con sorpresa uscendo), costituito da una sfera sfaccettata con struttura in acciaio a tubi e giunti, la cui platea è in realtà una grande piattaforma mobile che, durante la proiezione del film che conclude il programma espositivo, si solleva inaspettatamente e gradualmente alzando l’interno di tutto il teatro riportando i visitatori alla quota del giardino e del piano terra. Uscendo dall’auditorium, lo stupore continua, trovandosi nel grande spazio centrale bianco a tutta altezza, fulcro del padiglione, illuminato zenitalmente dal grande oculus di 12 metri di diametro con disegno che riprende il logo di Expo, con al centro il volume sferico che si può osservare in tutta la sua interezza affacciandosi alle balconate in vetro dell’atrio. Uscendo dal padiglione, si percorre il ponte che sovrasta il giardino sottostante, camminando in direzione di Al Wasl, connettendo così direttamente i due simboli di questa Expo. L’aspetto che dal vivo (e non solo) stupisce maggiormente, e di cui tutti comprensibilmente stanno parlando, sono però proprio le 28 ali mobili del padiglione che, nonostante pesino diverse tonnellate ciascuna, si dispiegano in modo perfettamente coordinato e silenzioso aprendosi in 180 secondi con posizioni ruotate dai 110 ai 125 gradi. La apparente semplicità e leggiadria con cui avviene questa danza, frutto di una poderosa e complessa ingegnerizzazione invisibile, tra l’altro italiana, genera, nelle diverse condizioni di luce, poetiche e spettacolari viste del padiglione, continuamente mutevoli durante tutta la giornata, a riposo e “in volo”, che sono innegabilmente tra i ricordi più belli che lascerà questa Expo a chi avrà la fortuna di visitarla.

OCULUS, SOSTENIBILITÀ E “LEGACY”
Uno degli elementi centrali e di maggior richiamo del padiglione è l’oculus, il lucernario centrale che lo chiude in sommità, a 28 metri di altezza, inondandolo di luce naturale. Esso è dotato di una schermatura interna tridimensionale a grande profondità realizzata in gesso, con una decorazione il cui disegno corrisponde al logo di Expo 2020 e che è stata “gettata” direttamente in cantiere all’interno di una apposita forma, poi sollevata tutta intera agganciandola alla struttura del lucernario. L’oculus è anche il punto di raccordo di tutta la struttura del tetto, rendendo così il concetto visibile e leggibile. La struttura di copertura ha infatti un funzionamento di tipo ibrido tra guscio e telaio a portale, grazie a un sistema di 29 lunghe costole in acciaio scatolari, con sezione variabile e disposte radialmente, che sono unite in sommità da una trave ad anello, per l’appunto l’oculus, dotato di elementi di irrigidimento interni, che lavora a compressione. Alle estremità inferiori, le costole sono raccordate tra loro con un anello in acciaio che segue il contorno dell’edificio e trasferisce i carichi puntuali al sottostante muro perimetrale continuo verticale di sostegno, in calcestruzzo armato. Un altro aspetto importante è costituito dalla “legacy”, ovvero le scelte progettuali che nei grandi eventi vengono prese sin da subito per assicurare una più semplice transizione degli edifici e dei siti nel periodo post evento. Come avviene anche in altri padiglioni permanenti, come ad esempio Terra e Alif, anche il Padiglione degli Emirati Arabi è infatti già stato costruito con dei dimensionamenti progettati, ad esempio tutta la parte relativa agli impianti, per l’uso futuro. Allo stesso modo, anche gran parte degli spazi dei due livelli posti sotto la quota di camminamento di Expo, con le grandi rampe veicolari, i parcheggi e le griglie, sono già stati disegnati con tale scopo. Per quanto riguarda la sostenibilità il padiglione ha ottenuto la certificazione LEED Platinum grazie alla somma delle diverse strategie applicate. Oltre alla riduzione del consumo di acqua, l’ottimizzazione della qualità dell’aria interna, l’uso di materiali e alberi locali, ecc... si può citare, come strategia di mitigazione passiva, la opacità e compattezza dell’involucro, che minimizza così i guadagni solari diretti, protetto ulteriormente dal sole grazie alle ombre generate dalle ali a sbalzo. Tra le strategie attive, la più evidente è la presenza dei pannelli fotovoltaici chiari e sottili applicati sulla parte fissa delle ali e protetti dalla parte mobile.

LA "MACCHINA" CHE FA MUOVERE LE ALI
Uno degli aspetti di maggior complessità del padiglione è costituito dalla movimentazione delle 28 ali apribili integrate nella copertura del padiglione, che hanno lunghezza compresa tra 26 e 75 metri e pesano rispettivamente tra le 5 e le 17 tonnellate. La soluzione tecnica di tale complessità ingegneristica la si deve all’azienda italiana Duplomatic, che ha progettato, fabbricato, installato e sta manutenendo il sistema oleodinamico di apertura delle ali. Una delle difficoltà che si è dovuta risolvere è stata la traduzione dei requisiti estetici ed esperienziali richiesti da Calatrava, in parametri tecnici e ingegneristici. Le ali mobili si aprono interamente grazie a 46 cilindri idraulici che si voleva effettuassero il loro movimento in 180 secondi, con una gamma di rotazioni comprese tra 110 e 125 gradi, rivelando così sulla superficie della parte fissa dell’ala una griglia di pannelli fotovoltaici sottili di colore chiaro che vengono protetti dalla pioggia e dalle tempeste di sabbia proprio dalle parti mobili. Si voleva realizzare qualcosa che stupisse il visitatore, un movimento preciso e “solenne”, in cui le ali si aprissero e chiudessero in modo perfettamente sincronizzato e simultaneo, senza mostrare differenze visibili a occhio nudo tra le ali “gemelle” poste sui due diversi lati di tale edificio simmetrico, in modo assolutamente silenzioso e apparentemente “semplice”. Tale visione è stata realizzata progettando su misura una complessa “macchina” con molte componenti, in grado di risolvere le difficoltà tecniche conseguenti a tali richieste. Infatti, solo per citarne alcuni, a causa delle loro notevoli dimensioni e masse, delle differenze di temperatura presenti sui fronti nord e sud del padiglione, delle deformazioni naturali tipiche dell’acciaio che costituisce la struttura del tetto, le variabili e i parametri da controllare in modo simultaneo sulle 28 ali sono molti. Il sistema realizzato comprende quindi anche molta elettronica di controllo e gestione, che aziona e monitora in tempo reale i cilindri - da uno a tre per ciascuna ala a seconda delle dimensioni - impedendo anche spostamenti indesiderati in grado di indurre sollecitazioni sulla struttura meccanica dell’ala con danni permanenti. Ulteriore aspetto cruciale nel dimensionamento della struttura delle ali e del loro sistema di apertura è stata la valutazione dei carichi agenti, ottenuta grazie ai risultati degli studi svolti in galleria del vento in Colorado su un modello in scala, che ha permesso di definire le azioni e gli effetti del vento, sia in configurazione chiusa che aperta. Il modello, con ali apribili, è stato posto su una piattaforma girevole in cui è stato simulato anche l’effetto dei padiglioni circostanti (soprattutto di Al Wasl), testando 36 diverse situazioni tipiche locali di vento, con analisi dinamiche avanzate per valutare l’amplificazione dinamica dovuta al carico inerziale sulle ali mobili.

Scheda progetto
Designer, lead/principal architect, lead/principal engineer: Santiago Calatrava
Chief executive officer: Micael Calatrava
Architecture and engineering execution: Santiago Calatrava LLC
Management, coordination & construction supervision: Calatrava International LLC
Architects/engineers of record: WME Consultants
Località: Al Forsan, Al Wasl Plaza
Committente: UAE Ministry of Presidential Affairs
Area: 20,900 mq
Construction: 2017-2021
Main contractors: ALEC Engineering and Contracting LLC (from January 2021), Arabtec Construction LLC (until December 2020)
Roof Wing Opening System: Duplomatic MS spa, Duplomatic Middle East Electromechanical Equipment Installation and Maintenance LLC
Composites materials: Premier Composite Technologies
Steel structure: Gulf Steel Industries FZE
Photos: Roland Halbe, Palladium Photodesign / Oliver Schuh+Barbara Burg, Rachid Khalil, Bachir Moukarzel
Drawings: Courtesy of Calatrava

Arketipo 152, Expo Dubai 2020, Dicembre 2021