La vita di una città è nelle sue strade. È dove ci si muove, si connette, si compra e si vende, si guarda e si ascolta, si ama e si impara. E mentre le nostre case sono un rifugio dal rumore e dal caos delle strade, vogliamo comunque essere parte della vita che pulsa attraverso di esse. Il progetto Unhistoric Townhouse è un complesso gioco di facciata che gioca con la materia di cui è circondata e amalgama senza soluzione di continuità la vita che avviene in strada con le abitudini della famiglia che ci vive all’interno. Localizzata all’interno dello storico distretto di Tribeca, la casa a schiera al 187 di Franklin Street è frutto di un complesso progetto di riqualificazione partito nel 2011, che ha previsto l’innalzamento di un edificio di tre piani costruito nel 1993 in favore di una nuova abitazione distribuita su cinque piani e concepita per rispondere alle nuove esigenze dei proprietari. In quella che Curbed, agenzia immobiliare newyorkese fondata da Lockhart Steele, ha definito essere la “Ed-Hardy T-Shirt” delle case di Tribeca, il design fiammeggiante e apparentemente in continuo movimento della facciata principale è stato immaginato partendo dai requisiti pragmatici di una famiglia in fase di crescita. I proprietari desideravano infatti più spazio e luce per i loro figli, ma allo stesso tempo era preoccupata per la mancanza di privacy generata da finestre direttamente esposte su strada.
La soluzione trovata da Jeremy Edmiston, fondatore di System Architects, ha previsto una rotazione di circa 30 gradi delle finestre, così da poter garantire luce e vista agli utenti interni, e allo stesso tempo creare un collegamento tra il nuovo volume costruito e il contesto nel quale è inserito. Le stesse finestre hanno dunque modificato la facciata, che si è fatta morbida e curvilinea per poter accomodare il design parametrico immaginato dall’architetto. Dal concept alla sua costruzione, la risultante architettonica confluisce nella storia del quartiere con una geometria e una materialità tutta nuova: mattoni standard descrivono tutta la facciata, disponendosi con inclinazioni sempre diverse per accomodare la geometria peculiare delle finestre.

L’effetto tortile del mattone lega in modo chiaro e indissolubile la natura storica del quartiere, dove a partire dall’iconico Western Union Building del 1930 tutto il contesto è costituito dal mattone usato come materiale di facciata predominante, con il nuovo modo di disegnare odierno, fatto di tecnologie digitali e macchine a controllo numerico che permettono l’uso della stessa materia con modalità inusuali. Il design radicale della ricostruzione è stato ben accettato dalla Landmark Preservation Commission, che nell’ormai lontano 2011 ha promosso all’unanimità il progetto usando parole come “fenomenale, emozionante e intelligente”. Le profonde facciate scultoree, intervallate da parapetti metallici che ne amplificano l’aspetto accattivante e aiutano a dare maggior respiro all’involucro monomaterico, sono state apprezzate dalla commissione, che ne ha valutato il pregio architettonico come potente mezzo di arricchimento del quartiere. Per realizzare la pelle esterna della casa, lo studio di architettura in collaborazione con l’azienda costruttrice ha ideato una nuova tecnica di posa del mattone concepita in laboratorio. Facendo uso di un modello di schiuma poliuretanica supportata da elementi bidimensionali di legno compensato e di un software computazionale, l’intero involucro è stato disegnato digitalmente e poi fresato con una macchina a controllo numerico. Una volta prodotta l’intera facciata, il modello di schiuma è stato utilizzato come dima per i posatori e come cassero a perdere, diventando di fatto il cuscinetto isolante che divide l’interno dall’esterno del volume. Tutta la struttura di facciata è frutto di un raffinato lavoro di prefabbricazione, che ha permesso di mettere in posizione la stessa in un tempo record di un giorno soltanto. I muratori sono stati quindi in grado di utilizzare tecniche tradizionali di posa, collocando i mattoni lungo la sagoma di schiuma usato come fosse un materiale per le spille da sartoria.

La tecnica tradizionale di posa e il costo limitato della schiuma fresata hanno quindi permesso di realizzare un sistema di base complesso in modo economico e con tempi ridotti, per di più facendo uso di muratori locali piuttosto che manodopera specializzata. Per l’Unhistoric Townhouse gli architetti hanno scelto mattoni prodotti a forno selezionandone accuratamente i colori, suddivisi in due gamme e divise sulla base della loro posizione così da rispecchiare il carattere locale delle costruzioni adiacenti. In corrispondenza delle finestre, sono stati prodotti “mattoni d’acciaio”, disegnati ad hoc per soddisfare i requisiti di continuità termica e di supporto in corrispondenza dei telai delle finestre e dei balconi.
Gli interni della casa, che risulta essere profonda poco più di una stanza regolamentare, sono stati progettati per massimizzare l’impronta del sito di progetto. Ciascun piano, che misura circa 80 mq, orienta il più possibile la vita famigliare verso l’esterno sfruttando l’angolazione delle finestre per guardare verso est e verso ovest. Il piano terra, rivestito completamente con una lamiera metallica nera, ospita un’autorimessa, un piccolo ufficio e l’accesso ai piani superiori. Al di sopra si sviluppano la zona giorno e, a seguire, le zone notte, le aree studio e un terrazzo scoperto comprensivo di centrale termica e toilette. La complessa geometria dell’esterno si riflette all’interno dello spazio domestico, dove le pareti intrecciate di mattoni si ancorano agli spazi abitativi per creare sedute, scaffalature e un camino di generose dimensioni. I paraventi dei balconi di zinco perforati portano all’interno la luce del sole, mentre i balconi estendono l’interno privato sulla strada.
Il peculiare design d’interni si rispecchia nelle pieghe sinuose della facciata, che fanno intravedere ai passanti ciò di cui la famiglia gode all’interno, abbattendo il muro tra la casa e la strada e offrendo al tempo stesso un nuovo elemento vibrante al quartiere.

UNA FACCIATA DI MATTONI CHE UNISCE TECNOLOGIA DIGITALE E ARTIGIANATO LOCALE
La dettagliata descrizione dei mattoni in facciata e la loro specifica collocazione fanno dell’Unhistoric Townhouse un eccellente esempio di costruzione con rivestimento in mattoni. Completamente disegnata in digitale, l’elegante facciata tridimensionale è costituita da tre diverse tipologie di mattoni, che si distinguono per dimensione e per colore. L’intera parete, che conta l’utilizzo di 16.226 mattoni, è suddivisa in corse dispari e corse pari, chiaramente le une alternate alle altre. Ciascuna linea è poi gestita in funzione della sua lunghezza, dunque a volte utilizzando due mattoni disposti per lungo, a volte utilizzando una sequenza composta da mattoni per lungo e di testa e altre volte ancora fruendo di pezzi speciali che sono gestiti dagli architetti per generare le forme sinuose dell’involucro. Il posizionamento dei mattoni in loco è stato anticipato dalla predisposizione di una guida specifica che gli architetti hanno diviso in tre modelli: standard, stipiti delle finestre e tagliato a misura. Nella facciata, 2.671 mattoni sono stati disposti sul fianco, 6.726 sul fronte e 6.829 sono stati tagliati ad hoc, in officina. Inoltre, per rendere l’effetto generale della facciata più verosimile, ciascun mattone è stato sistemato in modo randomico considerandone il colore. L’effetto finale è estremamente omogeneo, pur essendo nel dettaglio colorato con due diverse gamme cromatiche, una più aranciata e l’altra più rossastra. I solai di connessione, costruiti con una struttura portante metallica a graticcio coadiuvata da una lamiera grecata e getto collaborante, supportano le strutture ad hoc di supporto della parete di mattoni e dei balconi distribuiti sui tre piani principali. Al profilo principale della trave di bordo, W10, sono stati saldati profili W5 collegati tra loro a diverse distanze con profili scatolari HSS. Essendo la geometria della facciata peculiare, per l’attacco dei balconi gli strutturisti hanno dotato le travi di piastre saldate disegnate anch’esse su misura.

Scheda progetto
Architetti: System Architects, Jeremy Edmiston (Principal); Rob Baker (Project Architect)
Team: Jamie Edindjiklian, Tony Jin, Charles Kwan, Helen Levin, Alanna Lauter, Kaitlin Faherty, Alvaro Almada, Matthew Addeo, Christina Bien-Aime, Christian Camacho
Committente: privato
Impresa di costruzioni: JD Wilson Construction Corp, Richard Wilson; Site Foreman, Tomasz Kozlowski
Costruzione: Machineous, Andreas Froech
Strutture: Macintosh Engineering, James Baker
Facciate: Craig Tooman; Chris Allen; John Murray - The Belden Brick Company, Bill Merrit
Impianti: Seodyal Singh
Stampa 3D: Robert Bridges
Illuminotecnica: Stan Deutsch Lighting, Phil Thomas
Mattoni: Lavada, Perry Randazzo & Art Kozyr
Zinco: Metropan Systems Zinc, John Gushue
Fresature: Newsham’s Woodshop, Tom & Lisa Newsham
Balconi: Trend Manufacturing, Yotam Kehati
Ascensore: McGlynn Hays & Co. Inc.
Progetto: 2011
Costruzione: 2018-2019
Area: 3,750 mq
Photos: Field Condition, Giles Ashford, Emily Johnston

 

Arketipo 135, Evolving Materials, 2020