Mercati – Negli Stati Uniti l'impiego di marmi, pietre e dei loro sottoprodotti ha raggiunto i 4,4 miliardi di dollari di valore nel 2006

L'utilizzo di marmi e pietre da parte del mercato statunitense ha raggiunto nel 2006 un valore di 2,7 miliardi di dollari, che sale a 4,4 miliardi tenendo conto di conglomerati e sottoprodotti vari. Sono cifre assai consistenti, che diventano straordinarie se rapportate allo sviluppo di cui sono state oggetto negli ultimi 15 anni: in questo periodo la crescita netta è stata pari al 337%, mentre quella globale, comprensiva dei materiali poveri, ha raggiunto il 172%. Ciò significa che l'impiego in ragione annua è aumentato rispettivamente del 22,5% e dell'11,5%: più del doppio rispetto alla cifra mondiale.

Il boom delle importazioni nel mercato americano
Il valore della produzione è aumentato in misura modesta, salendo dai 210 milioni di dollari del 1991 ai 275 del 2006. Pertanto, l'apporto determinante all'espansione dei consumi è venuto dalle importazioni, che sono balzate da 475 milioni a due miliardi e mezzo di dollari, quintuplicando la quota di partenza, con un tasso annuo superiore al 28%, e facendo di quello statunitense il primo mercato in assoluto, con sempre maggiore vantaggio sugli altri. Le esportazioni sono rimaste praticamente invariate, intorno a 65 milioni di dollari, e non hanno sottratto valori determinanti al consumo domestico.

Bene le limestones, male la produzione silicea
Dal punto di vista merceologico, il granito ha attraversato una congiuntura meno brillante rispetto alle altre pietre, con particolare riguardo alle limestones, che oggi esprimono il 34% del valore prodotto, ed il 39% delle quantità corrispondenti. In particolare, durante il periodo in esame la produzione silicea ha ascritto una flessione complessiva del 27%, con una media annua dell' 1,8 (ma ciò dipende dal fatto che le importazioni di maggiore successo sono state quelle di granito). In terza posizione produttiva segue l'arenaria, mentre il marmo e l'ardesia sono ancora più indietro.

L'Italia tra i maggiori fornitori
Per quanto riguarda le zone estrattive, basta evidenziare che la maggioranza assoluta della produzione è dislocata, nell'ordine, in Indiana, Wisconsin, Georgia, Vermont e Massachussets. Anche gli Stati Uniti, in buona sostanza, debbono confrontarsi col fenomeno della concentrazione, presente significativamente in parecchi altri Paesi. A conti fatti, il 92% del valore installato, netto da sottoprodotti, riviene dall'import. Basta questa constatazione a ribadire la rilevanza del flusso in questione, anche nell'ottica dell'export altrui, con particolare riguardo a quello dei maggiori fornitori (Italia, Turchia e Brasile). Quanto ai materiali poveri, è da mettere in evidenza come la loro progressione, pur essendo più che soddisfacente in assoluto, sia pari alla metà di quella dei marmi e delle pietre, quasi a sottolineare la permanente propensione del mercato nordamericano per acquisti di alta qualità.

La crescita parallela di importazioni e consumi
Importazioni e consumi sono aumentati in modo sostanzialmente costante, e senza alcuna soluzione di continuità. Anche questo è un fattore da evidenziare, perché mette in luce l'esistenza di un trend positivo che viene da lontano e che finora non ha trovato condizionamenti di sorta, nemmeno per quanto riguarda il forte aumento del consumo pro-capite, che d'altra parte era partito da livelli piuttosto bassi. I dati in valore, che ribadiscono quelli in volume, attestano che la produzione domestica non è stata conforme alla domanda, nel senso che quest'ultima ha trovato molto più conveniente rivolgersi agli acquisti dall'estero. Ciò non è accaduto per carenza di investimenti dovuta a motivazioni finanziarie, ma per la naturale competitività dei costi, e quindi dei prezzi spuntati per il materiale importato.

Un mercato leader nella qualità e nella tecnologia 
In altri termini, la forte espansione del consumo statunitense, sostenuta da un'edilizia che fino al 2005 era stata in costante ascesa, si è resa possibile grazie all'apporto determinante dei prodotti altrui, che hanno trovato nella quotazione favorevole l'arma vincente di base, ancor prima delle pur significative attività promozionali. In sostanza, il gradiente di sviluppo dell'import non trova preclusioni in una produzione domestica che rimane complementare. Le stesse oscillazioni dell'edilizia, tra cui quella che ha dato luogo alla stasi del 2006, non sembrano assumere rilevanza strutturale, anche perché non si deve dimenticare che gli Stati Uniti esprimono da soli il 28% del prodotto lordo mondiale. Oggi, quello statunitense è il primo mercato lapideo del mondo, in cui tutti possono fare festa. Basta offrire prodotti idonei sul piano della qualità e della tecnologia, e contare sul valore comparativo di impieghi funzionali e tanto più gradevoli, in quanto espressione della natura.