Sostenibilità – Edoardo Milesi ha progettato la cantina di vinificazione e invecchiamento della ditta Collemassari, premiata lo scorso anno al Concorso internazionale di architettura sostenibile

Pensare e progettare in sintonia con la sistematicità della natura, dei suoi elementi. Far vibrare un luogo di energia positiva, anche alla presenza di negatività, è possibile, secondo Edoardo Milesi, attraverso l'uso di energie sottili di forme e colori, in grado di ristabilire l'equilibrio tra naturale ed artificiale nella linea della sostenibilità ambientale. Lo dimostra straordinariamente il suo progetto per la Cantina di vinificazione e invecchiamento di Cinigiano, premiato al Concorso Internazionale Architettura Sostenibile Fassa Bortolo lo scorso anno (il prestigioso riconoscimento attribuito due anni prima agli uffici Biotop di Georg Reinberg) e recentemente pubblicato nel volume Architettura Sostenibile, curato da Gianluca Minguzzi per Skira. L'edificio si inserisce armonicamente nel paesaggio vitinicolo del Montecucco, nel Grossetano, contrassegnandosi per la purezza delle forme e la cura del dettaglio, l'attenzione per i materiali ecocompatibili, l'utilizzo senza sprechi delle risorse naturali - sole, vento, luce zenitale, acqua, paesaggio agrario - in grado di neutralizzare le energie negative di un vicino elettrodotto.

Una struttura alternativa per deviare l'energia elettromagnetica
Nel progetto della Cantina di Cinigiano della ditta Collemassari, l'architettura, con le sue regole compositive e scelte materiche, mira a risolvere le problematiche specifiche del contesto ambientale e generali degli spazi del vinificare. Per contrastare la forza dei campi elettromagnetici che, concentrandosi sui serbatoi di acciaio, modificano la struttura molecolare del vino, tutti i macchinari sono localizzati nei sepolti spazi interrati, mentre la maglia bianca in c.a. che ospita la sala degustazione è in realtà un collettore del campo magnetico generato dal vicino elettrodotto poi scaricato a terra. Analogamente, percorsi obbligati, studiati in base alla dinamica e allo “stile di vita” del moscerino da mosto, combattono naturalmente la presenza, in verità limitata, di tale insetto. Una tessitura superficiale complessa caratterizza l'edificio, in un intreccio permeabile di relazioni spaziali tra interno ed esterno che si coniuga ad un profondo rapporto funzionale - attivo e passivo - tra energie naturali e forze umane.

Un edificio in armonia con il paesaggio circostante
L'edificio è una scatola di legno. I magazzini, i locali tecnici, il ricovero dei mezzi agricoli affondano nella collina da cui affiora una sottile quinta bianca, segno elegante ed essenziale nel paesaggio atto a regolare l'organizzazione degli spazi esterni di manovra per gli automezzi. A sud-ovest, il volume intelaiato in cemento bianco ed inerte in marmo di Carrara si eleva rispetto al corpo ligneo. La maglia, rada e leggera, sembra disegnare un pergolato artificiale che affiora dalla vigna appoggiandosi, quasi provvisoriamente, sul corpo interrato. Come una rete che si lascia attraversare dal paesaggio circostante, essa avvolge uno spazio pulsante di attività legate alla conoscenza del vino, alla degustazione, ai suoi approfondimenti scientifici e conviviali, completamente diverso ma complementare rispetto al solido ventre ricostruito della collina, che trasforma e gelosamente protegge il suo prezioso prodotto. Il legame stretto con il territorio di appartenenza, che si sostanzia negli intrecci creativi della produzione con la cultura del vino, contribuisce al fascino di questi spazi. Il ritmo volumetrico dei pieni e dei vuoti si coniuga con l'armonia del dentro e del fuori, coerente con il funzionamento del fabbricato, in accordo, a sua volta, con le fasi del processo enologico della Cantina, orientato anch'esso alla naturalità.

Una produzione naturale
La trasformazione delle uve in vino avviene mediante un procedimento “a caduta”, per semplice gravità, senza mai l'ausilio di pompe elettromeccaniche che stressano il prodotto riducendone la qualità: il percorso si snoda dalla grande terrazza-tetto dove i trattori scaricano l'uva, discende per 13 metri fino alla barricaia interrata, aprendosi gradualmente al paesaggio naturale, scandendone le altimetrie attraverso le uscite in quota funzionali alla produzione, mostrando le coltivazioni e il paesaggio naturale in un continuo interagire con l'intero complesso. Il controllo delle temperature è affidato alla grande inerzia termica delle murature ed alla ventilazione naturale della copertura, in larice lamellare rivestito in zinco titanio, e delle pareti, in cedro rosso canadese, nonché alla possibilità di apertura e chiusura dei grandi camini orientati e posizionati in punti strategici, in modo da guidare la ventilazione naturale umidificata lungo i pavimenti con funzione di collettori delle acque di drenaggio. Vetrate acidate stratificate a bassa emissività (4+4/12/3+3) bilanciano la luce naturale che filtra attraverso il sistema di frangisole a doghe di cedro canadese.

Il sistema di depurazione
Nella Cantina di Collemassari il controllo naturale del microclima necessario alla produzione e alla conservazione del vino, e del grado di umidità si coniuga all'uso di fonti rinnovabili per il soddisfacimento del fabbisogno energetico, al recupero delle acque, in particolare di quella utilizzata, anche in grande quantità, durante le fasi di lavorazione. L'acqua, compresa quella dei drenaggi sotterranei della barricaia che garantiscono il giusto grado di umidità, è interamente recuperata, filtrata e stoccata in diverse tipologie di cisterne, riutilizzata ed infine portata in un impianto di fitodepurazione, per immettersi in un bacino ai margini di un corso d'acqua, e da lì essere attinta per l'irrigazione delle vigne. Nel sistema di fitodepurazione vengono trattati unicamente reflui di tipo civile. L'impianto pertanto, salvo particolari dotazioni a monte - pozzetti, sgrassatori e desoleatori - è dotato di fossa settica e pozzetti di campionamento prima del recapito al collettore fognario destinato alla fitodepurazione. Il sistema è del tipo fertirriguo opportunamente dimensionato all'utenza ed al clima, in grado di dare risultati comparabili ad un sistema tecnologico, senza, invece, richiedere alcun apporto energetico artificiale.