Progetti – Nel Kolumba Museum, ideato a Colonia da Peter Zumthor, l'antico e il moderno si saldano in reciproca armonia grazie agli speciali mattoni che conferiscono leggerezza al nuovo edificio

«A Kolumba - suggerisce Zumthor - tutto comincia dall'arte». Mentre fuori scorre il tempo della città, dentro le spesse mura del nuovo museo dell'Arcidiocesi di Colonia, la presenza ancora palpabile del passato e la poesia invisibile di quanto può accadere s'incontrano nello spazio “sacro”, emozionale, composto dal Maestro svizzero. Le luci e le ombre che lo attraversano, costruiscono uno spettacolo che, per il fascino esercitato su chi ci sia immerso, si rivela magico e immateriale.

Quello che si giunge a percepire è il tempo della contemplazione, qui tradotto in architettura dal linguaggio della materia e celebrato con solenne intensità. Zumthor, con la sensibilità e l'etica che gli sono proprie, affronta il compito di ordinare a esposizione permanente il complesso spazio di un antico edificio, o meglio i frammenti di memoria legati a un sito dal trascorso leggendario. Come successioni sedimentarie, l'archeologia tardo romana, franca e poi romanica, e ancora le rovine tardogotiche sulle cui macerie sorsero due opere di Gottfried Böhm, sono ricomposte e accolte dentro la nuova fabbrica. Zumthor succede ai costruttori del passato “senza spezzarne l'opera”.

Continuità con la storia
Non è il desiderio fine a se stesso d'innovare o inserire lo spazio del museo nel vortice del consumo turistico, ma il rispetto verso il progetto originario e la ricerca coerente e filologica a guidare il suo paziente lavoro, teso a ritrovare il tempo della storia e a creare continuità.
Il Kolumba Museum, con portamento da fortilizio che preserva al suo interno le rovine, pare negarsi al rapporto verso l'esterno. In esso, in vicendevole armonia, convivono due elementi: l'esposizione museale e l'architettura che ne costruisce il percorso, entrambi in sottile relazione con la qualità architettonica originaria.

È con audacia e franca decisione, nell'interesse della nuova funzione, che Zumthor, come l'architetto rinascimentale, prosegue le antiche mura della chiesa tardogotica, ritessendone con trame di muratura piena le sue aperture e costruendovi sopra il nuovo. Ripercorrendo il profilo planimetrico della chiesa originaria, le pietre s'intrecciano con la muratura, diventando un paramento che declina ancora una volta, in modo inedito, il principio della stratificazione.
Muri portanti, con sessanta centimetri di spessore, realizzati concatenando strati dei mattoni definiti “Kolumba Stein”.

Mattoni speciali
Studiato nella parte materica e cromatica con prove e analisi durate anni, il mattone “Kolumba”, oggi divenuto vessillo della fornace danese produttrice, è realizzato a mano in un formato inconsueto, (4x21x54 centimetri), sottile, ampio e lungo, adatto a innestarsi nei muri medievali, ideale per realizzare murature complementari alla pietra, cui cromaticamente si rivolge. Un'avvolgente sfumatura grigio cenere veste gli spazi, ammorbidita da tonalità cangianti dei colori fondamentali - giallo, rosso, blu - e da uno strato leggermente più denso di malta a separare gli elementi. Ma la semplice bellezza del disegno murario, trova la propria speciale interpretazione là dove la trama degli elementi si fa più rada, fino a divenire traforo, diaframma attraversabile dalla luce e, interrotto nella sua continuità, improvvisamente “leggero”.

L'architettura come organismo
Sgravate dal peso della materia, minute vibrazioni di luce costellano lo spazio interno, rendendolo mobile e imprevedibile. Qui coerenza di pensiero e di metodo del progettista si fanno materia e torna il concetto, più volte espresso dall'autore, di architettura come organismo dove, tra le sue parti e il tutto, non vi sia “nulla di troppo”. Così, la superficie diviene ornamento e i piccoli vuoti che la traforano sono dettagli altrettanto concreti quanto i corpi solidi, giocando con la magia della luce. Nel percorso archeologico, che si svolge alla quota inferiore del complesso, costeggiando esternamente le cappelle del “Sacramento” e la “Madonna delle Macerie”di Böhm, l'ordine spaziale che si avverte è dettato dalla presenza dei sottili pilastri d'acciaio fasciati nel cemento che - aghi sul corpo dell'architettura - sostengono, assieme alla muratura, gli spazi sovrastanti. Ai livelli superiori sono ricavate le sale del museo.

C'è attenzione anche per la parte energetica. Lo spessore dei muri in mattoni è attraversato da tubi che sfruttano la geotermia; l'aria nelle sale penetra dal soffitto, mentre l'elegante stacco tra pareti e pavimento la aspira. Al contempo, la collezione esposta nelle sale è composta di oggetti di eterogenea natura, epoca e valore, accostati in modo inconsueto perchè «passato e presente - precisa Zumthor - nella buona arte s'incontrano».