La Repubblica dell'Uzbekistan partecipa per la prima volta alla Mostra Internazionale di Architettura - La Biennale di Venezia con la mostra “Mahalla: Urban Rural Living”, aperta al pubblico dal 22 maggio al 21 novembre 2021 all'Arsenale di Venezia, Quarta Tesa. "Il nostro patrimonio architettonico è da sempre oggetto di ricerca accademica. Siamo lieti di poterlo presentare da una nuova prospettiva e condividere nuove intuizioni sul nostro patrimonio e sulla situazione attuale con la comunità internazionale" afferma Aziz Abdukhakimov, Vice Primo Ministro della Repubblica dell'Uzbekistan e Presidente del Comitato di Stato per lo sviluppo del turismo/Presidente del Comitato organizzativo del padiglione uzbeko.

Curata da Emanuel Christ e Christoph Gantenbein, professori di architettura e design all'ETH di Zurigo, e soci fondatori di Christ & Gantenbein, e con il regista spagnolo Carlos Casas e il fotografo olandese Bas Princen, la mostra affronta il tema della 17. Mostra Internazionale di Architettura - La Biennale di Venezia “Come vivremo insieme?” attraverso una ricerca su un importante aspetto del patrimonio culturale che verrà riprodotto all'interno della Quarta Tesa: la mahalla. Storicamente costruite intorno ai legami familiari e alla vita quotidiana della comunità, le mahalla rappresentano una forma antica e contemporanea di “convivenza”. In Uzbekistan, dove la tradizione si manifesta principalmente come uno spazio autenticamente rurale inserito in un contesto urbano, questa istituzione culturale autoctona assume un significato specifico: "Storicamente, le mahalla sono state potenti centri culturali ed efficaci enti di autogoverno. Pertanto, il nostro padiglione nazionale è dedicato a questa istituzione che è il fondamento della nostra società civile" afferma Saida Mirziyoyeva, Vicepresidente del Consiglio di Fondazione della Fondazione Pubblica per il Sostegno e lo Sviluppo dei Mass Media Nazionali/Vicepresidente del Consiglio della Fondazione per lo Sviluppo dell'Arte e della Cultura sotto il Ministero della Cultura della Repubblica dell’Uzbekistan. Attualmente ci sono oltre 9.000 mahalla in Uzbekistan, ciascuna delle quali con 150-6000 abitanti. A causa della pressione economica, del cambiamento delle abitudini e della mancanza di infrastrutture moderne, le mahalla vengono lentamente sostituite da nuove forme di abitazione, pur restando popolari tra chi cerca uno stile di vita urbano-rurale. In un momento in cui l'ecosistema tipico delle megalopoli anonime sta letteralmente raggiungendo i suoi limiti, il bisogno di alternative diventa più grande che mai.

L'organizzazione sociale di questi quartieri e le loro partners tipiche formazioni architettoniche fatte di strutture a pochi piani ma ad alta densità possono offrire alla società urbana un modello sostenibile ed ecologico? Il punto di partenza del progetto sono la ricerca e la documentazione di questo patrimonio culturale iniziate dai professori di architettura e design all'ETH di Zurigo Emanuel Christ e Christoph Gantenbein, insieme al curatore aggiunto e capo della ricerca Victoria Easton. Il team dell'ETH di Zurigo ha collaborato strettamente con consulenti e studenti locali. Una parte cruciale della ricerca si è svolta a Tashkent, come ha spiegato Gayane Umerova, Commissario e Direttore Esecutivo di ACDF: "...Stiamo attivamente coinvolgendo il CCA Lab, che è un laboratorio sperimentale interdisciplinare del Centro per Arte contemporanea a Tashkent, per artisti e architetti giovani ed emergenti. I partecipanti al Lab hanno preso parte attiva alla ricerca locale all'interno del progetto. Oltre al Lab e diversi studiosi internazionali, stiamo lavorando molto con accademici locali che hanno dedicato molti anni agli studi sulla formazione architettonica e sociale delle mahalla, come i professori Abdumannop Ziyayev, Shukur Askarov, Mavlyuda Yusupova, Boris Chukhovich e altri". Attingendo a questa ricerca, la mostra propone un'indagine scientifica e un'affermazione artistica che mira ad una lettura critica e a un tentativo di esplorazione. "Quello delle mahalla è un fenomeno sociale, culturale e urbano. Non è necessariamente una risposta alla domanda posta da Hashim Sarkis, ma potrebbe essere un accenno e un'indicazione molto interessanti nei quali una società contemporanea globale potrebbe trovare una visione, un'informazione, un'ispirazione" spiega il curatore Emanuel Christ. La mostra prevede tre diversi tipi di appropriazione, tutti espressi in scala 1 a 1: un plastico di una mahalla che occupa l'intero spazio della Quarta Tesa; un'appropriazione invisibile dello spazio con i suoni delle mahalla trasmessi attraverso la tecnologia ambisonica registrati da Carlos Casas; ed estratti di case mahalla come frammenti di spazi rappresentati da fotografie di Bas Princen.

La cornice concettuale dell'installazione è data dall'occupazione temporanea degli spazi della Quarta Tesa da parte di una abitazione mahalla di Tashkent. Questo oggetto ricostruito consente di rapportarsi con la portata, la qualità e la bellezza di questi spazi domestici. Grazie ai suggestivi paesaggi sonori creati da Carlos Casas, lo spettatore potrà sperimentare molti habitat diversi, da una stanza all'altra. Alcuni dei blocchi sonori sono dinamici, quindi l'atmosfera del suono varierà durante il giorno. Le immagini di Bas Princen mostrano la spazialità invisibile delle case e interferiscono in modo suggestivo raffigurando dettagli di alcune mahalla e paesaggi stradali come delle apparizioni leggermente surreali, in questo viaggio guidato dall'esperienza del suono. Inoltre, uno strumento digitale accessibile tramite telefoni cellulari consentirà al visitatore di sperimentare la struttura della casa suggerita dai paesaggi sonori. L'app sarà sviluppata da modelli di nuvole di punti di case reali. Questa esperienza estetica, emotiva e spaziale sarà completata da un'esperienza di analisi e riflessione grazie al catalogo. Ulteriori contenuti saranno inoltre presentati in un'edizione speciale pubblicata da Humboldt Books: una cartella dal design ricercato contenente una serie di stampe di Bas Princen e un disco di Carlos Casas.