Il quartiere di Calvairate non è uno dei più conosciuti nè, probabilmente, uno dei più amati di Milano. È periferico e la sua superficie è quasi equamente divisa tra edifici in linea che ospitano case di Edilizia Residenziale Pubblica, e i Mercati Generali. Storicamente, le due cose sono sempre state legate a doppio filo: i mercati ittico e floricolo, l’Ortofrutta, e il Macello, sono stati per decenni il luogo dove gran parte del quartiere trovava lavoro. Tutt’oggi molti giovani sono impiegati nei primi tre, ma il grande comparto dell’ex Macello di Milano è abbandonato da ormai più di vent’anni. Per qualsiasi capitale europea la riqualificazione delle enormi aree dei Macelli cittadini è diventata, prima o poi, una sfida. A Madrid la memoria architettonica del Matadero permane interamente, ma si è trasformato, da sfondo di attività truculente, a scenario per mostre e rappresentazioni d’arte. A Parigi il Parc de la Villette viene considerato uno degli esempi più brillanti di progettazione del verde pubblico dell’architettura degli anni Ottanta, e degli ‘abbatoirs’ rimane solo l’ex galleria di macellazione, oggi Grand Halle. A Roma il Mattatoio di Testaccio ha subito trasformazioni e riusi parziali sin dalla dismissione, in gran parte intrecciati con una storia di occupazioni e iniziative dal basso, per assestarsi oggi su un mix funzionale che va dai padiglioni universitari alla seconda sede del MACRO. Ma anche città più piccole, come Piacenza, Bologna, Düsseldorf, o fuori dall’Europa, come New York, si sono confrontate con il bisogno di trovare nuovi usi per i grandissimi spazi (in proporzione alla città) un tempo pensati per trasformare la morte in cibo. Nel caso milanese la dismissione è stata a lungo annunciata e specialmente lenta; tuttavia questo non ha dato adito a efficaci strategie per mantenere viva l’area, e così, dal 2001 in cui si è conclusa, l’intero comparto è rimasto completamente inutilizzato - se si escludono le Palazzine Liberty, in cui hanno trovato sede MACAO e il breve episodio di Temporiuso. Mentre attendeva che lo sguardo della città tornasse a interessarsi a lui, l’ex Macello si è progressivamente trasformato in un parco spontaneo frammezzato a ciclopici scheletri in cemento armato.

L’aspetto che avrà in futuro è senza dubbio erede delle suggestioni di questa sua condizione. Nel 2020 si è aperta infatti, per la prima volta dalla dismissione, una possibilità concreta di rigenerazione: Reinventing Cities, un concorso internazionale con due elementi cardine per lanciare l’ex Macello nel futuro. Da un lato, dieci sfide per la sostenibilità, dall’altro, l’obbligo per progettista e promotore di presentarsi alla giuria mano nella mano, progetto e finanziamenti nello stesso pacchetto. Nasce così Progetto ARIA. La parola che dà nome al progetto, ARIA, è legata proprio alla pervasiva presenza del verde nell’area abbandonata: messo in ordine, potato, in parte ripiantumato, quel verde è uno degli elementi che contribuiscono al raggiungimento delle principali sfide ambientali, ossia la compensazione delle emissioni di CO2. In modo non dissimile da quanto si è osservato avvenire a Torino con il Parco Dora, infatti, l’ex Macello si configura nel suo assetto futuro come un grande parco disegnato attorno e dentro ai capannoni recuperati, circondato da edifici residenziali di varie altezze e tipologie. Alla soglia attuale, è in corso il processo negoziale per rispondere alle richieste del Piano Attuativo PA3, vigente sull’area, che sarà approvato entro il 2024. Sull’intero complesso, dunque, si arriverà a breve a un livello di progettazione preliminare: le funzioni verranno assegnate, i volumi definiti, le tipologie circoscritte. Alcune cose sono già note - e già lo erano agli esordi - come, per esempio, il vincolo della Soprintendenza sull’edificio della Galleria, sui tre padiglioni di macellazione, sulla catenaria (il corridore sopraelevato che collega la Galleria ai Mercati), sul portale di accesso al mercato Avicunicolo e sui due ciclopici padiglioni di cemento armato dei Mercati, dei vivi e delle carni, a nord dell’area. Progetto ARIA si spinge tuttavia un passo oltre: due edifici esistenti vengono aggiunti a quelli sottoposti a vincolo. Il primo, nella zona nord-est dell’area, accoglieva un tempo le stalle dei bovini, trasportati fino al Macello tramite ferrovia; nel progetto diventerà un Polo didattico per l’infanzia, sfruttando la sua posizione strategica, all’intersezione tra i volumi residenziali a est e il parco al centro. Il secondo, sulla sinistra della catenaria, nella porzione centrale del complesso, ospiterà funzioni culturali-espositive.

La sua conservazione sarà meno rigorosa rispetto agli edifici vincolati, in parte anche per le condizioni di fatiscenza dell’immobile, favorendo quindi lo sviluppo di un rapporto diverso con la catenaria preesistente. Accogliendo poi un antico spunto, nato nel 1994 da mozioni di quartiere, che avevano spinto il Comune a indicare la zona occupata dai Mercati come una possibile collocazione di un polo universitario, mai realizzato, nel programma funzionale di ARIA proprio lì si colloca la nuova sede dello IED, partner e promotore anch’esso del progetto, sotto disegno di CZA Cino Zucchi Architetti. Il nuovo progetto rispetta e valorizza la testimonianza storica dei due volumi esistenti, inserendo al loro interno box per laboratori e aule che non intacchino la scansione originaria delle campate in cemento armato. La Galleria, simbolo del Macello e del quartiere, tanto da essere insegna di bar e ristoranti e da comparire nello sfondo di film ambientati negli anni Venti, viene conservata intatta, e viene riconosciuto il valore della giungla spontanea nata al suo interno per inserirvi un parco lineare di collegamento est-ovest, e una passerella di accesso al corridore/catenaria. I padiglioni di macellazione che su di essa si affacciano, infine, sono dedicati al commercio e ai servizi di supporto al pubblico. Nel complesso, ciò che emerge con forza dal Progetto ARIA, è lo sforzo costante verso il mantenimento della memoria sociale, olre che storica, dell’ex Macello. Per decenni casa e fonte di reddito per il quartiere, è stato poi, per vent’anni, un parco spontaneo abbandonato a se stesso. La congiunzione delle due cose lo trasforma in punto d’incontro tra esigenze della popolazione locale, sia futura (nel senso di: futura abitante delle case di nuova costruzione), sia passata. Un esempio evidente del tentativo di dare valore a ciò che l’ex Macello è stato si trova nell’iniziativa proposta quest’anno in occasione del Fuorisalone - durante il quale diversi padiglioni sono stati aperti al pubblico per dar modo alla città di tornare a posarvi lo sguardo. Stantec, uno degli studi progettisti, ha raccolto nella mostra “A valuable collection of things” i molti oggetti che dimostrano la cura e la manodopera di chi costruì e visse quei luoghi, in una rievocazione quasi Ruskiniana del valore dell’opera dell’uomo. Infissi, pareti con piccoli decori, piastrelle scelte per la bellezza oltre che per la funzione, lampade, ganci di ferro battuto a mano per il trasporto delle carcasse. Oggetti che contengono ore di lavoro e di amore, spese in un luogo che dava da vivere alle famiglie di un quartiere, e da mangiare a un’intera città.

UN POLO PER L’INFANZIA
Una delle più grandi innovazioni del Macello di Milano, quando negli anni Venti del novecento venne concepito, era il principio organizzativo del “movimento in avanti”. Il progettista, l’ing. Filippini, aveva infatti studiato sotto incarico del Comune le più recenti innovazioni tedesche, e aveva infine disposto i padiglioni del complesso milanese secondo un ordine preciso, che portasse dall’arrivo degli animali, nello Scalo ferroviario di Porta Vittoria, alle celle frigorifere. Il percorso era breve, senza involuzioni, e senza contaminazioni. Il primo passo, di fronte allo scalo, erano ovviamente le stalle. Considerando la scala del comparto del Macello, non sorprende che uno dei due edifici più grandi (i padiglioni a nord) fosse interamente dedicato alle stalle di varie specie: era il cosiddetto Mercato Vivi. Oggi è uno dei padiglioni coinvolti nel progetto di trasformazione nella nuova sede IED da parte di CZA. Di dimensioni più minute, ma pure dedicata alla formazione, è l’ex stalla per i capi giovani: un fabbricato all’apparenza molto semplice, costruito secondo uno schema a capanna, quasi una cascina nel mezzo del Macello - che tuttavia nasconde un eccezionale segreto. Si tratta infatti di un edificio su due piani, di cui il superiore è completamente sospeso alla copertura tramite travi Vierendeel in cemento armato. Tale peculiarità l’ha portato negli anni a essere oggetto di studio di diversi progetti di recupero, irrealizzati, e in un’ottica di riuso lo rende particolarmente interessante per l’assenza di elementi portanti al piano inferiore. Se a ciò si somma il fatto che non è interessato da vincoli della Soprintendenza, diventa il luogo perfetto per ospitare destinazioni d’uso non convenzionali. In Progetto ARIA diventa dunque un Polo didattico per l’infanzia. L’opportunità di tale scelta funzionale è data dalla promiscuità del nuovo complesso residenziale con questo edificio, oltre che da quella dello IED, pure dedicato alla formazione. Le grandi distanze tra un padiglione e l’altro giocano poi a favore delle necessità specifiche di questa funzione, permettendo l’individuazione di uno spazioso giardino a fruizione esclusiva. Nel complesso la scelta risulta vincente, e permette ad ARIA di mantenere un qualcosa di più della storia dell’ex Macello.

Scheda progetto
Architects (masterplan and executive plan): Stantec, Snøhetta Oslo, Barreca & La Varra
Location: Milan, Italy
Client: Redo Sgr
Area: ca. 15,4 hectares (area), ca. 125,000 sqm (built)
Architects (IED): CZA Cino Zucchi Architetti
Landscape: Snøhetta Oslo, AG&P
Engineering: Mpartner
Structural Engineering (IED): Redesco Progetti
MEP Engineering (IED): ARIATTA Ingegneria dei Sistemi
Mobility: MIC Hub
Strategic partners: Fondazione Housing Sociale
Photos: Michele Nastasi

Arketipo 169, Rigenerazione, novembre 2023