Testo di Stefano Bernuzzi

ATELIER VAN LIESHOUT. Female Slave University
Fino al 28 aprile 2007
Milano
   Testo di Stefano Bernuzzi

L'ultima utopia della città perfetta è targata Atelier van Lieshout. Il
collettivo olandese, con il progetto Female Slave University, si pone sulla scia
delle città operaie di fine XIX secolo e dei modernisti dell'età della macchina,
ma anche delle visionarie immagini di Metropolis e tendono ad avvicinarsi ai
frutti peggiori dei totalitarismi del secolo scorso. La migliore forza lavoro
sul mercato resta sempre la schiavitù e, questioni etiche a parte, da un punto
di vista organizzativo, sociale ed economico sembrerebbe la soluzione migliore
per l'utopica città da sempre ricercata.
Alla galleria Giò Marconi viene
presentata una parte dell'ampio piano urbanistico Slave City, ideato nel 2005 e
in costante cerscita, disposto su un territorio vasto oltre 50 kmq, sinistro
nella concezione ma al tempo stesso razionale, efficiente e proficuo con circa 8
milioni di dollari di profitto netto all'anno. La Female Slave University
rappresenta il polo educativo della città, nascosto all'interno di una collina è
costituito da 12 auditorium collegati direttamente ai dormitori e ai servizi,
sale conferenze e un'ampia sala professori completamente vetrata sulla cima
della collinetta. Questa complessa struttura può ospitare circa 1900 studenti e
garantisce 650 posti di lavoro, altrettanti dormitori e quasi 120 toilet
units.
Il progetto viene analizzato in tutti gli aspetti: ogni elemento -
dormitori, aule, servizi igienici, docce - viene studiato con precisi e
inquietanti modellini che richiamano alla memoria le angosciose immagini dei
campi di concentramento. Allo stesso tempo però dimostrano una percezione della
realtà di volta in volta ironica (i bordelli - maschile e femminile - hanno le
sembianze degli organi sessuali), tecnologica (impianti ecologici senza
combustibili fossili importati o elettricità), razionale (rigida suddivisione
delle ore/lavoro).
Come ogni moderna città che si rispetti Slave City
possiede anche una lussuosa sede centrale, un borgo sicuro ed accogliente per
gli impiegati di livello superiore, un centro per l'educazione e la salute, un
bordello e un centro d'arte, destinati alla risicata minoranza dei suoi 200.000
abitanti mentre il resto della popolazione vive e lavora in strutture
estremamente efficienti nella loro povera essenzialità. Stupisce l'ingegnosità
del progetto di van Lieshout che sembra porsi come razionalizzazione estrema
della società contemporanea: se etica ed estetica sono principi che in molte
zone del mondo (anche occidentale) non hanno più alcun senso tanto vale ridurne
il valore all'osso. Eppure Slave City è ecologicamente sostenibile, dato che usa
esclusivamente l'energia del sole, del vento e del bio-diesel, è verde e non
spreca le risorse ambientali, ha ospedali e strutture sanitarie, porta
all'estremo la nostra cultura capitalistica producendo un profitto
inimmaginabile nella realtà.
Il prezzo da pagare per tutto questo è la
perdita di libertà, la comunità è rivoluzionata in una forma completamente
nuova, uomini e donne sono rigidamente separati, gli orari di lavoro sono divisi
in cicli di sette ore più tre destinate alla pausa e al "tempo libero". In molte
parti del nostro mondo contemporaneo ci potrebbero dire che questa è già
realtà...

Galleria Giò Marconi
via Tadino, 15
Orario: da martedì a sabato
10:30-12:30, 15:30-19
Ingresso libero
www.giomarconi.com