europarlamento24 – Per i primi due mesi il livello delle misure protezionistiche è stato fissato all'11,8%, poi salirà al 47.6%. Ma la Commissione europea si dice pronta al dialogo con Pechino.

Dopo mesi di indagini e polemiche l'Europa ha scelto di optare per l'introduzione di dazi sull'importazione di pannelli fotovoltaici cinesi, ma il provvedimento, che entra in vigore il 6 giugno, appare sostanzialmente mitigato rispetto alle previsioni della vigilia, probabilmente per effetto delle pressioni di alcuni Paesi membri (tra cui la Germania), preoccupati per le possibili conseguenze sull'export.

Secondo quanto si legge nel comunicato ufficiale diffuso dall'Ue, sarà adottato un approccio graduale: l'aliquota del dazio sarà fissata all'11,8% sino al 6 agosto 2013. Successivamente la percentuale salirà al 47,6%, quota ritenuta necessaria per eliminare il pregiudizio causato dal dumping all'industria europea.

Il livello dell'antidumping, ammette la stessa Ue, sarà comunque inferiore al tasso di dumping che interessa il mercato: «La decisione è stata presa dopo un'inchiesta durata nove mesi, nel corso della quale la Commissione ha accertato che le società cinesi vendono pannelli solari all'Europa a prezzi assai inferiori al valore normale di mercato, danneggiando così considerevolmente i produttori Ue. Il valore equo di un pannello solare cinese venduto all'Europa dovrebbe essere più elevato dell'88% rispetto al prezzo cui è effettivamente venduto. Le esportazioni cinesi oggetto di dumping hanno esercitato un'indebita pressione sui prezzi del mercato Ue, con importanti ripercussioni negative per i risultati finanziari e operativi dei produttori europei», si legge nella nota diffusa da Bruxelles.

La Ue, comunque, ha scelto di applicare la regola del "dazio inferiore", al solo scopo di ripristinare condizioni di parità.
Il provvedimento, oltre a ristabilire una concorrenza leale, dovrebbe permettere all'Unione europea di continuare a svilupparsi nell'ambito dell'energia verde, anche se, come scrive la Commissione, «nel breve termine potranno essere persi alcuni posti di lavoro nelle società di installazione di pannelli solari (..). Le eventuali perdite di posti di lavoro sarebbero in ogni caso assai meno consistenti dei 25.000 posti di lavoro che sarebbero probabilmente persi per sempre nell'industria Ue della produzione di energia solare in caso di mancata istituzione di misure».

Entro il 5 dicembre, data di scadenza del regime provvisorio, l'Ue dovrà decidere se istituire dazi antidumping definitivi per i prossimi cinque anni, ma il commissario Ue al Commercio Karel De Gucht ha teso una mano a Pechino. «Questo non è protezionismo - ha detto De Gucht - ma è la via migliore per trovare una soluzione e far rispettare le regole perché secondo noi i produttori cinesi vendono in Europa sottocosto mettendo a rischio 25mila posti di lavoro».

Il commissario ha aggiunto di essere pronto a proseguire le discussioni con i cinesi (esportatori e camere di commercio) per trovare una soluzione in linea con le norme antidumping, in modo che i dazi temporanei possano essere sospesi e possa essere trovata una soluzione negoziale. Nelle prossime settimane, a questo scopo, sarà riunito il comitato Ue-Cina. La reazione cinese, però, sarà probabilmente molto dura: Pechino controlla oltre l'80% del mercato europeo e i dazi Ue potrebbero creare molte difficoltà all'export di pannelli, proprio in una fase in cui anche le aziende cinesi del solare stanno mostrando grandi difficoltà finanziarie, come palesato dalla recente bancarotta dell'ex numero uno al mondo, Suntech.