©Giulio Ghirardi

Com’è cambiato il vostro lavoro dal punto di vista operativo e come avete gestito questo periodo di emergenza?
Ci siamo resi conto quasi subito che l’emergenza che stava per colpire il nostro Paese non sarebbe stata di portata trascurabile. In particolare, nella nostra sede di Milano abbiamo dislocato immediatamente le risorse da remoto e abbiamo interrotto le visite dall’esterno. Con i collaboratori che vivono nell’hinterland, e che quotidianamente utilizzano i mezzi pubblici o l’auto per venire in città, abbiamo cercato di organizzare il lavoro a distanza. Propio loro sono stati i primi a vivere l’esperienza dell’home-working, fino alla chiusura totale dell’ufficio di Milano. Una settimana dopo abbiamo fatto lo stesso con la sede di Padova. Nel giro di pochi giorni ci siamo trovati ad affrontare una realtà operativa davvero nuova che, non senza sforzi di comunicazione, non ha fermato il nostro impegno e i lavori in corso. Siamo riusciti a dare continuità al progetto e, senza interruzione, abbiamo affrontato nuove modalità per il lavoro di squadra. Una sfida che ha richiesto da parte di tutti grande determinazione e costanza. Al momento possiamo dire che la graduale riapertura delle attività di queste settimane è stata più traumatica della chiusura, soprattutto perché siamo consapevoli che nulla tornerà come prima nel breve periodo. I due studi hanno riaperto con l’organico al 40% e alcuni collaboratori continuano a lavorare da remoto e contiamo, salvo controindicazioni o cambiamenti inattesi, di tornare al 100% di presenze a settembre. La sede di Milano, grazie a spazi decisamente generosi, ci aiuta a lavorare nel rispetto del distanziamento fisico e in completa sicurezza, consentendoci di riprendere le attività senza variazioni dal punto di vista del layout. Lo studio di Padova invece, con una distribuzione degli spazi più tradizionale, ci permette di riprendere con una persona per stanza. Possiamo dire che fortunatamente questa nuova esperienza e questo inedito modo di lavorare (a volte complicato) e di relazionarsi, non ha interrotto l’entusiasmo e l’impegno del nostro Team e il periodo più duro del lockdown ci ha visti fisicamente lontani, ma mai così vicini.

©Dario Breggiè

Al di là della situazione contingente questa pandemia pone una serie riflessioni sul ruolo della progettazione legato a moltissimi temi. A partire dalla città e dalle sue trasformazioni nel prossimo futuro. Quali pensiate possano essere gli insegnamenti da trarre e quali le strategie per uno sviluppo urbano sostenibile?
Di certo questa esperienza, non ancora terminata, apre temi e riflessioni sul futuro della progettazione a differenti scale e porta il progettista a riflettere su quale sia il suo nuovo ruolo sociale. Nella progettazione urbana, alcuni temi relativi a modelli di città più sostenibili, a una mobilità smart... con  edifici prossimi alle emissioni zero, o città più verdi e resilienti, a misura d’uomo, sono già in fase di attuazione. Le megalopoli a grande densità si sono rivelate essere il modello con le maggiori criticità a vantaggio delle città con una densità più bassa. Occorre dunque ripensare il modello di sviluppo, perché emerga un nuovo urbanesimo costituito dall’interazione fra natura e intervento umano, e forse l’idea di riappropriarsi di spazi sub-urbani potrebbe essere una buona alternativa, a condizione che ci sia una rete efficiente di infrastrutture, anche digitali, e di servizi di mobilità pubblica per evitare i grandi spostamenti quotidiani. Questa esperienza deve accelerare il processo di cambiamento al fine di garantire una vita collettiva più sicura e in grado di ridurre le disuguaglianze. Riferendoci alla progettazione delle nostre città, delle nostre case e dei nostri oggetti quotidiani, si dovranno rafforzare i valori di semplicità e benessere che danno un senso alla qualità della vita. Non vogliamo pensare che tutto cambierà, ma auspichiamo che questa crisi possa diventare un potente acceleratore di rinnovamento anche per le nostre città.

Un altro dei temi emersi è senza dubbio quello della centralità della casa, messa a dura prova da un lungo periodo di convivenza forzata. Come dovranno essere le case del futuro in termini di ambienti, spazi, materiali e tecnologie utilizzate?
Lo stato di isolamento forzato provocato dall’emergenza Covid-19, ci ha portati a riscoprire valori che davamo per scontati: gli affetti, la  famiglia, gli amici, la libertà e la casa... molto più di un luogo fisico... un rifugio accogliente dove trovare protezione e sicurezza (meglio se con una buona connessione!). Ci auguriamo fortemente che da questa esperienza si ripensi alla casa - sia a livello privato che pubblico - con una nuova consapevolezza, con nuovi valori e nuovi standard qualitativi, a prescindere dalle dimensioni e dalle possibilità economiche. Mai come ora la CASA assume un valore importantissimo sia per i singoli che per i nuclei familiari. Nella nostra esperienza professionale, il tema domestico è sempre stato al centro dei progetti, a qualsiasi scala, dalle case unifamiliari ai complessi residenziali che oggi, più di prima, richiedono nuovi standard qualitativi. Ci riferiamo in modo particolare al controllo degli spazi minimi, alla presenza del verde anche in contesti urbani con la possibilità di usufruire di giardini, su logge o terrazze, parchi e spazi aperti, spazi fitness comuni, mobilità-green ecc.. per progettare quindi abitazioni più flessibili, pensate per le esigenze contemporanee e che rendano meno fragile le condizioni di vita delle persone. Anche la BELLEZZA, valore che ricerchiamo sempre nei nostri progetti, crediamo fortemente possa aiutare a rendere migliore la nostra esistenza e quella dei nostri figli ed educhi a garantire una maggior qualità della vita stessa.

L’eccessiva diffusione del digitale mal si concilia con l’architettura che è un’esperienza concreta, fisica. Avremo ancora bisogno di spazi costruiti? Com’è possibile conciliare questi due aspetti?
La tecnologia ci ha aiutato ad affrontare questo periodo di distanziamento sociale. La situazione di emergenza ne ha consentito l'utilizzo massivo e ha sicuramente contribuito ad alleviare il disagio creato dall'improvviso isolamento nel quale ci siamo trovati; ci ha permesso di non interrompere le nostre attività legate al lavoro, alla formazione, all’informazione, alla comunicazione e alle relazioni… La disciplina dell’architettura non può prescindere dalla ricerca. La tecnologia è fondamentale nella progettazione, ma l’architettura non può prescindere dallo spazio in quanto esperienza umana. L’architettura è lo spazio che abitiamo e non c’è architettura senza la presenza dell’uomo.