Così come la grande maggioranza degli edifici pubblici, l’edilizia scolastica italiana necessita di un’importante riqualificazione da un punto di vista energetico e strutturale. La vera notizia è che, però, questo processo, almeno parzialmente, è già in atto. È quanto emerge dalla lettura di due diversi rapporti dedicati alla scuola, pubblicati da Cresme e Legambiente. Entrambi mettono in evidenza lo stato dell’arte: gli edifici scolastici ammontano a 52.000 unità (dati 2013), che consumano ogni anno oltre 9,6 terawattora tra fabbisogno termico ed elettrico, per una spesa annua di circa 1,3 miliardi di euro. L’eccesso di consumi, come noto, deriva in buona parte dall’età media piuttosto elevata: oltre il 60% delle scuole è stato costruito prima del 1974. Non a caso, il 37,6% necessita di interventi di manutenzione urgente, il 40% è privo del certificato di agibilità, il 38,4% si trova in aree a rischio sismico e il 60% non ha il certificato di prevenzione incendi.

Il Cresme, in particolare, si concentra sul segmento più energivoro, ossia 10.400 edifici per un consumo di oltre 2,6 TWh, la cui spesa è pari a circa 351 milioni di euro annui. Applicando a tale patrimonio un mix di interventi differenziato per zona climatica sarebbe possibile ridurne il fabbisogno del 48,3%, facendo scendere la bolletta 181 milioni di euro annui, con un risparmio di ben 169 milioni. Dunque, intervenendo solo sul 20% degli immobili più inefficienti sarebbe possibile abbattere i consumi dell’intero patrimonio scolastico nazionale del 13,1%. I costi? Secondo il Cresme servirebbe un investimento di 3,6 miliardi di euro, che si ripagherebbe in poco più di 21 anni senza incentivi, mentre i tempi si ridurrebbero a poco più di 7 anni con un’incentivazione simile alla detrazione del 65%.

Legambiente, nel suo studio, segnala invece come qualcosa si sia già mosso negli scorsi anni: tra il 2009 e il 2013 sono raddoppiate le scuole produttrici di energia pulita, ormai pari al 13,6% a livello nazionale e al 30% nelle isole. Tra gli edifici che utilizzano rinnovabili, quasi otto su dieci impiegano pannelli fotovoltaici (78,1%), il 25,9% impianti solari termici, mentre tre su 100 sfruttano sistemi a geotermia e/o pompe di calore. Percentuali più basse per biomassa e biogas, tecnologie ferme rispettivamente allo 0,5% e allo 0,1%. In prima fila c’è la Puglia, dove le fonti di energia rinnovabile sono utilizzate nel 44,6% degli edifici scolastici. Seguono in graduatoria Sicilia (33%), Abruzzo (31%), Emilia Romagna (29%) e Sardegna (27,8%). Spicca, tra le città capoluogo, il dato di Prato dove le energie pulite coprono, negli edifici che le impiegano, la totalità del fabbisogno.

Sempre in materia di scuola c’è da segnalare il recente insediamento al Ministero dell’Istruzione dell’ Osservatorio sull’edilizia scolastica,  che dovrà portare avanti un’azione di semplificazione per rendere più rapida la programmazione degli interventi in materia e la realizzazione delle opere volute dal Governo (1.600 cantieri entro il 2015). «Sull’edilizia il governo sta facendo un grande investimento oggettivo - ha dichiarato il sottosegretario all’Istruzione, università e ricerca, Davide Faraone - e sta lavorando su due binari: quello dell’emergenza e quello della programmazione. Non esiste infatti una buona scuola se non ci sono edifici all’altezza. Anche attraverso l’Osservatorio dobbiamo rendere efficaci gli strumenti che esistono già e metterne in cantiere di nuovi». Il Sottosegretario ha poi posto l’accento sull’importanza dell’Anagrafe dell’edilizia scolastica, anche questa riavviata di recente, che dovrebbe essere completata entro il prossimo giugno.

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