Lo spazio centrale a tutta altezza è ottenuto demolendo 
in parte, tagliando e consolidando dodici dei quarantadue cilindri esistenti

In che modo un edificio industriale alto e compatto di calcestruzzo, che per quasi novant’anni ha operato come silos di grano svettando nella baia di Città del Capo, può trasformarsi in un nuovo spazio culturale, un “magnete” per il rinato waterfront della città? È la domanda a cui ha risposto Heatherwick Studio, dopo molti anni di studi, vicende e lavori, realizzando il nuovo Zeitz MOCAA e l’hotel annesso The Silo.
L’edificio originario, “The Silo”, risale al periodo in cui la maggior parte del commercio del Sud Africa veniva trasportato in mare o tramite il treno a vapore. Esso ha segnato dall’inizio del secolo scorso la vita operativa del porto della città, facilitando la raccolta, lo smistamento, la conservazione e l’esportazione di gran parte del grano del Paese. Alto 57 metri, completato nel 1924 da SA Railways and Harbors, ha trasformato centinaia di migliaia di tonnellate di grano, mais, soia e sorgo, dominando lo skyline della città e stagliandosi in un’area caratterizzata dalla bellezza scenica del mare e dal fascino dell’imponente massiccio della Table Mountain. Si scelse di posizionarlo proprio qui per questioni eminentemente logistiche: poiché consentiva di sfruttare al meglio la connettività con le banchine e le infrastrutture ferroviarie di supporto. In Sud Africa è considerato un’icona, un importante contributo al carattere urbano di Città del Capo, un bene da tutelare e valorizzare. Nel 2001, con la modifica dell’assetto portuale, The Silo era diventato superfluo. Nel 2010, inoltre, si diede avvio all’importante trasformazione urbana che ha portato alla realizzazione del nuovo V&A Waterfront. Si tratta di un’area oggi molto vivace, con un mix di residenze, spazi commerciali e luoghi di svago e una media di 100.000 persone al giorno, che occupa i luoghi del porto storico naturale e gode di ampie vedute sull’oceano, sulla città e sulle cime delle montagne. In questo nuovo assetto, è nata progressivamente l’idea di trasformare l’edificio alto e iconico ormai in disuso, nel punto nodale di questo nuovo importante quartiere fronte mare. Per assolvere a questo ruolo, si è scelto di riqualificare il complesso trasformandolo in un nuovo centro culturale per la città, realizzando un museo in grado di attirare l’interesse nazionale e internazionale.

L’avvio dell’ambizioso progetto, nato grazie a una collaborazione tra il V&A Waterfront e la fondazione dell’imprenditore Jochen Zeitz, è stato annunciato alla fine del 2013, e ha portato alla realizzazione dello Zeitz MOCAA, il più grande museo al mondo dedicato all’arte contemporanea dell’Africa e della sua diaspora. The Silo, era essenzialmente costituito da due volumi con funzioni e altezze diverse: la parte più alta era la torre di distribuzione delle sementi e conteneva gli ascensori che permettevano di trasportarle all’altezza delle banchine di carico e scarico, mentre la parte più bassa era adibita a stoccaggio ed era costituita da 42 cilindri di calcestruzzo dal diametro di 5 m. La riconversione completa del Silo comprende, quindi, il museo, sviluppato su sei livelli, e i cinque piani di hotel che occupano la parte alta della torre. Per i progettisti, la sfida principale è stata quella di riuscire a convertire, modificandoli, gli stretti volumi occupati dai cilindri, per renderli adatti all’esposizione dell’arte contemporanea, mantenendo però il senso di scala, solidità e attività, ovvero il carattere e il patrimonio industriale dell’edificio. In tal senso, si deve leggere la volontà di non eccedere nell’immagine esterna, con l’aggiunta di nuovi inserimenti ben visibili, delegando alla “sola” potenza visiva delle nuove lanterne vetrate il segnale della riconversione avvenuta.

©Iwan Baan

All’interno, al contrario, il visitatore riceve l’inaspettata sorpresa di uno spettacolare spazio a tutta altezza, svuotato, che rende leggibile la bellezza del manufatto preesistente, ottenuto tagliando i cilindri centrali intersecandoli con il volume di un singolo chicco di mais ingigantito fino all’altezza di 27 m. Indubbiamente, realizzare l’affascinante e ambiziosa intuizione di Heatherwick Studio, è stato complesso, sia a livello progettuale che a livello di cantiere. Sin dalle prime analisi si comprese che, come era prevedibile, il calcestruzzo delle pareti dei cilindri originari, doveva essere rinforzato in modo significativo. Per realizzare il volume previsto, in particolare i cilindri tagliati in copertura che sembrano sospesi sopra la testa dei visitatori, dal punto di vista strutturale, era opportuno impostare uno schema con struttura ad arco ad anello concentrico, ottenuta facendo collaborare i conci dei cilindri tagliati, collegandoli insieme. Tale schema necessitava di rinforzare ogni cilindro attraverso la costruzione di una “manica” interna, un nuovo cilindro di calcestruzzo armato solidale a quello esistente. Infatti, nell’atrio, si può vedere in corrispondenza dei tagli un doppio bordo sezionato e lucidato, con finitura a specchio. Anche per quanto riguarda il fissaggio delle grandi vetrate dell’hotel, dopo diversi test, si è compreso che il calcestruzzo dei muri esistenti era troppo debole ed è stata presa la decisione di demolirlo in corrispondenza della parte alta della torre, svelando la struttura delle colonne e delle travi metalliche originarie che successivamente sono state rivestite con nuovo calcestruzzo ripristinando l’immagine originaria con una nuova integrità strutturale. I cilindri che non affacciano sull’atrio, sono stati demoliti, fatte salve le superfici che affacciano sul perimetro esterno, per costruire 80 sale espositive, ottenute realizzando, in primis, una nuova struttura di calcestruzzo armato sul perimetro interno solidarizzata alle parti esterne non demolite dei cilindri. I tagli per realizzare l’atrio si estendono sapientemente anche a livello delle fondazioni originarie, che diventano in parte visibili, così come gli stretti e affascianti tunnel sotterranei originari, ora trasformati in spazi per opere site specific.

UNA COMPLESSA OPERAZIONE DI TAGLIO E DEMOLIZIONE
Per realizzare il nuovo atrio, come già anticipato, la soluzione è stata quella di costruire preliminarmente, all’interno di ogni cilindro preesistente da tagliare, nuovi cilindri di calcestruzzo spessi 200 mm, solidarizzati a quelli già presenti, con già la forma finale prevista dal progetto. I sondaggi preliminari avevano rivelato che le pareti originarie mostravano fuori piombo significativi, per cui si è optato per realizzare le nuove pareti con spessori diversi, per avere una superficie cilindrica interna perfettamente verticale.
La prima operazione è consistita nel tracciare, all’interno dei cilindri esistenti, i punti corrispondenti alla curva di taglio del nuovo atrio. Per farlo, si è partiti realizzando un modello tridimensionale complesso che è stato poi utilizzato per rilevare i cilindri esistenti e tracciare i punti necessari, con una tolleranza di soli 50 mm. Successivamente, sono stati realizzati, sempre grazie al rilievo preliminare di precisione, i casseri necessari per il getto dei nuovi cilindri, che sono stati calati dall’alto all’interno dei cilindri esistenti. Ogni getto aveva un’altezza di circa 3 m, come è ben visibile nelle foto dell’edificio finito. Una volta realizzati i nuovi cilindri, il loro bordo è stato utilizzato come guida per tagliare la vecchia struttura. Il taglio è avvenuto principalmente utilizzando due tipi di macchine: la doppia lama e la corda diamantata. Le pareti finali dei cilindri sono quindi costituite da un sandwich formato dal calcestruzzo originale, da rinforzi ad anello di acciaio posti in orizzontale all’interno e dal nuovo calcestruzzo armato gettato in opera, nel quale sono stati trasferiti i carichi strutturali. I due strati di calcestruzzo sono separati da un giunto strutturale morbido e collegati attraverso tasselli di resina epossidica.
La forma finale deriva da numerose iterazioni, per garantire che nessuno degli angoli di taglio fosse troppo obliquo, per evitare il rischio di scheggiatura del calcestruzzo durante il processo di taglio. Piccoli smussi sono stati applicati su spigoli vivi e poi gradualmente rastremati via via che l’angolazione cresceva in larghezza. Infine, entrambe le superfici di taglio, vecchia e nuova, sono state lucidate per ottenere una superficie continua e liscia. I due diversi calcestruzzi si distinguono tra loro grazie alla differenza di trama tra le miscele aggregate storiche e moderne. Vista la particolarità del cantiere, con numerose demolizioni complesse da effettuarsi in spazi ristretti, la progettazione della sicurezza è stata essenziale. Ad esempio, solo per l’atrio, si è dovuto calare dall’alto un demolitore da 20 tonnellate, utilizzando tecniche innovative per accedere alle sezioni superiori dei cilindri e si sono dovuti studiare metodi sicuri per portare a terra le grandi porzioni di calcestruzzo tagliato.

GRANDI FACCIATE A DIAMANTE INCASTONATE NEL SILO
Le grandi vetrate “a gemma” del MOCAA sono nate dalla stretta collaborazione tra Heatherwick Studio e Arup, utilizzando metodi di progettazione parametrici. Partendo dal concept iniziale della lanterna, è stato sviluppato un modello che ha permesso agli architetti di guidare la resa estetica nell’ambito di un quadro di fattibilità tecnica, in grado di recepire facilmente i cambiamenti sopraggiunti durante il percorso e, al tempo stesso, fornendo una solida base per la fase di appalto, contenendo i costi e riducendo i rischi.
In una prima fase sono stati definiti il numero di sfaccettature delle vetrate e il dettaglio costruttivo del nodo di base. Di conseguenza, è stato poi impostato un modello parametrico che bloccava i vincoli strutturali lasciando Heatherwick Studio libero di studiare al meglio la convessità complessiva della vetrata, la proiezione in aggetto di ciascun nodo e le linee di giunzione principali. Uno dei vincoli più importanti da rispettare era quello di mantenere all’interno di un unico piano gli elementi strutturali principali, verticali e orizzontali, in modo che potessero essere realizzati con elementi piatti che si intersecassero perfettamente ai nodi rendendone possibile la saldatura. Il modello ha inoltre consentito di sviluppare una geometria specifica per ognuna delle cinque diverse dimensioni di vetrate previste nel progetto, all’interno di uno schema analogo e con gli stessi vincoli.
Il concept iniziale prevedeva la realizzazione di una lanterna con un alto numero di sfaccettature e campi triangolari piccoli. La soluzione finale ha mediato tra questa volontà e le necessità tecniche richieste a ciascuna lastra di vetro, realizzando grandi moduli di facciata interamente prefabbricati – il maggiore misura 5.074x5.022 mm – composti da 54 vetri triangolari incollati con silicone strutturale a telai di acciaio e alluminio. Uno degli aspetti più complessi da risolvere è stato garantire la resistenza di ogni singolo nodo alla pressione del vento presente nella baia. Poiché, per evitare la rottura, ogni modulo triangolare necessita di rimanere stabile su un piano, tutti i giunti consentono i forti movimenti previsti in fase di calcolo e test. Anche la progettazione della fase di montaggio dei moduli è stata complessa, a causa del peso e delle dimensioni dei pannelli da movimentare e del loro centro di gravità eccentrico. La soluzione finale ha previsto di incorporare nel modulo una staffa che ha permesso di sollevare verticalmente gli elementi tramite cavi posizionati all’esterno dei telai di calcestruzzo, gestendo gli spazi di movimento e le tolleranze millimetriche previste. La terrazza delle sculture è composta, invece, da grandi lastre di vetro pedonabile, poste sulla sommità dei cilindri, che portano la luce naturale nell’atrio e su cui è stato realizzato un trattamento schermante disegnato dell’artista africano El Loko basato sui suoi lavori sull’Alfabeto Cosmico.

Scheda progetto
Progettisti: Heatherwick studio
Committente: Victoria & Alfred Waterfront Holdings
Data di completamento: September 2017
Total area: 9.480 m2
Exhibition space: 6.040 m2
Cost: 34 million €
Location: V&A Waterfront, Capetown, Sud Africa
Group leader: Mat Cash
Project leader: Stepan Martinovsky
Team: Simona Auteri, Ruggero Bruno Chialastri, Yao Jen Chuang, Francis Field,
Sarah Gill, Xuanzhi Huang, Changyeob Lee, Julian Liang, Débora Mateo, Stefan Ritter, Luke Snow, Ondrej Tichý, Meera Yadave
Making team: Lucie Beauvert, Einar Blixhavn, Erich Breuer, Alex Flood, Hayley Henry, Hannah Parker, Luke Plumbley, Matthew Pratt
Delivery architects: Van der Merwe Miszewski Architects (VDMMA), Rick Brown Associates (RBA), Jacobs Parker
Project manager: Mace
Committente: Victoria & Alfred Waterfront Holdings
Ingegneria strutturale: Arup, Sutherland
Ingegneria meccanica e termica: Arup
Ingegneria delle facciate: Arup
Ingegneria elettrica: Solution Station
Quantity Surveyor: MLC
Sviluppatore: V&A Waterfront Holdings (Pty)
Impresa principale: WBHO
Consulente heritage: Nicolas Baumann
Commissione indipendente: Matrix
A special thanks to Tessa Brunette from ARUP
Photos: Iwan Baan, Antonia Steyn, Navigator Films

 

Arketipo 118, Acqua, 2018