spazi pubblici – Concezione teatrale, senso luministico e calibrazione luminosa nella scala di Vignola a Caprarola.

Il legame inscindibile e affascinante tra sensibilità luministica e progetto architettonico, spesso riscontrabile nell'analisi di alcuni edifici del passato si rintraccia anche in un celeberrimo edificio laziale, il palazzo Farnese di Caprarola. All'interno di questo intervento tardo-rinascimentale, eseguito da Vignola per la famiglia Farnese, colpisce, in particolare, la soluzione che lega luce naturale e spazio architettonico nella straordinaria scala elicoidale, che si snoda a collegare i diversi livelli del gigantesco edificio; in questo elemento, segnali ben chiari elaborati dall'architetto anticipano il legame profondo che si svilupperà tra luce e materia all'indomani della "rivoluzione" barocca, ormai alle porte. L'elegantissima scala a colonne binate doriche, che si snoda come un nastro di pietra lungo i diversi livelli del palazzo a pianta pentagonale, si sposa a spunti luministici di grande suggestione e interesse, rivelando un aspetto forse poco conosciuto e sicuramente poco indagato della sensibilità progettuale del progettista cinquecentesco. Composta da una sorta di doppio volume - la chiocciola è inserita in un vano cilindrico che a sua volta, posto come è all'estremità sinistra del fronte del palazzo, risulta posizionato all'interno di un poligono -  la scala si dipana con coppie di colonne doriche con ampi intervalli, sicuramente calibrati in funzione del contributo di luce che proviene dalle aperture, presenti ma occultate alla vista; le finestre che illuminano il vano sono infatti sistematicamente posizionate all'interno di imbotti fortemente diagonali, che permettono alla luce naturale di filtrare nello spazio ma impediscono di intuirne la provenienza. L'interesse per la gestione della materia luce in rapporto allo spazio architettonico giunge al culmine nell'ultimo livello della scala, dove questa termina in uno spazio che diventa ambiente a sé e che pare illuminarsi autonomamente, misteriosamente, miracolosamente, essendo all'apparenza privo di fonti di luce; le finestre laterali sono qui infatti completamente occultate da un gioco di sguinci fortemente accentuati che, originando nicchie poste fuori asse, le celano completamente alla vista, e da una terza nicchia centrale ai lati della quale sono posizionate altre due aperture, rese anch'esse invisibili. Struttura architettonica e apparato decorativo, sono qui pensati appositamente per mascherare la luce naturale - in realtà fortissima - che penetra nell'ambiente dall'esterno e viene incanalata nel cilindro costituito dal vano della scala, per utilizzarla con effetto scenico facendola diramare in più direzioni. Il vano cilindrico pare così assumere autonoma capacità luministica, sembra corredarsi di luce rarefatta che, riplasmata, nega la sua reale provenienza e diventa flusso, originatosi - anziché dalle bucature laterali - da una misteriosa fonte. Vignola ha quindi utilizzato qui la posizione fuori asse delle finestre e la luce diretta che da esse proviene per mutarla in luce indiretta di cui non è intuibile l'origine, con una reinterpretazione che fa pensare a un percorso iniziatico ascensionale che dalle tenebre muove verso la luce.