Vitra Editions

Il progetto "Vitra Editions" lanciato dall'azienda svizzera nel 1987 si pone come un laboratorio di sperimentazione per designer, architetti e artisti, liberi di lavorare senza particolari vincoli legati alla produzione e realizzare prototipi che verranno messi sul mercato in quantitativi estremamente limitati. Nel corso della Settimana del Design milanese Vitra ha quindi portato a Milano i lavori dell'ultima collezione realizzati da 15 designers di fama internazionale, pronti a dare finalmente sfogo a quel progetto che probabilmente era nella loro testa da tempo. Tra questi ci hanno favorevolmente colpito tre prodotti, il tavolo "Mesa" firmato da Zaha Hadid, il mobile-contenitorre-divisorio "Rocs" dei fratelli Ronan ed Erwan Bouroullec e il sistema di sedute "Lo Glo" di Juergen Mayer.

Mesa, Zaha Hadid
L'architettura di Zaha Hadid vede la forma e lo spazio come entità soggette ad una forza di trazione che ne modifica le forme, trasfigurandole in progressioni spaziali fluide e avvincenti. I suoi edifici emergono dalla città come sculture che fungono da trait d'union fra quartieri assolutamente diversi, mantenendo il loro carattere speciale ma sempre in grado di creare connessioni. Il punto di partenza di "Mesa" è molto simile a questa filosofia. Sfrondando l'idea formale per riportarla ai suoi elementi costitutivi - terreno, struttura e superficie - il design crea un mondo fra i due piani orizzontali, un mondo che si trasforma in strutture, in cui i vuoti, tanto quanto i solidi, esprimono una forma. Quei vuoti non si presentano soltanto come fori, ma arrivano a definire una superficie. Zaha raffronta quest'opera alle ninfee d'acqua sospese sulla superficie di un piccolo stagno e supportate da una struttura sottostante invisibile, complessa e organica. Questo assottigliamento estremamente insolito della superficie a partire dalla struttura da vita a quattro sezioni di forma organica, che costituiscono divisioni visibili, descritte come "luoghi-superficie".

Rocs, Ronan ed Erwan Bouroullec
I fratelli Ronan ed Erwan Bouroullec hanno dato fondo al loro consueto spirito provocatorio e dissacratore quando hanno deciso di creare questi oggetti al computer, chiamandoli "Rocs". Questi sono elementi facenti parte di una categoria di oggetti di design, che si basa su una tecnologia d'avanguardia e nel contempo dal carattere quasi artigianale, poiché il loro complesso processo di produzione non ne consente (almeno per ora) la realizzazione in serie. I loro corpi cavi che poggiano su un piano in legno e sono fatti di segmenti di cartone rivestiti di corda per la rilegatura dei libri, i cui bordi - rivolti verso l'esterno - danno a "Rocs" una struttura superficiale caratteristica. Nessuno di questi segmenti è uguale all'altro, ognuno ha dimensioni diverse, calcolate ad una ad una dal computer, che guida anche le operazioni di taglio del cartone. Il montaggio dei singoli elementi, realizzati secondo un determinato programma, è realizzato a mano.

Lo Glo, Juergen Mayer
"Lo Glo" si presenta come una pila di dischi che scintillano nell'oscurità, forme elastiche che cedono e si deformano, mentre le usiamo. Potremmo parlare delle superfici interattive o performative di J. Mayer H. e come queste attivino l'esperienza, inclusa la più recente e mai prima d'ora tentata forma di sperimentazione nel campo dell'arredamento. Con "Lo Glo", Mayer attribuisce agli oggetti una vita interiore più autonoma. Si tratta di opere che si librano nel regno della quasi-soggettività e che ammiccano verso di noi con una certa riluttanza. Quella di Jürgen è una pseudoscienza, priva della pesantezza delle rivendicazioni neo-organiciste.