Com’è cambiato il vostro lavoro dal punto di vista operativo e come avete gestito questo periodo di emergenza?
Appena iniziata l’emergenza abbiamo deciso di chiudere lo studio e continuare a lavorare da remoto. Una volta finito il periodo di lockdown completo, lo studio è stato aperto con circa un terzo dei collaboratori in modo da consentire di lavorare con le distanze di sicurezza necessarie. In questi mesi siamo riusciti a portare avanti con continuità i progetti in corso. Sicuramente è stato più difficile lavorare sui progetti da impostare, quelli ancora nelle fasi più preliminari.

©Andrea Martiradonna

Al di là della situazione contingente questa pandemia pone una serie riflessioni sul ruolo della progettazione legato a moltissimi temi. A partire dalla città e dalle sue trasformazioni nel prossimo futuro. Quali pensiate possano essere gli insegnamenti da trarre e quali le strategie per uno sviluppo urbano sostenibile?
Non crediamo sia ancora tempo di dare risposte: si può, ed è giusto farlo, immaginare diversi scenari futuri, ma ci viene difficile al momento pensare quanto questa pandemia modificherà il futuro delle nostre città. Il concetto di città, così come lo conosciamo, si è sviluppato nel corso di una storia millenaria e non crediamo che questa emergenza potrà influenzare permanentemente la nostra idea di condivisione che è alla base dell’esperienza urbana. Quello che invece ci auguriamo è che questo possa essere la dimostrazione che il mondo può reagire con decisione se sottoposto a un'emergenza planetaria. La nostra speranza è che questa esperienza ci possa portare quindi alla consapevolezza che anche comportamenti e pratiche che sono sempre apparse immutabili e consolidate possano essere modificate per affrontare da subito la vera emergenza del nostro secolo: quella climatica e ambientale.

 

Un altro dei temi emersi è senza dubbio quello della centralità della casa, messa a dura prova da un lungo periodo di convivenza forzata. Come dovranno essere le case del futuro in termini di ambienti, spazi, materiali e tecnologie utilizzate?
L’esperienza che il mondo sta facendo in questo momento crediamo che agirà da acceleratore di una serie di mutamenti che già stavano avvenendo nella casa e negli ufficio. La casa dovrà sempre di più accogliere la possibilità di poter lavorare e studiare, e forse riscoprirà l’esigenza di isolamento tra gli spazi. Sicuramente ancora più di prima, si andrà verso soluzioni di grande flessibilità, con spazi in grado di mutare nel corso del tempo e della giornata.

©Andrea Martiradonna

L’eccessiva diffusione del digitale mal si concilia con l’architettura che è un’esperienza concreta, fisica. Avremo ancora bisogno di spazi costruiti? Com’è possibile conciliare questi due aspetti?
A noi sembra che proprio questi mesi ci abbiano fatto capire ancora di più quanto per noi sia vitale il valore della socialità e delle esperienze concrete e fisiche. Il digitale ci ha aiutato tantissimo in questo periodo, ma in fondo l’abbiamo usato come surrogato di qualcosa che non potevamo più avere. Usciremo da questa prova con ancora più voglia di concretezza e fisicità. Il digitale potrà aiutarci a vivere meglio la città, a metterci sempre più nella condizione di scegliere come viverla e non subirla. Quello che speriamo è che si formi, anche grazie a questa esperienza, una sempre maggiore consapevolezza del valore degli spazi urbani e un apprezzamento della qualità dei luoghi dell’abitare e del lavoro.

©Diego Depol