Università di Treviso  

Architetto Paolo Portoghesi
Collaboratori P. Candiani, B. Maschio, E. Masud, A. Posabella, F. Tomasella, M. Basili, P. Sieni
Committenti Fondazione Cassamarca, presidente Dino De Poli; Civibus S.p.A., presidente Pierantonio Zaccariotto
Progetto 1998-2001
Direzione progetto Piero Semenzato
Imprese di costruzione Impresa Carron, San Zenone degli Ezzelini; Holzbau, Bressanone (nuove ponte sul Sile); Ditta Astec, Dosson di Casier (Palazzo dell'Umanesimo Latino)
Località Treviso, Italia

La città di Treviso ha aspettato il ritorno dell'Università per ben settecento anni, in compenso, la realizzazione di questo tanto atteso avvenimento si è svolta in tempi notevolmente rapidi rispetto ai ritmi dei cantieri di opere pubbliche in Italia.
Il complesso universitario è costituito da una serie di edifici costruiti in varie epoche che si affacciano attorno al luogo "dove Sile a Cagnan si accompagna" secondo la descrizione che Dante nella Divina Commedia ci regala di questo scorcio di Treviso. L'ambizioso programma edilizio, ovvero l'opera di restauro degli edifici che accolgono l'istruzione universitaria, è stato affidato interamente alla mano autorevole ed attenta dell'arch. Paolo Portoghesi e sostenuta dalla volontà della Fondazione Cassamarca, presieduta dall'Avv. On. Dino De Poli. Gli interventi sono iniziati nel 2000 con il restauro delle aree del vecchio Ospedale di Santa Maria dei Battuti, completandone una prima parte dopo appena 13 mesi d'intenso lavoro, con l'apertura del Palazzo della Dogana che, appartenendo all'area S. Leonardo, si affaccia sul fiume dalla Riviera Garibaldi. Successivamente il restauro ha coinvolto uno dei padiglioni dell'ex Distretto militare che sorge sulla riva opposta del Sile creando così la necessità di collegare le due aree attraverso la costruzione di un nuovo ponte in legno di acero, ancorato simbolicamente alle due rive da quattro obelischi e realizzato in poco più di due mesi. Contemporaneamente è stato restaurato il palazzo che appartenne alla famiglia Bortolan, oggi sede dell'istituzione dedicata all'Umanesimo Latino, collocato anch'esso sulla riva Garibaldi a pochi passi dal primo edificio citato. Gli interstizi creati dalle suddette parti edificate hanno dato vita a preziosi spazi aperti divenuti meta di passaggio e di sosta non solo per la popolazione studentesca, ma, come auspicato dai progettisti, per ciascun cittadino o passante casuale. Tra le piazze e le vie trevigiane esistenti si sono così inserite di diritto nella toponomastica della città la piazza dell'Università e la piazza della Dogana, coincidenti con i cortili del vecchio ospedale.
Oltre a questo piccolo miracolo edilizio, il ritorno dell'istituzione ha quindi portato con sé una benefica rivoluzione nell'assetto urbano della città; la dismissione della destinazione originaria del complesso ha permesso non solo di conferirgli una diversa e innovativa funzione urbana, ma ha anche reso possibile la ricucitura della rete di percorrenza interna a quella cittadina già esistente. Rispetto all'organismo urbano di Treviso, il comprensorio si colloca in una posizione tale da lasciare intravedere un'importante prospettiva sul futuro del quartiere stesso, reso interamente fruibile e facente quindi parte integrante della vita del centro storico. Il futuro del complesso già funzionante vede l'integrazione dell'organismo universitario fortemente permeato della vita cittadina, con una serie di servizi mirati al completamento di un luogo ambito per il suo fermento culturale, ricreativo e di scambio, sul modello parigino del quartiere latino nato nel medioevo attorno alla Sorbona.
A fare da legante, oltre alle piazze e ai percorsi descritti, s'insinua tra le parti la presenza diffusa e costante dell'elemento acqua che affiora nuovamente dal vecchio tratto tombato del Cagnan costeggiando l'ala ovest del Palazzo della Dogana.
L'acqua però non rimane relegata all'esterno del complesso, ma si fa metafora accompagnando il fruitore oltre il portico, fin dentro l'ingresso all'Università, laddove sospinge e incastona la reminiscenza di una barca in legno di rovere rovesciata quale copertura del vano principale di accoglienza. L'utilizzo del materiale naturale come il legno di rovere, messo in opera con estrema sapienza attraverso la tecnologia semplice dell'assemblaggio, ricorda al tempo stesso e con efficace raffinatezza la tradizione del luogo in cui nasce e il pensiero della mano che lo ha disegnato. Il legame indissolubile che l'arch. Portoghesi riesce a creare tra la sua architettura e la natura, così come le radici profonde che la sua opera affonda nella storia del luogo in cui interviene, riescono ancora una volta con coerenza e forza espressiva a connotare il carattere dell'intero ambiente universitario.
L'impianto originale degli edifici storici non viene stravolto dalle esigenze di funzionalità della nuova destinazione d'uso, bensì l'edificio viene dotato di un equipaggiamento estremamente moderno che tuttavia si colloca in un ambiente che conserva il sapore delle sue origini. Gli ambienti principali come le aule per seminari si trovano al piano terra del Palazzo della Dogana, dove l'Aula Magna occupa uno spazio privilegiato attestandosi direttamente al prospetto principale che si affaccia sulla riva del fiume. Questa sala molto imponente per le sue dimensioni e per il ruolo di fulcro dell'attività didattica che ricopre, è stata ulteriormente potenziata da un ampio soppalco ed è quindi in grado di accogliere 400 posti a sedere. Gli arredi sono organizzati secondo uno schema a esedra che vede al suo centro il palco dei conferenzieri, un'importante opera di arredamento in legno di rovere la cui geometria e immagine richiamano fortemente alcuni tratti dell'epoca gotica alla quale l'Università trevigiana deve le proprie origini.
Oltre all'utilizzo diffuso del legno quale elemento principale di rivestimento, vi sono altre importanti citazioni della cultura lagunare: il vetro di Murano è stato scelto in svariati momenti del progetto sottoforma di corpo illuminante, come le onde luminose dell'aula magna, o diventando un sorprendente drappeggio di acqua sinuosa e colorata costituito da una serie di tubi di vetro affiancati l'uno all'altro che copre un piccolo ambiente di passaggio.
Per le aule di lezione collocate ai piani superiori e per gli ambienti di maggiore fruizione, sono invece state adottate delle soluzioni di arredo e di rivestimento che rispondessero con sobrietà e affidabilità nel tempo alle esigenze intrinseche di un ambiente didattico. La scelta di adottare il grès porcellanato GranitiFiandre risponde quindi alla necessità di ottenere una superficie calpestabile in grado di sopportare il flusso continuo degli studenti, mantenendo le proprie qualità originarie inalterate.
Nella descrizione dei caratteri principali di questa complessa operazione di restauro risalta un episodio importante in cui la citazione della natura e la sensibilità nei confronti del luogo si concretizzano, palesemente e senza ambiguità, in opera di architettura. All'interno di Palazzo Bortolan, edificio d'origini cinquecentesche, ma profondamente modificato in età neoclassica, l'arch. Portoghesi inserisce una scala a chiocciola completamente nuova con il desiderio di rendere leggibili le stratificazioni storiche subite dal palazzo. Al centro del prisma, in asse con l'ingresso principale al palazzo, nasce e cresce un "albero" fatto di elementi in acciaio avvitato il cui fusto si assottiglia ad ogni piano e dal quale si diramano flessuosi e raffinati rami metallici che sostengono i gradini in marmo rosso di Verona. Ed ecco che tutto il corpo dell'edificio fatto di pagine di storia, di stanze piccole e grandi, di preziosi affreschi, di stucchi riscoperti o rianimati, di soffitti lignei cinquecenteschi, sembra ormai alimentarsi attorno a questo nuovo albero della Conoscenza per la nuova e prestigiosa attività culturale.

Testo di Lara Tonnicchi
Estratto da Materia n. 39

Pianta piano terra
Pianta, prospetto e sezione dell'Aula Magna