Con la Kolon One & Only Tower, ubicata nel parco tecnologico di Magok a Seul, Morphosis realizza un edificio con una facciata iconica in grado di farsi vetrina dei materiali high-tech e delle capacità tecnologiche della Kolon, un’azienda coreana leader mondiale nell’ambito delle fibre sintetiche. Il progetto è stato realizzato con una sensibilità ambientale, tanto da essere in corsa per la certificazione LEED Gold.

La Kolon One & Only Tower sviluppa il tema della facciata parlante. Come scrive Daniela Colafranceschi: «L’architettura contemporanea esibisce […] attraverso le sue pellicole sensibili esterne, attraverso la sua “pelle”, una volontà di efficacia comunicativa capace di competere, nell’era telematica, con quella “virtuale” del cinema e della televisione» (D. Colafranceschi, Architettura in superficie, Gangemi Editore, Roma, 1995, p. 13). Sempre Colafranceschi nota come nella città contemporanea prevalga la “discontinuità”, che si verifica quando l’architettura non cerca più una ricucitura dei tessuti urbani, ma oppone loro l’individualità e la distinzione tipica dei luoghi della città destrutturata, dove è demandato ai tratti somatici delle architetture, in particolare alla pelle, il compito di definirne il loro carattere, ruolo e significato in rapporto con la forma urbis o gli artefatti dello spazio circostante. Secondo questa logica le superfici dell’architettura diventano “catalizzatori di emozioni”, “motori di seduzione”, schermi pubblicitari di cui l’architetto è regista e scenografo.


La Kolon One & Only Tower risponde a questa logica, perché Morphosis è stato incaricato da Kolon - un’azienda nata nel 1957 per la fabbricazione di fibre sintetiche (il nome Kolon è la crasi delle parole KOrean e NyLON) e capace poi di trasformarsi in un impero del tessile, della chimica e altro ancora - di dare forma a un edificio iconico, manifesto del coinvolgimento dell’azienda nell’ambito dell’innovazione, della tecnologia e della sostenibilità. Oltre alle necessità rappresentative, e gli spazi ad esse connesse, la nuova sede doveva ospitare laboratori, uffici, sale per conferenze e incontri. Da qui la scelta di Morphosis di progettare un’architettura dal doppio volto, memore della logica dello “shed decorato” di Robert Venturi, caratterizzata da «un fronte retorico e un retro convenzionale». Qui i due blocchi “convenzionali” - completamente vetrati, organizzati su sette livelli e destinati a ospitare i laboratori e gli uffici - sono disposti sul retro, mentre a ovest spicca il “fronte retorico”, una pelle spessa e autonoma, debitrice delle facciate barocche (qui si potrebbe parlare di rococò), a cui è deputato il compito della rappresentatività e del dialogo con lo spazio urbano.

Come la pelle (o certi tessuti tecnici) è costituita da due strati, così lo è la facciata della Kolon Tower. L’epidermide, lo strato più superficiale, è stata risolta con un brise-soleil simbolico e performativo. Simbolico perché la griglia del parasole è sia l’analogo dell’intreccio ingigantito di un tessuto, rimando alla ricerca nel tessile di Kolon, sia l’espressione metaforica della stretta collaborazione fra i 38 dipartimenti dell’azienda. Inoltre, la forma degli elementi e la loro combinazione paiono rimandare al logo di Kolon, ricco di significati simbolici fra i quali l’armoniosa collaborazione e cooperazione. L’aspetto performativo del brise-soleil è rappresentato dal fatto che gli elementi modulari del parasole sono stati progettati per bilanciare le necessità di oscuramento e di trasparenza, e sono stati realizzati con materiali polimerici rinforzati con l’Aramid, un prodotto high-tech di Kolon, le cui fibre hanno una resistenza a trazione cinque volte superiore a quella del ferro dello stesso peso. I singoli elementi del brise-soleil sono un guscio monoscocca i cui tre bracci sono collegati a quelli vicini con clip in acciaio inox e fissati ai montanti della facciata con piatti sagomati in acciaio; il numero contenuto di elementi di supporto è stato studiato dagli architetti, spinti dalla committenza, per far sì che il parasole paia librarsi sulla facciata e lasci le viste verso l’esterno libere da impedimenti, e i suoi elementi osteolitici siano percepibili al meglio anche dall’interno. La struttura del brise-soleil è stata calcolata per resistere ai tifoni.


Il derma, lo strato più spesso e interno della pelle, contiene l’atrio, organizzato su nove livelli nei quali sono ospitati i luoghi dedicati all’incontro e alla socialità - mensa, palestra, lounge, sale per meeting e conferenze, spazi informali per il relax -, voluti dal presidente di Kolon, Lee Woong-Yeul, per creare un ambiente di lavoro capace di stimolare l’interazione e la cooperazione fra i dipendenti. Gli elementi che caratterizzano l’atrio sono tre: il primo è un vuoto, simile a una cavità carsica, lungo 100 metri e alto 30, in una porzione del quale, a partire dal primo livello, si distende il secondo elemento, una scala monumentale, che conduce fino al terzo livello e funziona da aggregatore sociale, spazio di incontro informale e di sosta. Il terzo elemento è il rivestimento delle pareti della cavità con 400 pannelli a forma di diamante - lunghi 8 metri e realizzati con una cornice d’acciaio avvolta in tessuto prodotto da Kolon -, che conferiscono all’invaso un carattere evocativo e vibrante, grazie giochi chiaroscurali della luce naturale che viene schermata ma pure si diffonde e alle luci a led inserite all’interno del telaio, che consentono di illuminare artificialmente l’atrio. I pannelli svolgono inoltre funzioni acustiche e sono pensati per diventare in futuro una vetrina dei vari materiali prodotti da Kolon, scelta al momento scartata da Morphosis per non inficiare la potenza espressiva del vuoto.


Kolon ha chiesto infine agli architetti di realizzare un edificio energeticamente sostenibile, per dimostrare l’impegno dell’azienda in questo ambito. La Kolon One & Only Tower è in corsa per ricevere la certificazione LEED Gold e la più impegnativa certificazione di sostenibilità in Corea. Le misure prese per conseguire questi risultati sono stati il corretto orientamento dell’edificio, l’uso del fotovoltaico e della geotermia, i tetti verdi, l’impiego di materiali riciclati, l’utilizzo di un particolare tipo di soletta con degli elementi sferici di plastica che hanno permesso di ridurre del 30% l’utilizzo del calcestruzzo, l’impiego controllato dell’illuminazione e della ventilazione naturale nei laboratori e negli uffici grazie alla creazione delle corti fra i blocchi retrostanti la facciata principale.

Photo by Jasmine Park, Courtesy of Morphosis Architects